Data: 22/06/2019 12:00:00 - Autore: ALESSANDRA DONATELLO

Avv. Alessandra Donatello - Ormai da tempo si assiste ai casi venuti alla luce, soprattutto risalenti agli anni 70' - 80', di contrazione di malattie, quasi sempre molto gravi e spesso con esiti mortali (HIV ed HCV) derivanti da emotrasfusioni.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato i termini delle varie problematiche di diritto che sottendono a questa materia, fornendo una chiara chiave di lettura dei dubbi interpretativi che nell'ambito dei tanti casi che la cronaca ha portato alla luce, si sono manifestati.

In particolare, le sentenze di legittimità più recenti hanno tutte concordemente individuato il momento a partire dal quale è corretto iniziare a far decorrere il termine decadenziale del diritto all'indennizzo.

La legge n. 210/1992 per l'indennizzo da emotrasfusioni

Come noto, invero, la Legge 210/1992 è nata con lo scopo di fornire tutela a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati.

Trattandosi di indennizzo e non di risarcimento danni, esso ha natura assistenziale ed è riconducibile alle prestazioni poste a carico dello Stato per motivi di solidarietà sociale.

Ciò si precisa affinché sia chiara la natura dell'istituto, che è diversa rispetto alla domanda giudiziaria di risarcimento danni, il che certamente - e ciò deve essere altrettanto chiaro - non significa affatto che i due percorsi costringano il danneggiato, per così dire, ad una scelta su cosa chiedere, poiché al contrario essi si incrociano per assicurare a chi è stato oggetto di una così pesante lesione, di vedersi garantita una doppia tutela, che pur trovando un diverso fondamento, vada a dare ristoro alle vittime.

L'indennizzo ex L. 210/1992, al contrario della domanda giudiziale per risarcimento danni, che trova la sua "casa" naturale nel procedimento giudiziario che ne scaturisce, ha invece una natura amministrativa, per lo meno all'inizio dell'iter che lo contraddistingue.

Tuttavia, se a seguito della domanda amministrativa non si ritengono condivisibili le conclusioni a cui giunge la Commissione medico ospedaliera competente e, conseguentemente, l'AUSL a cui era stata rivolta la domanda, nè, successivamente, il giudizio espresso dal Ministero della salute, è possibile proporre ricorso avanti il Tribunale, in persona del Giudice del Lavoro.

In questi casi il Giudice, quasi sempre con l'ausilio di una CTU medico - legale, dovrà valutare il nesso causale tra l'evento che si assume lesivo e la causa a cui questo viene fatto assurgere (ad esempio: trasfusione di sangue infetto/contrazione di epatite C), il livello di indennizzabilità eventualmente riferibile al danno così riportato e la proposizione della domanda non oltre i termini di decadenza previsti dalla legge.

Il termine di decadenza nelle valutazioni della Suprema Corte

Su questo aspetto negli anni si sono creati non pochi problemi, che sono stati sottoposti al vaglio di legittimità della Suprema Corte.

Tra le ultime ed importantissime sentenze che sono state emanate in riferimento a tali aspetti, vanno senz'altro segnalate le seguenti: Cass. Sezioni Unite n. 8064 e 8065/2010: Cass. n. 10113/2016; Cass. nn. 10116-10117-10118/2016; n. 12019/2016 e n. 20/2018.

La Suprema Corte ha dunque chiarito che:

  • la cronicizzazione della epatopatia post-trasfusionale non configura e costituisce di per sè il requisito esclusivo per accedere ai benefici della legge in parola, ma con la malattia post trasfusionale deve coesistere la documentata consapevolezza, per il richiedente, dell'esistenza di un danno irreversibile;
  • ai fini della decorrenza del termine decadenziale, è decisiva la conoscenza da parte dell'interessato dell'esistenza di una patologia ascrivibile causalmente ad emotrasfusione dalla quale sia derivato un danno irreversibile che possa essere inquadrato, pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare, in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834;
  • l'esistenza di una soglia minima di indennizzabilità comporta che il termine di decadenza cominci a decorrere solo dal momento della consapevolezza, da parte di chi chiede l'indennizzo, del superamento della suddetta soglia (Cass. S.U. nn. 8064 e 8065 del 2010).

L'indennizzo può essere riconosciuto solo se l'infermità contratta a seguito delle trasfusioni può essere ascritta ad una delle otto categorie previste dalla tabella citata.

Posto, dunque, che nel sistema dell'indennizzo di cui alla L. 210/1992 c'è una soglia di danno permanente minimo, al di sotto della quale il predetto beneficio non viene riconosciuto, ne consegue che il termine di decadenza comincia a decorrere dal momento della consapevolezza da parte di chi chiede l'indennizzo del superamento della soglia citata.

Il termine andrà dunque computato a partire dal momento in cui nel soggetto leso vi sia la contestuale presenza, senza soluzione di continuità, dei tre elementi indicati dalla Suprema Corte: danno, nesso causale ed ascrivibilità.

La legge n. 210/1992 distingue nettamente, ai fini della tutela indennitaria, la malattia epatica dalla evidenza del danno conseguente.

In fattispecie così delicate, laddove emerga l'insensibilità degli organi preposti alla tutela della salute, qualora non venga dato seguito ai principi solidaristici espressi dalla Costituzione, è giusto che il soggetto leso, edotto della possibile responsabilità del Ministero della salute, che era tenuto a vigilare sulla sicurezza del sangue e ad adottare le misure necessarie per evitare i rischi per la salute umana, e che invece si sia mostrato negligente, abbia la piena consapevolezza delle tutele che, verificate tutte le condizioni del caso, può avere a sua disposizione e del tempo entro cui può validamente far valere tali tutele.

Avv. Alessandra Donatello

Avvocato e mediatore civile e commerciale


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