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Data: 20/06/2019 10:00:00 - Autore: Eliana Messineo Avv. Eliana Messineo - La sentenza del Tribunale di Milano del 30 settembre 2009 n. 23693, seppur non recentissima, costituisce un importante caposaldo giurisprudenziale sul fenomeno, sempre più attuale, della presenza di colonie feline nelle aree condominiali. Secondo il Tribunale, dare da mangiare e prendersi cura di gatti randagi nelle aree condominiali non è vietato, a patto che questo non costituisca danno per gli altri condomini, nel rispetto della normativa posta a tutela della comunione nonché del diritto alla salute costituzionalmente garantito.
La vicenda processuale[Torna su] I proprietari di un appartamento posto in un condominio di Milano, lamentano la lesione del diritto a godere del proprio bene immobile in modo pieno ed esclusivo ed a godere degli spazi comuni di proprietà comune indivisa secondo la destinazione degli stessi e nel rispetto degli altri partecipanti alla comunione. Assumono gli attori che i signori (omissis) hanno occupato illegittimamente porzioni di giardino condominiale (a ridosso anche dell'edificio) con due rifugi per gatti costruiti con scatoloni, teloni di plastica ed assi di legno nonché uno sgabuzzino condominiale che si trova nelle cantine del civico 13 (lo stesso condominio dove abitano gli attori) per permettere il rifugio della colonia di gatti presente nel complesso condominiale durante le ore notturne ed i periodi invernali. Assumono gli attori la violazione della destinazione d'uso del cortile condominiale da parte dei convenuti per avere questi ultimi adibito una porzione del cortile stesso a rifugio di gatti randagi, che assumono costituiscano pericolo alla salute e alla salubrità dei luoghi. I convenuti tutti non contestano la presenza della colonia di felini all'interno delle aree comuni, ma assumono l'illegittimità della richiesta di ripristino e di risarcimento deducendo una legittima destinazione della parte comune nonché contestano anche l'insalubrità degli animali randagi, peraltro tutelati dalla legge nazionale come " colonia felina". La decisione[Torna su] Il Tribunale di Milano, con la sentenza in argomento, ritiene che l'occupazione da parte di condomini di uno spazio comune per la cura dei gatti randagi con costruzione di piccoli rifugi temporanei non configura abuso nell'utilizzo degli spazi condominiali. L'uso particolare che il comproprietario ha fatto del cortile comune, istallando su una piccola porzione dello stesso manufatti amovibili, non può considerarsi estraneo alla destinazione normale dell'area, a condizione che si verifichi in concreto che, per le dimensioni del manufatto in rapporto a quello del cortile , o per le altre eventuali ragioni di fatto, tale uso non alteri l'utilizzazione del cortile praticata dagli altri comproprietari, né escluda per gli stessi la possibilità di fare del cortile medesimo un analogo uso particolare (Cass. civ. sent. n. 12262/2002; Cass. civ. n. 4394/1997). Non vi è in atti la prova che la presenza di rifugi dei gatti nel cortile abbia creato situazioni insalubri ed immissioni intollerabili posto che l'istruttoria ha evidenziato il buono stato manutentivo dei rifugi e dei gatti nonché che "tutto era a norma secondo le normative igienico sanitarie". Le colonie feline e la normativa posta a tutela della comunione[Torna su] Com'è noto, quando un cortile è comune e manca una disciplina contrattuale vincolante per i comproprietari, il relativo uso è assoggettato alle norme sulla comunione in generale. In particolare, l'utilizzo di parti comuni viene disciplinato dall'art. 1102, comma 1, c.c., in base al quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non ne impedisca il pari uso agli altri partecipanti secondo il loro diritto. Il pari uso della cosa comune non è da intendersi nel senso di un utilizzo necessariamente identico e contemporaneo da parte di tutti i compartecipanti ben potendo essere anche più intenso da parte di alcuni. Infatti, come statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, in tema di condominio, è legittimo, ai sensi dell'art.. 1102 c.c., sia l'utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione - purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condomini - sia l'uso più intenso della cosa, purché non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all'uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (Cass. n. 5753/2007). In considerazione dei limiti imposti dall'art. 1102 c.c., dunque, l'utilizzazione, anche particolare, della cosa da parte del condomino (nel caso in esame, la costruzione di piccoli rifugi temporanei per gatti) è consentita quando la stessa non alteri l'equilibrio tra concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e non determini pregiudizievoli invadenze nell'ambito dei coesistenti diritti di costoro. Colonie feline in condominio e diritto alla salute[Torna su] L'assemblea di condominio può deliberare a maggioranza il divieto di dare da mangiare e di curare i gatti randagi all'interno degli spazi condominiali? Sì, ma soltanto se il divieto è giustificato da ragioni di igiene, sicché la relativa delibera assembleare deve essere compiutamente motivata da ragioni di sicurezza della salute pubblica. La permanenza dei gatti nelle aree condominiali, pertanto, è da considerarsi assolutamente legittima se non sussistono esigenze di salute umana e di igiene pubblica. L 'eventuale richiesta di allontanamento delle colonie feline va valutata previo accertamento di medici veterinari del servizio sanitario nazionale che dovranno certificare l'effettiva, reale (e non presunta) fonte di danno dei gatti per la salute pubblica. La Legge n. 281/1991 definisce " colonia felina", un gruppo più o meno numerosi di gatti che vivono in un determinato e circoscritto territorio. La Legge 281/91 sancisce la territorialità delle colonie feline quale caratteristica etologica del gatto, riconoscendo loro la necessità (anch' essa tutelata) di avere un riferimento territoriale o habitat dove svolgere le funzioni vitali (cibo, rapporti sociali, cure, riposo ecc.). Il legislatore ha ritenuto che i gatti, animali sociali che si muovono liberamente su un determinato territorio (radunandosi spesso in gruppi, per l'appunto denominati "colonie feline"), pur vivendo in libertà, sono stanziali e frequentano abitualmente lo stesso luogo pubblico o privato, creandosi così un loro "habitat" ovvero quel territorio o porzione di esso, pubblico o privato, urbano e non, edificato e non, nel quale vivono stabilmente. Nessuna norma di legge, né statale né regionale, proibisce di alimentare gatti randagi nel loro habitat cioè nei luoghi pubblici e privati in cui trovano rifugio. Secondo la legge 281 del 1991, i gatti che stazionano e o vengono alimentati nelle zone condominiali non possono essere allontanati o catturati per nessun motivo, a meno che non si tratti di interventi sanitari o di soccorso motivati. Infatti l'art. 2 comma 9 della suddetta legge, prevede che i gatti in libertà possono essere soppressi soltanto "se gravemente malati o incurabili". Pertanto, soltanto in caso di gravi motivazioni sanitarie o per la tutela dei tatti stessi, l'ASL competente può valutare di spostare la colonia, previa verifica e controllo di un luogo alternativo.
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