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Data: 07/07/2019 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - Non c'è legittima difesa se il marito reagisce a un colpo della ex moglie provocandole lesioni personali al braccio e alla spalla refertate. Non c'è pericolo nella condotta della ex moglie che vuole impedire all'ex marito di esercitare il suo diritto di visita, così come non giustifica la reazione violenta la volontà di proteggere il figlio. In casi come questi, come chiarito dal giudice di secondo grado e condiviso dalla Cassazione, caratterizzati dall'assenza di pericolo, è possibile scegliere di allontanarsi, senza scendere allo scontro fisico. Queste le conclusioni della sentenza penale n. 28336/2019. La vicenda processualeLa sentenza del Tribunale confermava la decisione del Giudice di Pace che aveva dichiarato l'imputato responsabile del reato di lesioni personali ai danni dell'ex moglie. Ricorre in Cassazione l'ex marito, lamentando:
Non c'è legittima difesa se non c'è pericolo e se la reazione aggressiva è una sceltaLa Cassazione dichiara il ricorso inammissibile con sentenza n. 28336/2019 perché finalizzato a ottenere una nuova valutazione dei fatti nel merito, non consentita in sede di legittimità. Il giudice di secondo grado non ha riconosciuto la legittima difesa perché dalla ricostruzione dei fatti "ha ritenuto inverosimile che un colpo fortuito potesse avere causato le lesioni diagnosticate (trauma contusivo alla spalla, al braccio e al gomito destro), affermando che non ricorresse una situazione di legittima difesa, per l'assenza della necessità di difendersi, ben potendo l'imputato allontanarsi senza reagire." Tale conclusione sull'esclusione della legittima difesa, nel caso di specie, è perfettamente conforme alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. Tale causa di giustificazione infatti "solo qualora l'autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all'offesa mediante aggressione (Sez. 1, n. 51262 del 13/06/2017), mentre non è configurabile allorché, come nella fattispecie concreta, il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa (Sez. 1, n. 52617 del 14/11/2017). Alla luce di tali principi appare assolutamente corretta la conclusione a cui è giunto il tribunale. In effetti l'imputato non doveva difendersi da alcuna situazione di pericolo così rilevante per la propria incolumità. La scelta di colpire la moglie poteva ben essere sostituita da quella di allontanarsi. Non solo: "l'irritazione momentanea per gli ostacoli asseritamente frapposti dalla ex moglie all'esercizio del diritto di visita del figlio, che avrebbe determinato il colpo, non sarebbe elemento in grado di escludere la coscienza e volontà del fatto, trattandosi del mero movente dell'azione, della causa psichica della condotta umana, dello stimolo che ha indotto l'autore ad agire, facendo scattare la volontà." |
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