Data: 25/09/2019 07:00:00 - Autore: Marco Sicolo

Avv. Marco Sicolo - La dichiarazione di guerra è un atto diplomatico formale con il quale uno Stato dà avvio a una situazione di belligeranza nei confronti di un altro Stato.

Sul punto, il tenore degli odierni ordinamenti nazionali e di numerosi trattati internazionali riflette le urgenze manifestatesi all'indomani delle grandi guerre del novecento; ne è un chiaro esempio l'art. 11 della nostra Costituzione.

Dal diritto alla guerra al divieto di usare la forza

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Storicamente, la facoltà degli Stati di ricorrere alla guerra come atto di soluzione delle controversie internazionali era universalmente riconosciuta come legittima.

Le cose sono radicalmente cambiate dopo le due guerre mondiali del secolo scorso.

Il patto della Società delle Nazioni nel 1919, alcuni importanti trattati internazionali stipulati nell'intervallo tra le due guerre e, soprattutto l'avvento delle Nazioni Unite all'indomani della seconda guerra mondiale hanno portato a un nuovo modo di considerare la guerra nel quadro delle relazioni tra gli Stati.

La Carta delle Nazioni Unite, infatti, ha espressamente stabilito, per gli Stati membri, il divieto di usare la forza nelle relazioni internazionali, vietandone anche la semplice minaccia nei confronti dell'integrità territoriale e dell'indipendenza politica di un altro Stato (cfr. art. 2 par. 4).

È fatta salva l'ipotesi della legittima difesa e il ricorso all'uso della forza deliberato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

La dichiarazione di guerra nell'attuale scenario mondiale

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Dall'immediato dopoguerra ad oggi, però, il quadro delle tensioni internazionali e il modo in cui si tende a risolverle è molto mutato.

Dalla guerra fredda ai recenti episodi scaturiti da fondamentalismi religiosi, passando per gli atti di terrorismo ad opera di entità non riconducibili a un determinato Stato (es. Al Qaeda), il concetto stesso di guerra ha subito un'evoluzione.

E la conseguenza di tale evoluzione è che spesso si assiste a veri propri conflitti armati senza che gli stessi siano preceduti da formali dichiarazioni di guerra, perché tali conflitti vengono ricondotti a figure diverse dalla guerra: interventi umanitari, azioni di autodifesa preventiva, etc.

Ad ogni modo, il divieto di ricorrere alla guerra come soluzione di controversie è oggi formalmente considerato come una norma imperativa di diritto internazionale, e il soggetto trasgressore risponde di crimini contro la pace.

La dichiarazione di guerra nell'ordinamento italiano

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Dal punto di vista formale, la dichiarazione di guerra, nel nostro ordinamento, è un atto di competenza del Presidente della Repubblica, a norma dell'art. 87 comma 9 della Costituzione.

Tale potere va tenuto distinto da quello, ben più pregnante a livello interno, di deliberazione dello stato di guerra, che spetta all'organo legislativo.

Dispone, infatti, l'art 78 Cost., che "le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari."

A questo proposito, si segnala che il conferimento dei poteri al Governo contestualmente alla delibera di cui all'art. 78 è un atto non discrezionale ed è giustificato da ragioni di opportunità e di celerità di azione da parte dell'esecutivo.

In questo quadro, la formale dichiarazione di guerra di cui all'art. 87 non ha lo scopo di conferire validità ed efficacia alla delibera delle Camere (cioè non ha valore di promulgazione), ma è finalizzata a portare a conoscenza del nemico l'interruzione delle relazioni diplomatiche e l'inizio della condizione di belligeranza.

Si può notare, alla luce delle esperienze concrete degli ultimi decenni, come tale impianto normativo non trovi applicazione in tutte quelle circostanze in cui il nostro Paese prende parte a interventi armati come quelli sopra menzionati (azioni umanitarie, missioni di pace, supporto ad azioni di difesa preventive attuate da altri Paesi).

L'art. 11 della Costituzione

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Come detto, inoltre, la portata della disciplina sopra esaminata non può cogliersi completamente senza prendere in considerazione il dettato dell'art. 11 della Costituzione.

Tale norma, come noto, statuisce che "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", circoscrivendo in tal modo, implicitamente, la configurabilità di un intervento bellico italiano alla sola ipotesi di legittima difesa.


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