Data: 29/08/2019 10:30:00 - Autore: Paolo Accoti

Avv. Paolo Accoti – In linea generale, nei procedimenti civili a cognizione ordinaria, così come nel rito del lavoro, esistono delle preclusioni processuali in relazione ai mezzi di prova da offrire al giudice, alla quale deve sottostare anche l'eventuale produzione documentale.

Mezzi di prova e produzione documentale

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Ecco che allora, ai sensi e per gli effetti dell'art. 183 Cpc, che disciplina il processo di cognizione dinnanzi al Tribunale, all'udienza di trattazione il giudice, se richiesto, concede alle parti un termine perentorio di trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte, un ulteriore termine perentorio di trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall'altra parte, e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e, infine, un successivo termine perentorio di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria.

Va da sé che, a pena di decadenza, entro l'arco temporale appena indicato le parti devono provvedere alla formulazione dei mezzi istruttori ed al deposito della documentazione a sostegno delle proprie tesi.

Nel rito del lavoro tali termini risultano ancora più stringenti atteso che, ai sensi dell'art. 414 Cpc, il ricorrente è tenuto, contestualmente al deposito del ricorso, ad indicare – a pena di decadenza – i mezzi di prova di cui intende avvalersi nonché al deposito dei documenti da sottoporre all'attenzione del giudicante.

Il resistente, sempre a pena di decadenza, è onerato delle medesime incombenze da effettuarsi dieci giorni prima dell'udienza, per come stabilito dall'art. 416 Cpc.

Inutile dire che anche in grado di appello vigono delle preclusioni ancora più rigorose, in considerazione del fatto che, ai sensi dell'art. 345 Cpc, non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

L'opposizione a decreto ingiuntivo

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E' quella fase processuale che si determina a seguito della contestazione giudiziale del decreto ingiuntivo e, pertanto, risulta successiva alla emissione ed alla notifica del decreto ingiuntivo (procedimento sommario), fase che, appunto, si genera a seguito dell'opposizione al monitorio da proporsi con la notifica di un atto di citazione (nel procedimento ordinario) o con il deposito del ricorso (nei procedimenti che seguono il rito del lavoro).

Tale fase processuale è a cognizione piena, prevedendo la necessaria partecipazione di tutte le parti in causa (contraddittorio integro) denominata, appunto, opposizione a decreto ingiuntivo.

In tale contesto si procede ad una autonoma valutazione delle pretese vantate dal creditore e delle eccezioni frapposte dal debitore, nella quale ognuno dei contendenti, a supporto delle rispettive tesi, è tenuto - nei termini perentori sopra visti -, ad indicare i mezzi di prova e i documenti dei quali intende avvalersi.

A tal proposito, tuttavia, i documenti originariamente allegati al fascicolo del decreto ingiuntivo che, peraltro, vengano acquisiti "d'ufficio" al fascicolo dell'opposizione, quand'anche non autonomamente prodotti nella fase di opposizione nei termini di legge sopra visti, non possono essere considerati "nuovi", di talché risultano sempre utilizzabili – anche in grado di appello – pure in caso di tardiva costituzione del creditore (attore in senso sostanziale) nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Questi i principi dettati dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con l'ordinanza n. 21626, pubblicata in data 22 Agosto 2019.

Il giudizio di merito

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Un dipendente chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Sassari ingiunzione di pagamento a carico del datore di lavoro.

Proponeva opposizione il datore di lavoro, tuttavia, il predetto Tribunale rigettava la spiegata opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto.

Interponeva appello, dinnanzi alla Corte d'Appello di Cagliari - Sez. distaccata di Sassari, il datore di lavoro ed il giudice di secondo grado, in riforma della impugnata decisione, revocava il decreto ingiuntivo emesso per difetto di prova, in considerazione della mancata produzione nei termini di rito, nell'ambito del giudizio di opposizione, della documentazione posta a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo.

Propone ricorso per cassazione il lavoratore eccependo, con un unico e articolato motivo, la violazione degli artt. 416, 421, 345 e 645 Cpc.

La decisione della Corte di Cassazione

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La Suprema Corte ritiene senza dubbio fondato il ricorso avverso la predetta sentenza di secondo grado.

Il giudice di legittimità, infatti, riferisce come <<per costante interpretazione di legittimità, (cfr., ex plurimis, Cass. n. 8693 del 04/04/2017) in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, in considerazione della mancanza di autonomia tra il procedimento che si apre con il deposito del ricorso monitorio e quello originato dall'opposizione ex art. 645 c.p.c., i documenti allegati al primo, rimasti a disposizione della controparte, agli effetti dell'art. 638, comma 3, c.p.c., ed esposti, pertanto, al contraddittorio tra le parti, benché non prodotti nella fase di opposizione nel termine di legge, non possono essere considerati "nuovi", talchè, ove depositati nel giudizio di appello, devono essere ritenuti ammissibili, non soggiacendo la loro produzione alla preclusione di cui l'art. 345, comma 3, c.p.c. (nel testo introdotto dall'art. 52 della I. n. 353 del 1990)>>.

A tal proposito ricorda come già le Sezioni Unite <<nel 2015, (SU, n. 4066 del 12/05/2015) avevano affermato che la norma del codice fissa il principio generale per cui in appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e tale divieto vale anche per i documenti. Il giudice d'appello dovrà pertanto vagliare se i documenti che vengono allegati al ricorso oggetto del suo esame siano o meno "nuovi">>, nondimeno, però, <<la formula ampia scelta dal legislatore induce a ritenere che i documenti devono essere nuovi rispetto all'intero processo: ciò significa che non devono essere mai stati prodotti in precedenza; una conferma di tale assunto la Corte la individua nell'inciso dell'art. 345 terzo comma, in cui si ammette la possibilità di produrre documenti in appello qualora la parte dimostri dì non averli potuti produrre nel giudizio dì primo grado>>.

Ed invero, i documenti prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo risultano nella disponibilità della controparte per tutto il tempo necessario a proporre l'eventuale opposizione, pertanto, non possono essere considerati "nuovi" nel successivo sviluppo del processo a cognizione piena.

Ciò in ossequio al <<principio, che può essere definito "dì non dispersione della prova" una volta che questa sia stata acquisita al processo, implica, con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado, in un'ottica funzionale alla ragionevole durata del processo>>.

Pertanto, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio allo stesso giudice, in diversa composizione, perché provveda anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.


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