Data: 11/09/2019 12:00:00 - Autore: Monia Vasta
di Monia Vasta - Il D.Lgs. 81/2008, in continuità con la precedente normativa, prevede un coinvolgimento globale del medico-competente nella fase di prevenzione degli infortuni sul lavoro, che comprende diverse attività (analisi DVR, sopralluogo annuale, riunione periodica, relazione sanitaria annuale, organizzazione del P.S., formazione e informazione, attuazione di programmi di promozione della salute).
Tra di queste, è presente anche la sorveglianza sanitaria, che si caratterizza, quindi, per essere solo uno dei momenti, pur se il più noto, di tale coinvolgimento.

Obbligo di sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria diviene obbligo nel momento in cui la VDR evidenzi uno specifico rischio per la salute, rientrante tra quelli per il quale è prevista specificamente tale attività.
In particolare, gli articoli del D.Lgs. 81/2008 che prevedono obbligo di sorveglianza sanitaria sono:

  • 168: movimentazione manuale di carichi;
  • 176: videoterminali;
  • 185: agenti fisici;
  • 196: rumore;
  • 204: vibrazioni;
  • 211: campi elettromagnetici;
  • 218: radiazioni ottiche;
  • 229: agenti chimici;
  • 242: agenti cancerogeni e mutageni;
  • 259: amianto;
  • 279.281: agenti biologici.

Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria in materia di lavoro notturno, gravidanza, disabili e minori, poi, il nostro ordinamento prevede delle normative specifiche che se ne occupano.

Nei casi ed alle condizioni previste dalla normativa le visite periodiche sono finalizzate, anche, alla verifica delle condizioni di alcool dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti (art, 41 comma 4). Le visite di cui al D.Lgs. 81 hanno, dunque, un carattere sia preventivo che periodico.

Sorveglianza sanitaria: quando è effettuata

La sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 viene effettuata:

1) preventivamente, ovverosia prima dell'immissione alla mansione a rischio per constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati;

2) periodicamente, a determinati intervalli di tempo durante il rapporto di lavoro per controllare che l'esposizione ai rischi non abbia prodotto danni ma anche per evidenziare effetti precoci sulla salute correlati all'esposizione professionale e verificare, dunque, la permanenza dell'idoneità lavorativa;

3) in occasione del cambio di mansione;

4) su richiesta del lavoratore, in ragione del rischio o se il lavoratore ritiene che le sue condizioni di salute siano suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi;

5) alla cessazione del rapporto di lavoro.

Le visite pre-assuntive

Vi sono poi le visite in fase di pre-assunzione, originariamente vietate ma che oggi sono ammesse e, in sostanza, coincidono con la visita di idoneità alla mansione specifica. Esse, tuttavia, devono essere esclusivamente legate a una mansione per la quale sia prevista la sorveglianza sanitaria.

Appare fondamentale precisare che il giudizio di idoneità (anche quello espresso in fase pre-assuntiva) è finalizzato a verificare il possesso da parte del lavoratore delle caratteristiche fisiche necessarie a svolgere la mansione e ad accertare che detta mansione non possa determinare un danno alla salute del lavoratore. E', dunque, chiaro che non devono incidere sulla formulazione del giudizio altri fattori, quali ad esempio: la titolarità dei benefici di cui alla legge 104, la previsione di una maggiore morbilità da quadri patologici non interferenti con il lavoro ecc.

La visita dopo una lunga malattia

Inoltre, a seguito di assenza dal lavoro per motivi di salute di durata superiore ai 60 giorni consecutivi, il lavoratore, prima di riprendere il lavoro, può essere sottoposto a visita medica ad opera del medico competente per verificare la idoneità alla mansione.

Anche in questo caso, la visita dopo "lunga malattia" si fa solo se si rientri in un'ipotesi in cui è prevista la sorveglianza sanitaria. In assenza di tale presupposto tale visita dovrà essere considerata illegittima.

Inoltre, l'assenza dal lavoro deve essere stata motivata da problemi di salute e dunque l'accertamento da parte del medico competente deve essere effettuato dopo assenza per:

1) malattia comune;

2) infortunio

3) malattia professionale;

4) incidente grave.

Il giudizio del medico competente

Il medico competente, all'esito della visita, esprime il suo giudizio di idoneità decretando:

a) una idoneità assoluta per la quale, oltre a non sussistere condizioni patologiche che potrebbero trarre danno dall'espletamento della mansione lavorativa, non si ritrovano quelle modificazioni biologiche che richiedono interventi sull'ambiente, sull'organizzazione del lavoro e/o sull'uomo;

b) una idoneità parziale, condizionata cioè da fattori legati al rischio professionale – come l'obbligo dell'uso di mezzi di protezione individuale – o da alcune menomazioni, che possono negativamente incidere sulla mansione lavorativa (divieto di lavoro su piani rialzati, su scale, ecc.) o, infine, dalla presenza di indicatori biologici di effetto che sono espressioni di un danno biologico. Tale idoneità parziale o con prescrizioni potrà avere carattere temporaneo o permanente;

c) non-idoneità, quando sussistono condizioni patologiche, soprattutto degli organi impegnati nei processi di bio-trasformazione dei tossici industriali ovvero quando l'impegno funzionale richiesto dall'espletamento della mansione si rivolge ad organi già menomati. Tale non-idoneità potrà avere carattere temporaneo o permanente.

Nel caso di espressione di una temporaneità del giudizio, il medico deve precisare i limiti temporali di validità dello stesso.

Ricorso

Avverso il giudizio del medico competente è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso (art. 41 comma 9).

La normativa chiarisce che è ammesso il ricorso anche in caso di giudizio di idoneità. L'articolo 42 del D.Lgs. 81/2008 indica che nel caso di inidoneità alla mansione specifica il datore di lavoro debba adibire il lavoratore "ove possibile" ad altra mansione compatibile con lo stato di salute.

L'idoneità

L'accento posto dalla normativa sull'ambiente di lavoro comporta che l'idoneità non possa essere concessa in astratto ad una determinata mansione, ma va riferita quella mansione, in quel posto di lavoro, in quella fabbrica in cui esiste una precisa organizzazione del lavoro che determina tempi e modalità di esposizione a specifici rischi

E a questo il medico viene indirizzato dall'obbligo, che gli deriva per legge, di visitare periodicamente i posti di lavoro. Il giudizio d'idoneità, oltre a risvolti prettamente sanitari, può comportare conseguenze gravi per il lavoratore; infatti l'idoneità fisica, come più volte ribadito dalla Cassazione, deve essere riferita al possesso da parte del lavoratore delle capacità comunemente necessarie per lo svolgimento delle attività lavorative oggetto del contratto di lavoro.

La non idoneità

La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che la non idoneità permanente consenta il recesso del contratto. Ma il contratto può essere rescisso anche nel caso di una impossibilità parziale del lavoratore, qualora il datore di lavoro dimostri di non potere ricollocare quel lavoratore all'interno dell'azienda in attività confacenti anche di livello inferiore.

Ciò impone che il datore di lavoro, con l'ausilio del medico competente, operi attivamente per individuare all'interno dell'azienda una adeguata collocazione del dipendente e che si pervenga a definire delle misure di sostegno che favoriscano il mantenimento in azienda del lavoratore, e questo ancor di più nei casi in cui si sia in presenza di una inidoneità che si può presumere temporanea anche se di lunga durata.

Per pervenire a tale risultato occorre che il medico competente attui ogni sforzo per uscire dalla consuetudine di formulare giudizi generici e, invece, pervenga ad adottare espressioni del tipo "idoneo limitatamente a.." seguite dall'elencazione dei compiti ancora possibili o dall'espressione delle condizioni di rischio ancora accettabili.

Ma soprattutto nel caso di inidoneità parziale, sia temporanea che permanente, il medico deve indicare quali siano i compiti e (o le esposizioni) che vanno evitate e, dunque, quale è il campo delle residue idoneità.

L'obiettivo deve essere quello del pieno e proficuo inserimento nel lavoro anche dei soggetti portatori di ridotte capacità lavorative.


Tutte le notizie