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Data: 14/09/2019 11:00:00 - Autore: Simone Pillon di Simone Pillon - Ringrazio innanzitutto il quotidiano StudioCataldi.it per aver ospitato questa mia replica all'intervento dei giorni scorsi di Marino Maglietta (v. Affidamento condiviso ora conta anche l'età). Una replica che reputo necessaria perchè il prof. ing. Maglietta ha rivolto numerose critiche contro la riforma dell'affido condiviso da me proposta. La colpa del sottoscritto, secondo il docente, sarebbe quella di aver presentato una autonoma proposta di riforma e di non aver sostenuto i vecchi testi (a cui egli stesso aveva collaborato) che erano stati già depositati in Parlamento più di 6 anni fa. Testi dai quali, anche i parlamentari inizialmente favorevoli alle ipotesi di Maglietta hanno ora apertamente preso le distanze.
Come che sia, e allo scopo di una disamina strettamente tecnica, giova rileggere quei pochi articoli per scoprire che in realtà, se anche si approvasse il testo "Maglietta" così come fu presentato nelle scorse legislature, non si avrebbe alcuna riforma. Ma andiamo con ordine: la stesura dell'art. 337 ter CC secondo Maglietta (Cfr art. 6 DDL Lumia) così reciterebbe: "Il giudice determina le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore (…)". La norma, nell'intento del Maglietta, sarebbe idonea e sufficiente a riformare l'attuale normativa, introducendo la bigenitorialità. Peccato che, anche ad una semplice lettura profana, appaia molto chiaro che il testo lascerebbe (come oggi) pieno arbitrio al giudice per imporre i tempi di frequentazione ritenuti opportuni, e ben sappiamo quale sarebbe la soluzione scelta dalla maggior parte dei tribunali italiani, e cioè il famoso pomeriggio infrasettimanale (due per i fortunati) e un paio di fine settimana al mese. E' dunque infondato scrivere – come fa Maglietta – che il giudice - con la riforma a prima firma Pillon – vedrebbe accresciuta la propria discrezionalità, anzi è vero proprio il contrario. Dalla critiche mosse nell'articolo in parola, sembra che non si sia compreso che l'unico modo per riformare davvero l'affido è quello di indicare legislativamente tempi minimi (comprensivi dei pernottamenti) sotto i quali il giudice non possa scendere senza dare ampia motivazione circa la specialità del caso. E del resto, nella proposta di riforma del fisico fiorentino, di tempi non si parla affatto, mentre perno del ddl Pillon è la precisa indicazione di tempi possibilmente paritetici. Certo, il tempo paritetico non è sempre possibile, ma deve essere chiaro che la volontà del legislatore va in quella direzione. Nel 2006 fu sufficiente scrivere "il giudice valuta prioritariamente di affidare i minori ad entrambi i genitori" per portare la percentuale degli affidi (nominalmente) condivisi dal 20 al 90%. La stessa cosa va fatta oggi con i tempi di relazione genitori-figli. Ogni riforma che - non contempli i tempi paritetici (o comunque i più ampi concretamente applicabili) come obiettivo da raggiungere è, nei fatti, una non-riforma. Solo così il genitore "affidatario" potrà diventare un ricordo, sostituito dai ben più utili "mamma e papà". Vanno parimenti contestate le critiche mosse in ordine alle "fasce di età" che sarebbero previste nel testo unificato. In primo luogo tale distinzione è tutt'ora in corso di elaborazione, e non si può accettare dunque una critica a qualcosa che ancora non è stato scritto. In secondo luogo, proprio perché con la riforma si vuole dare al giudice una indicazione molto stringente in ordine ai "tempi", è altrettanto necessario codificare le relative eccezioni, per evitare che la norma sia superata dalla prassi applicativa. In tale ottica è necessario prevedere una adeguata attenzione al periodo fisiologico dell'allattamento, per il quale è necessaria una presenza assidua e quotidiana della madre ma anche del padre, evitando giorni di lontananza dall'una o dall'altra figura genitoriale. In tale periodo – secondo la pedagogia più avanzata, è bene che il padre stia con il neonato con frequenza quotidiana, nel rispetto delle esigenze fisiologiche del piccolo, mentre risulta un po' più complicato il pernotto, specialmente nei casi di allattamento al seno. Nessuna preclusione, ma giusta elasticità per una "milk-preference". Nella stessa ottica è opportuno che i ragazzi con più di 12 anni, come chiaramente previsto dalla legge e dai trattati internazionali, possano offrire la loro visione in ordine alle modalità di permanenza (paritetica, come visto, ogni qual volta sia possibile) presso mamma e papà, fermo restando che la decisione deve essere poi assunta dagli adulti, senza gravare i minori di responsabilità che non competono loro. Su questo la norma è (e sarà) chiarissima: nessun ritorno del genitore "prevalente" ma diritto alla piena e compiuta "bigenitorialità" che passa inevitabilmente da adeguati tempi di cura. Infine, secondo Maglietta, la riforma a prima firma Pillon farebbe "saltare" il mantenimento diretto. Niente di più lontano dal vero. I genitori conviventi provvedono direttamente già oggi in ogni famiglia a mantenere la prole, e dunque possono continuare a farlo anche da separati. Certo, vanno modulati i rispettivi impegni su base proporzionale e vanno garantiti i diritti dei minori (e a questo serve il piano genitoriale), ma nella stragrande maggioranza dei casi sarà possibile applicare come già accade all'estero, il mantenimento della prole in via diretta. Secondo la proposta Maglietta sarebbe sufficiente modificare così il quarto comma dell'art. 337 ter CC: "Salvo accordi diversi tra le parti, ciascuno dei genitori provvede in forma diretta e per capitoli di spesa al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie risorse economiche", lasciando tuttavia, al quarto comma, la seguente pericope: "Ove necessario al fine di realizzare il suddetto principio di proporzionalità, il giudice può stabilire la corresponsione di un assegno perequativo periodico". In altre parole, se si votasse la riforma Maglietta non si avrebbe ancora una volta nessuna riforma, visto che già oggi l'art. 337 ter CC prevede il mantenimento diretto come prima opzione, sempre o quasi sempre disattesa dal giudice in favore dell'inveterato "assegno". Se si vogliono davvero cambiare le cose, lo scrivente ribadisce, è necessario anche in questo caso chiarire bene – come fa il DDL 735 – che il giudice possa discostarsi dal mantenimento diretto con un provvedimento motivato che potrà essere assunto solo ed esclusivamente ove si dia prova che la forma diretta non sarebbe sufficiente a provvedere a tutte le esigenze del minore. La riforma che vuole proporre Maglietta è pesantemente lacunosa anche su altri aspetti: in primo luogo mantiene la possibilità per il giudice di affidare i minori alle case-famiglia, preclusa invece dal DDL 735. Manca inoltre una accurata regolamentazione della mediazione, che viene semplicemente proposta come obbligatoria, senza tuttavia prevedere la regolamentazione di tale professione, nonchè ogni accenno a quella lotta all'uso strumentale del minore, che viceversa è ulteriore punto di forza del DDL 735, affinchè nessun bambino sia più coinvolto o usato suo malgrado nella conflittualità genitoriale. Personalmente mi auguro che l'autore della critica a cui sto replicando, possa aggiornare le sue proposte per poter continuare a offrire il suo contributo tenendo conto degli studi più recenti e delle riforme già approvate nei paesi più attenti alla bi-genitorialità. La volontà della forza politica cui appartengo è quella di una riforma autentica, vera, che offra ai figli di coppie separate o divorziate la possibilità di trascorrere tanto tempo con la mamma e il papà, porti al mantenimento diretto, punisca l'alienazione genitoriale e proponga la mediazione alle coppie altamente conflittuali. E' dunque un bene questa crisi, che porterà presto al voto, e permetterà al prossimo Parlamento di approvare una vera riforma, senza inaccettabili censure vetero-femministe o compromessi al ribasso. Ce lo chiedono milioni di bambini, di papà e di mamme. |
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