Data: 12/09/2019 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Merita di essere approfondita la sentenza n. 815/2019 del Tribunale di Brescia (sotto allegata) perché fornisce l'elenco in otto punti dei sintomi dai quali è possibile desumere la presenza dell'alienazione parentale che colpisce i figli di separati o divorziati. In situazioni come queste non è infrequente che uno dei genitori intraprenda una vera e propria campagna denigratoria nei confronti dell'altro, al fine di tenere il figlio o la figlia solo per se, di farne una sorta di alleato, a tutto danno del minore. Dalle relazioni degli esperti consultati dalle parti e dal Tribunale, è emerso infatti, dal caso di specie come i figli di genitori in conflitto corrono il rischio di sviluppare disturbi d'identità di genere, o un disturbo di personalità paranoide o antisociale.

La causa di separazione dei coniugi e la questione dell'addebito

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Dopo aver contratto matrimonio civile, la moglie chiede la separazione con addebito del coniuge, perché padre e marito assente. Costui inoltre avrebbe tenuto condotte umilianti e offensive nei confronti della donna, che ha creato un vero mobbing familiare. Chiede per questo la condanna al risarcimento del danno patito per violazione degli obblighi coniugali e quantificato in 100.000 euro. Il resistente nega le accuse, sostenendo che ad aver creato un clima d'intollerabilità della convivenza sia in realtà la moglie, a causa della sua relazione extraconiugale.

Il convenuto propone quindi domanda riconvenzionale di addebito e chiede il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dallo stesso, in quanto i suoi rapporti con la figlia sarebbero ostacolati dalla moglie, ragion per cui chiede l'affidamento condiviso con ampio diritto di visita offrendo 600 euro mensili per il mantenimento della minore e come contributo al pagamento del canone di locazione mensile per il nuovo alloggio della moglie, opponendosi all'assegnazione della casa coniugale, di proprietà del padre dell'uomo.

All'esito dell'udienza il Presidente adotta i seguenti provvedimenti temporanei e urgenti:

  • affidamento condiviso delle figlia minore con collocazione presso la madre;
  • diritto di visita del padre in orari e giorni precisi;
  • contributo al mantenimento della moglie di 450 euro e della figlia per 600 euro mensili, oltre al 50% delle spese mediche e scolastiche.

Le accuse di molestie sessuali ai danni della figlia minore

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Nelle memorie la ricorrente deduce l'infedeltà del marito, chiede l'affidamento esclusivo della figlia e l'esercizio del diritto di vista del padre in forma protetta, chiedendo l'aumento del mantenimento per se e la minore. Il resistente si costituisce e respinge le richieste di controparte.

La donna a un certo punto presenta denuncia accusando il marito di aver toccato la figlia minore nelle parti intime. In conseguenza di questo il diritto di visita del padre viene disposto in forma protetta, viene depositata una CTU, il processo prosegue sotto il monitoraggio dei Servizi Sociali competenti e si conferisce nuovo incarico al CTU per accertare la natura dei rapporti della minore con la mamma e il papà e adottare le misure più idonee alla situazione.

All'esito della CTU e dopo la richiesta dell'uomo di mutamento del collocamento della minore, viene disposta la collocazione della stessa presso la madre, vengono stabiliti giorni e orari del diritto di vista del padre. Ai Servizi sociali il compito di verificare il rispetto delle regole stabilite per i genitori e monitorare il nucleo famigliare. Per la bambina viene disposta una psicoterapia, con costi da ripartire tra i due coniugi e supporto anche per i genitori. Acquisite le relazioni dei servizi sociali, la causa viene rimessa al collegio, con termini alle parti per memorie 190 c.p.c. I servizi sociali depositano relazione conclusiva.

Gli 8 sintomi della "Sindrome da alienazione parentale"

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Risolte le premesse processuali sul thema decidendum, il Tribunale di Brescia dichiara la separazione dei coniugi, respinge quella della donna perché priva di prove, accoglie invece quella del marito, a causa dell'infedeltà della moglie, a cui non viene quindi riconosciuto l'assegno di mantenimento.

Passa poi ad esaminare le questioni relative ai provvedimenti da adottare nell'interesse della minore di 10 anni, che da "positivo" nel tempo è peggiorato, in quanto caratterizzato dall'ostinato rifiuto della figlia ad avvicinare il padre. L'aspetto più grave è che, nonostante l'intervento dei Servizi sociali il rapporto si è deteriorato ulteriormente nonostante il padre si sia dimostrato partecipe e attento alle richieste della figlia.

L'irragionevole e pervicace volontà della bambina di non voler vedere il padre è quindi stata ricondotta dal CTU alla PAS ovvero la Sindrome da Alienazione Parentale definita dal tecnico come "una controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzi." La sindrome si caratterizza per la compresenza dei seguenti 8 aspetti:

  • "campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante";
  • "razionalizzazione debole dell'astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali";
  • "mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino "tutto negativo", mentre l'altro genitore è " tutto positivo";
  • "fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore";
  • "appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante;
  • "assenza di senso di colpa";
  • "scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente";
  • "estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato."

Rischi della PAS, riscontro della sindrome e affidamento della minore

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Secondo il CTP della donna, in casi simili, come risulta da una ricerca statistica effettuata "quando un minore rifiuta di frequentare un genitore (...) potrebbe sviluppare un disturbo di identità di genere, o un disturbo di personalità paranoide o antisociale."

Tesi confermata dal CTU, che nella sua relazione ha evidenziato come nel caso di specie "sono già presenti alcuni sintomi significativi di un disturbo di personalità paranoide che potrebbero aggravarsi e stabilizzarsi" che richiedono di intervenire concretamente a tutela della minore.

Nel fare questo però occorre tenere presente che, aumentare gli incontri con il padre non si è rivelata la scelta giusta e che il quadro attuale non è conseguente alla separazione, ma al protratto e sistematico atteggiamento di svalutazione del padre da parte della madre, che in diverse e precise occasioni ha definito l'ex marito come bugiardo e inadeguato. La madre ha inoltre manifestato di voler esercitare un controllo unilaterale sugli incontri padre-figlia, dichiarando di preferire la figlia in una comunità, piuttosto che con il coniuge. La donna si è dimostrata ostile nei confronti di chiunque (educatori, CTU e assistenti sociali) si avvicinasse alla figlia solo perché si adoperava nell'avvicinare la minore al padre, violando così il diritto della bambina alla bigenitorialità.

Alla luce di tali comportamenti il Tribunale dispone l'affidamento e la fissazione della residenza abituale della minore presso il padre che, a differenza della madre "si è rivelato un genitore adeguato, dotato di buone competenze e sinceramente interessato a recuperare la relazione con la figlia." Il diritto di visita della madre potrà essere esercitato per tre volte a settimana per tre ore consecutive in presenza di un educatore.

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