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Data: 31/05/2019 16:30:00 - Autore: Domande e Risposte Domanda: Nel momento in cui un soggetto affetto da ritardo mentale non interdetto né inabilitato viene "nominato" amministratore unico e poi liquidatore di due srl fallite che, prima di tali nomine, avevano debiti erariali per diverse centinaia di migliaia di euro, che cosa rischia in qualità di mero "prestanome"? Risposta: Non c'è una soluzione univoca, certa e possibile a un quesito così complesso. Solo un giudice, dopo aver accertato del dettaglio i fatti e il grado d'incapacità del soggetto affetto da ritardo mentale può rispondere. L'esito è condizionato inoltre dalla data e dal tipo di debiti contratti dalle società, dall'accertamento della malafede di coloro che hanno messo in atto il "raggiro", dei termini di prescrizione delle varie azioni possibili da parte dei soggetti coinvolti nella vicenda e dall'esito del fallimento delle due società.
Le persone incapaci[Torna su]
La complessità del quesito, relativo a una testa di legno affetta da ritardo mentale, in presenza del quale non è stata posta in essere nessuna forma di tutela (inabilitazione o interdizione) è impossibile da risolvere in questa sede, per assenza di dati certi, documenti e tutto quanto occorre per lo studio di una pratica. Per rispondere ci concentreremo quindi sui punti più importanti della domanda, partendo dall'incapacità del prestanome. La legge prevede infatti diverse tipologie di persone incapaci. Non solo, in base al grado di infermità da cui sono affette essa predispone diverse misure per tutelarli, proprio per evitare loro pregiudizi di natura morale o patrimoniale. Queste misure, che sono l'interdizione e l'inabilitazione, devono essere dichiarate a conclusione di un procedimento apposito presso il Tribunale competente.
Annullamento degli atti compiuti dall'incapace[Torna su]
Ora, se come risulta dal quesito, la testa di legno affetta da ritardo mentale non è stato né interdetto né inabilitato, né gli è stato nominato un amministratore di sostegno, la legge, all'art. 428 prevede un altro strumento di tutela a favore dei soggetti deboli. La norma dispone infatti che: "Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore. L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto. Resta salva ogni diversa disposizione di legge." Questo tipo di tutela chiaramente avviene a posteriori, ovvero solo dopo che l'atto è stato compiuto. Occorre però dimostrare la malafede di chi ha raggirato l'incapace, l'incapacità del soggetto che ha compiuto l'atto e naturalmente agire entro 5 anni. Conseguenze penali[Torna su]
Ora, ipotizzando che la vicenda in qualche modo possa avere anche dei riflessi penali, è bene sapere che l'art. 85 c.p prevede che nessuno può essere punito per un reato se nel momento in cui lo ha commesso non era capace di intendere e di volere. Ammesso che nel caso proposto dal lettore, ci siano anche delle conseguenze penali, mancando una sentenza che dichiari lo stato d' interdizione o d'inabilitazione del prestanome affetto da ritardo mentale, occorre sottoporre a perizia il soggetto per verificare la sua capacità di comprendere e il suo livello di consapevolezza in relazione alle cariche e alle responsabilità assunte. Perizia che potrà essere richiesta d'ufficio o dalle parti interessate, anche se dovesse instaurarsi un procedimento civile. Responsabilità risarcitoria[Torna su]
Inoltre, se dovesse essere richiesto un risarcimento del danno alla testa di legno affetto da ritardo mentale, l'art. 2047 c.c prevede che a risponderne sia l'addetto a sorvegliare l'incapace, a meno che non provi di non avere potuto impedire il fatto, prova che la giurisprudenza richiede con un certo grado di precisione e severità. |
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