Data: 13/08/2019 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Si considera integrato il reato di maltrattamenti in famiglia qualora il coniuge, in crisi di coppia, porti l'amante a vivere nell'appartamento accanto a quello dell'altro partner, ovvero nello stesso immobile e collegato dalla stessa scala seppur con accessi separati. Nonostante la separazione, anche di fatto, restano sempre dei doveri di rispetto nei confronti dell'ex.

Cos� la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, ha respinto l'impugnazione di un marito fedifrago. La sentenza n. 35677/2019 (qui sotto allegata) ha cos� reso definitiva la sua condanna a due anni e tre mesi di reclusione a causa dei maltrattamenti perpetrati nei confronti della moglie.

Il caso

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Per diversi anni l'imputato aveva umiliato la donna costringendola anche a tollerare una convivenza more uxorio sotto lo stesso tetto con la sua amante, nonch� minacciandola, percuotendola e lesinandole il denaro per far fronte a esigenze primarie, cos� da renderle la vita particolarmente penosa e dolorosa.

Il marito, oltre a contestare le dichiarazioni della persona offesa, sottolinea come la convivenza con altra donna fosse iniziata in autonomo appartamento, non dunque sotto lo stesso tetto e solo dopo aver chiesto alla moglie la separazione a cui questa lei si era opposta. Nel dettaglio, inoltre, sottolinea come trattavasi di appartamenti nello stesso immobile, ma con accessi autonomi e collegati da una scala comune.

Atti di disprezzo e offesa alla dignit� possono integrare i maltrattamenti

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La Corte di legittimit� rammenta come il delitto di maltrattamenti in famiglia non sia integrato soltanto dalle percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche dagli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignit�, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali.

Secondo gli Ermellini, un esempio di condotta idonea a integrare la fattispecie delittuosa, dunque, � proprio quanto avvenuto nel caso di specie in cui la moglie � stata costretta a sopportare la presenza di una concubina (cfr. Cass. n. 44700/2013).

La Corte d'Appello, con motivazione immune da vizi logici, ha sottolineato gli atti di offesa alla dignit� della parte offesa, di disprezzo nei confronti della stessa, nonch� le violenze fisiche e le minacce abitualmente poste in essere per anni ai danni della moglie.
Oltre all'iniziale imposizione della convivenza con altra donna, i giudici menzionano le continue privazioni economiche imposte alla donna e al figlio, costretti a recarsi alla Caritas per mangiare, mentre l'imputato viveva agiato con l'amante.
Il giudice di merito ha verificato e confermato la credibilit� oggettiva e l'attendibilit� delle dichiarazioni della donna e, seguendo l'insegnamento delle Sezioni Unite, le ha legittimamente poste a fondamento dell'affermazione della responsabilit� penale dell'imputato (cfr. SS.UU. sent. n. 41461/2012).

Maltrattamenti in famiglia: non necessaria la convivenza

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Inoltre, rammentano gli Ermellini, il delitto di cui all'art. 572 del codice penale � configurabile anche in danno di persona non convivente o non pi� convivente con l'agente, quando quest'ultimo e la vittima siano comunque ancora legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla affiliazione (cfr. Cass. n. 3087/2017).

La separazione legale e a maggior ragione la separazione di fatto, sottolinea la Suprema Corte, dunque, lasciano integri i doveri di reciproco rispetto, di assistenza morale e materiale nonch� di collaborazione.

In conclusione, poich� la convivenza non rappresenta un presupposto della fattispecie in questione, la separazione non esclude il reato di maltrattamenti, quando l'attivit� persecutoria incida su quei vincoli che, rimasti intatti a seguito del provvedimento giudiziario o della separazione di fatto, pongono, come nel caso in esame, la parte offesa in posizione psicologica subordinata o comunque dipendente.

L'uomo, oltre alle spese processuali, dovr� pagare anche 2mila euro alla cassa delle ammende in quanto "colpevole" nella determinazione della causa di inammissibilit�, stante il suo ricorso palesemente inaccoglibile.

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