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Data: 01/06/2019 17:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Il conseguimento del diritto alla pensione è subordinato alla effettiva cessazione di qualsiasi rapporto di lavoro in essere. Qualora un lavoratore si dimetta, ma venga poi immediatamente riassunto dallo stesso datore di lavoro alle medesime condizioni, scatta una presunzione semplice del carattere simulato della cessazione di tale rapporto Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 14417/2019 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso dell'Inps nei confronti di un lavoratore a cui l'Istituto aveva revocato il diritto a fruire della pensione di anzianità. Il casoTale revoca era dovuta al divieto di cumulo della stessa pensione con i redditi derivanti da attività lavorativa. In prime cure, il Tribunale aveva escluso che il ricorrente avesse cessato il proprio rapporto di lavoro, come previsto dalla legge, prima del pensionamento, dal momento che egli aveva continuato a lavorare alle dipendenze dello stesso datore di lavoro con le stesse mansioni e alle stesse condizioni, senza soluzione di continuità tra la formale cessazione del rapporto e l'instaurazione del nuovo rapporto. Secondo la Corte d'Appello, invece, pur essendo necessaria, al fine di conseguire il diritto alla pensione di anzianità, la cessazione del rapporto di lavoro (ex art. 10, comma 6, d.lgs. n. 503/1992), nel caso di specie tale circostanza doveva ritenersi provata attraverso la produzione del libretto di lavoro, la corresponsione del t.f.r. e mediante la produzione dei prospetti paga. Fonti di prova che, secondo il giudice a quo, dimostravano che il rapporto di lavoro era cessato alla data del 28 febbraio 2002, mentre la pensione era stata liquidata con effetto dal primo marzo 2002, nonostante nella stessa data l'appellante era stato nuovamente assunto dalla stessa società, in conformità con la circolare dell'INPS n. 89/2009 e con la nota del Ministero del Lavoro 19/2009 che non aveva ritenuto necessario subordinare la liquidazione della pensione alla sussistenza di un lasso temporale minimo tra la cessazione del rapporto di lavoro e il successivo reimpiego. La vicenda giunge in Cassazione, dove gli Ermellini ritengono di dare ragione all'INPS che aveva lamentato un'erronea interpretazione della normativa relativa all'accesso alla pensione di anzianità che punta a evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione di attività di lavoro subordinato. Pensione e cessazione dell'attività lavorativaLa Cassazione rammenta che il diritto alla pensione, nella generalità dei casi e ai sensi dell'art. 22, co. 1, lett. c) legge n. 153/69, matura, in capo al lavoratore interessato, alla presenza di un duplice requisito, rappresentato dal raggiungimento dell'anzianità contributiva e dalla cessazione dell'attività lavorativa subordinata alla data di presentazione della relativa domanda. Anche con la riforma introdotta dal d.lgs. n. 503/92, il legislatore ha confermato che il diritto alla pensione di anzianità è subordinato alla cessazione dell'attività di lavoro dipendente (art. 10, co. 6), estendendo tale requisito anche alla pensione di vecchiaia (art. 1, co. 7). Dunque, per entrambe le disposizioni citate il requisito della cessazione del rapporto di lavoro costituisce una "presunzione di bisogno" che giustifica ai sensi dell'art. 38 Cost. l'erogazione della prestazione sociale. In pratica, la prosecuzione del rapporto di lavoro subordinato e la produzione, che ne consegue, di reddito da lavoro dopo il perfezionamento dei requisiti, esclude lo stato di bisogno del lavoratore e, quindi, anche l'esigenza di garantire al lavoratore medesimo (ai sensi dell'art. 38, coma 2, Cost.) mezzi adeguati alle esigenze di vita. Pertanto, il conseguimento del diritto alla pensione è subordinato alla i simulazione dell'effettiva risoluzione del rapporto di lavoro, anche diverso da quello in riferimento al quale sono stati versati i contributi alla gestione deputata ad erogare la prestazione (cfr. Cass. n. 17530/2005). Dimissioni e immediata riassunzione? Presunta cessazione del rapporto di lavoro simulataIl regime di cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente e della pensione di anzianità, chiarisce la Cassazione, non esclude che quest'ultima possa essere erogata solo se al momento della presentazione della relativa domanda il rapporto di lavoro dipendente sia effettivamente cessato. La giurisprudenza più recente ha rimarcato che per conseguire il diritto al trattamento pensionistico è comunque necessaria, in caso di medesimo o diverso datore di lavoro, una soluzione di continuità fra i successivi rapporti di lavoro al momento della richiesta della pensione di anzianità e della decorrenza della pensione stessa e ciò al fine di evitare che la percezione della pensione di anzianità avvenga contemporaneamente alla prestazione dell'attività lavorativa subordinata (in tal senso cfr. Cass. n. 4900/2012). Nell'individuazione di tale discontinuità tra la precedente attività lavorativa e quella successiva, non si dovrà, dunque ricercare un mero iato temporale più o meno significativo, ma partire dalla considerazione che, laddove l'attività lavorativa successiva al pensionamento intercorra con il medesimo datore di lavoro e alle medesime condizioni di quelle proprie del rapporto precedente a tale evento, si configura una presunzione di simulazione dell'effettiva risoluzione del rapporto di lavoro al momento del pensionamento. Tale presunzione, tuttavia, può essere vinta mediante il ricorso a plurimi potenziali indici sintomatici, ulteriori rispetto ad un mero dato temporale, idonei a provare il carattere realmente novativo del rapporto di lavoro successivo al pensionamento. Nel caso di specie il ricorso dell'INPS va accolto e, in ragione di tali principi, sarà il giudice del rinvio ad accertare il carattere realmente novativo o meno del rapporto di lavoro che il dipendente ha instaurato dopo la cessazione di quello precedente. |
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