|
Data: 17/08/2019 08:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - L'Inps e l'Osservatorio dei Consulenti del lavoro tirano le somme sulla pensione di cittadinanza e sui risultati prodotti sull'occupazione da quota 100. I risultati sembrano piuttosto deludenti, godono infatti della pensione di cittadinanza un numero di soggetti assai inferiore rispetto a quello preventivato. Disattesi anche i risultati previsti per quota 100, che non riesce a garantire il necessario ricambio generazionale soprattutto nelle professioni intellettuali di alto profilo. Monitoraggio Inps pensioni di cittadinanzaDal monitoraggio Inps sui primi sei mesi del 2019 emerge che i soggetti coinvolti dalla misura della pensione di cittadinanza sono circa 128.000. L'importo medio è di 207 euro, che varia al variare dalla condizione abitativa del percettore, ovvero se proprietario di una casa, in affitto o titolare di un contratto di mutuo in corso. Più della metà vive nel Meridione d'Italia e sul totale il 97% sono italiani, mentre il restante 3% sono cittadini dell'Unione Europea ed extracomunitari. Dal monitoraggio è altresì emerso che, rispetto al 2018 gli assegni sociali erogati per un valore medio di 419 euro, sono diminuiti a causa dell'aumento del requisito anagrafico che da 66 anni e 7 mesi è passato a 67 anni. Non solo, qualora aumentassero per l'entrata in decorrenza di nuovi assegni sociali (beneficiando così della integrazione prevista dalla pensione di cittadinanza) si arriverebbe comunque a una cifra che non supererebbe i 13.000 percettori, numero assai inferiore alle 500 mila preventivate dal Ministro Di Maio. Quota 100 e gli effetti sulla disoccupazione giovanileDall'interessante studio svolto dall'Osservatorio Statistico dei Consulenti del lavoro emergono invece interessanti dati sul ricambio generazionale prodotto dall'uscita anticipata dal lavoro di quanti si sono avvalsi di quota 100. Alla domanda se è possibile diminuire la disoccupazione anticipando il pensionamento dei lavoratori anziani, risulta che in realtà nella maggior parte dei paesi europei "non si registra una concorrenza tra occupazione giovanile e quella degli anziani - giovani e anziani sono complementari e non sostituibili all'interno degli organici delle aziende – e che per gran parte dei paesi europei, soprattutto del Nord, il tasso d'occupazione giovanile aumenta con la crescita del tasso d'occupazione degli anziani, rendendo controproducente ogni politica di riduzione dell'età pensionabile." Regola che però non vale per le professioni meno qualificate. In questo caso infatti il ricambio generazionale è pressoché assoluto poiché "un barista o un commesso può essere sostituito con un lavoratore di qualsiasi età, ma se è giovane costa meno." Insomma l'unica ragione per cui i giovani verrebbero assunti più volentieri è il ridotto costo del lavoro per il datore. Stessi dati anche nel settore del commercio e dei sevizi, nelle professioni esecutive d'ufficio, nei trasporti, nelle professioni non qualificate, così come per operai specializzati, agricoltori e artigiani che quindi, anche se con una certa esperienza vengono sostituiti più facilmente da nuova forza lavoro. Discorso che non regge per le professioni intellettuali, scientifiche, dirigenziali, legislative, tecniche perché in questo caso solo l'esperienza e l'età forniscono le competenze necessarie allo svolgimento di certe mansioni, che un giovane non potrebbe acquisire in tempi rapidi. |
|