Data: 15/08/2019 15:00:00 - Autore: Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - L'Amministrazione può negare la detenzione e il porto d'armi anche quando la condotta della persona interessata presenti solo segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità.

Il principio generale in materia

In effetti, il compito dell'Autorità di Pubblica Sicurezza in questa materia è cautelare e consiste nel prevenire abusi nell'uso delle armi.
Pertanto, ai fini di un'eventuale revoca o diniego dell'autorizzazione, possono assumere rilevanza anche fatti isolati, ma in ogni caso significativi.
Questo il concetto base, in estrema sintesi.

I limiti alla discrezionalità

Ora, se quello sopra dettato è il criterio generale inciso nel nostro attuale Ordinamento giuridico, tuttavia la discrezionalità di cui gode l'Autorità in questa delicatissima materia va declinata all'esito di una puntuale istruttoria che anticipi il provvedimento amministrativo, di cui deve essere dato conto nella motivazione del predetto atto, in modo che sia possibile controllare in causa la bontà, o meno, dell'iter logico seguito dall'autorità.
Questo vuol dire che nel caso l'eventuale diniego dell'autorizzazione manchi di un'adeguata motivazione, potrà essere portato davanti il giudice per la domanda di annullamento.

In pratica

Riassumendo: il concetto di base ci dice che il provvedimento di divieto non richiede un accertato abuso, essendo sufficiente che la persona non dia affidamento di non abusarne.
Tuttavia, il cosiddetto giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nel caso concreto, proprio per verificare in modo accurato il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute.
Nel caso in cui la motivazione su cui si basa il provvedimento amministrativo risulti priva di un giudizio reale sull'affidabilità dell'interessato condotto in termini di attualità, ebbene il diniego potrà essere contestato in giudizio.

Quindi in conclusione: quando l'autorità sostiene che la persona interessata risulta priva della cosiddetta condotta irreprensibile richiesta dalle norme, lo può fare solo se fornisce di ciò una motivazione chiara, non stereotipa, accurata, convincente ed attuale (Tar Venezia Sez. Prima, sentenza n. 812/2019): se non lo fa il suo provvedimento viene annullato dalla Magistratura.
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Avv. Francesco Pandolfi
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