Data: 22/08/2019 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Il decreto sicurezza bis, convertito in legge con modifiche inasprisce le pene per chi non rispetta i pubblici ufficiali, troppo spesso considerati dai cittadini dei nemici. Quando si parla di pubblici ufficiali il pensiero corre subito alle Forze dell'ordine, in realtà appartengono alla categoria anche gli insegnanti scolastici, troppo spesso poco rispettati da genitori e alunni. A tutelarli però ci pensa la legge. Il decreto sicurezza bis infatti estende a tutti i pubblici ufficiali, gli inasprimenti di pena previsti per i vari reati commessi in danno dei pubblici ufficiali ed esclude la tenuità del fatto quando nei loro confronti vengono commessi i reati di violenza, minaccia, resistenza e oltraggio. Bulletti immaturi e genitori fumantini riflettano bene quindi prima di aggredire o offendere un insegnante.

Gli insegnanti sono pubblici ufficiali

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I professori sono a tutti gli effetti dei pubblici ufficiali e come tali devono essere rispettati. Essi, conformemente a quanto dispone l'art. 357 c.p che contiene la nozione di pubblico ufficiale sono infatti, secondo quanto dispone il comma 1 di detta norma sono impiegati della Pubblica amministrazione "che esercitano, permanentemente o temporaneamente, una pubblica funzione, legislativa, amministrativa o giudiziaria".

Qualifica che è stata confermata anche dalla sentenza penale n. 15367/2014 della Cassazione per la quale "l'insegnante di scuola media è pubblico ufficiale (Sez. 3, n. 12419 del 06/02/2008) e l'esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi (Sez. 6, n. 4033 del 15/12/1993; Sez. 6, n. 6587 del 05/02/1991)."

Come emerge dai riferimenti ai precedenti giurisprudenziali contenuti nello stralcio di detta sentenza, è palese il riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale dell'insegnante, ragione per la quale devono considerarsi applicabili allo stesso le disposizioni contenute nel codice penale a tutela di questi soggetti. Qualifica che perfino il Presidente della Repubblica, nel promulgare la legge di conversione del decreto sicurezza bis, ha di recente riconosciuto agli insegnati delle scuole.

Le modifiche del decreto sicurezza bis

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Il decreto sicurezza bis, convertito con modifiche dalla legge n. 77/2019 e in vigore dal 10 agosto scorso, introduce importanti novità, al fine di tutelare maggiormente i pubblici ufficiali, considerati troppo spesso nemici dei cittadini solo per il fatto che, per lavoro, sono costretti a garantire il rispetto delle regole.

La prima novità introdotta dal decreto sicurezza bis, riguarda l'introduzione della circostanza aggravante che comporta un conseguente aumento di pena, introdotta nell'art. 339 c.p. per i reati di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art 336 c.p); resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p); violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti (art. 338 c.p) se queste condotte criminose vengono poste in essere durante manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Il decreto interviene anche sull'art. 341 bis c.p, inasprendo le pene previste per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. Questo il nuovo comma 1 dell'art. 341 bis c.p: "Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni e' punito con la reclusione fino a tre anni." Minimo edittale esteso anche al delitto previsto dall'art 343 c.p, che ora prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni per chi offende l'onore o il prestigio di un magistrato in udienza.

La modifica che però ha fatto più discutere è quella che prevede l'esclusione della particolare tenuità del fatto (causa di non punibilità) per i delitti di violenza o minaccia (art. 336 c.p.), di resistenza (art. 337 c.p.) e di oltraggio (art. 341-bis c.p.) commessi ai danni di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni.

Per il Presidente Mattarella privare il giudice della possibilità di applicare la tenuità in relazione a condotte meno offensive non pare né ragionevole né conforme al nostro ordinamento.

Il reato di oltraggio

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Tra i vari reati che si possono commettere ai danni di un pubblico ufficiale quello di oltraggio merita in questa sede un breve approfondimento, dopo l'abrogazione degli articoli 341 e 344 cod. pen., da parte dell'art. 18 della legge n. 205/1999 infatti il reato è stato reintrodotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 94/2009, che ha delineato il nuovo illecito introducendo requisiti prima non richiesti. Oggi il reato di oltraggio si configura pertanto quando:

  • l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico ufficiale avviene in presenza di più persone;
  • la condotta offensiva si realizza in un luogo pubblico o aperto al pubblico;
  • l'insulto raggiunge il pubblico ufficiale nel momento sta compiendo un atto d'ufficio e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni.
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