Data: 25/09/2019 16:00:00 - Autore: Claudio Roseto

Avv. Claudio Roseto - La realizzazione di interventi edilizi di nuova costruzione, di ampliamento e/o di ristrutturazione, manutenzione straordinaria di edifici esistenti, eseguiti in assenza dei Permesso di Costruire o di S.C.I.A., oppure in totale difformità o con variazioni essenziali, determina l'obbligo del Comune di avviare il procedimento amministrativo vincolato teso ad ordinare, al proprietario degli immobili, la demolizione delle opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi precedente l'esecuzione degli abusi, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001.

Tuttavia, in alcuni casi, vi è la possibilità, per i trasgressori, di presentare un'istanza, corredata dalla documentazione prescritta, al fine di ottenere l'accertamento di conformità delle opere abusivamente realizzate, ricorrendo alla c.d. sanatoria.

Il permesso in sanatoria

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In particolare, la disposizione normativa contenuta nell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 prevede che: "1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. 3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata".

Come si evince dal chiaro tenore letterale della norma de qua, l'accertamento di conformità è una procedura di regolarizzazione urbanistica ed edilizia che consente la sanatoria di interventi di nuova costruzione, di ampliamento e/o di ristrutturazione, manutenzione straordinaria di edifici esistenti, eseguiti in assenza dei Permesso di Costruire o di S.C.I.A., oppure in totale difformità o con variazioni essenziali.

Condizioni per il rilascio del permesso in sanatoria

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La condizione generale per il rilascio del permesso in sanatoria è che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo di realizzazione degli interventi medesimi, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria (c.d. requisito della "doppia conformità").

Tale procedura di "sanatoria", pertanto, richiede ab origine la sussistenza delle condizioni che avrebbero determinato il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione dell'opera, le quali devono permanere sino al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria.

Chiarita la procedura normativamente prescritta per ottenere l'accertamento di conformità in sanatoria, è opportuno delineare la disciplina di favore contenuta nel c.d. piano casa.

Il piano casa

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Inizialmente, con l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 112 del 25 giugno 2008, è stato previsto che: "Al fine di superare in maniera organica e strutturale il disagio sociale e il degrado urbano derivante dai fenomeni di alta tensione abitativa, il CIPE approva un piano nazionale di edilizia abitativa", avente come oggetto "la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente o di costruzione di nuovi alloggi articolato, sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell'effettivo disagio abitativo presente nelle diverse realtà territoriali" (Art. 11, co. I).

Successivamente, con l'Intesa Stato-Regione-Enti locali, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 29 aprile 2009, n. 98, le Regioni si sono impegnate ad approvare Leggi regionali volte a migliorare la qualità architettonica e/o energetica degli edifici, entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-bi familiari, nonché a disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell'efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e secondo criteri di sostenibilità ambientale.

In attuazione della succitata intesa, le Regioni, con Legge Regionale avente carattere straordinario e, pertanto, prevalente sulle previsioni dei regolamenti comunali, degli strumenti urbanistici e delle leggi regionali in contrasto con essa, hanno previsto la possibilità di realizzare interventi di: 1) ampliamento degli edifici a destinazione residenziale, che possono usufruire di un bonus volumetrico del 20%, che comunque non può eccedere i 70 metri quadri; 2) demolizione e ricostruzione degli edifici residenziali, attuabile con un ampliamento volumetrico fino al 35%; 3) ampliamento degli edifici a destinazione produttiva, con un premio del 25% che comunque non può eccedere i 500 metri quadri; 4) demolizione e ricostruzione degli edifici non residenziali, con un bonus del 35%; 5) riqualificazione delle aree urbane degradate, attraverso la sostituzione edilizia degli edifici residenziali pubblici, anche in variante agli strumenti urbanistici, con aumento di cubatura entro il 50% della volumetria esistente.

La succitata disciplina normativa, dunque, riconosce degli aumenti di volumetria "eccezionali" per la realizzazione di interventi edilizi.

Occorre verificare se, a seguito dell'accertamento di un abuso edilizio e, pertanto, dopo aver ricevuto un'ordinanza di demolizione delle opere realizzate abusivamente, sussiste la possibilità di ottenere l'accertamento di conformità in sanatoria, sfruttando la normativa di favore contenuta nelle legislazioni regionali di attuazione del c.d. piano casa.

La giurisprudenza sul piano casa

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La questione è stata affrontata dalla giurisprudenza, costituzionale e amministrativa.

La giurisprudenza costituzionale

La Consulta, con la sentenza n. 107, deposita in data 11.05.2017 e pubblicata in G. U. il 17.05.2017, si è pronunziata sulla possibilità di sanare gli abusi compiuti dopo l'entrata in vigore del piano casa e che sarebbero conformi allo stesso.

In particolare, la prefata statuizione ha avuto ad oggetto lo scrutinio di legittimità di una disposizione normativa del c.d. "piano casa" della Campania e, segnatamente, l'art. 12, co. IV-bis, della legge regionale campana n. 19 del 2009, dichiarandola parzialmente illegittima limitatamente nella parte in cui prevedeva la possibilità di sanare gli abusi edilizi precedenti all'entrata in vigore del Legge sul c.d. piano casa.

Con la pronuncia in discorso, dunque, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo l'accertamento di conformità in sanatoria con i parametri prescritti dalle Legge sul piano casa, a condizione che l'intervento da sanare sia stato realizzato nel periodo temporale di vigenza della normativa di favore.

La giurisprudenza amministrativa

Più nel dettaglio, il T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III., con la sentenza n. 1949/2012, ha statuito che, dal combinato disposto della Legge sul piano casa e dell'art. 36 del d.P.R. n 380/2001, applicabile al caso in esame, emerge chiaramente che:

"1. la disciplina regionale sul c.d. "Piano casa" consente un ampliamento degli edifici residenziali esistenti nei limiti del 20% della volumetria complessiva e, comunque, non oltre i mc. 200 (art. 3), anche in deroga alle previsioni quantitative della strumentazione urbanistica locale (art. 1, comma 2);

2. i "volumi legittimamente realizzati" costituiscono solo la base del calcolo del volume complessivo del fabbricato preesistente (che, dunque, può essere anche solo parzialmente abusivo e, per tale parte, non computabile) su cui commisurare l'ampliamento consentito del 20%, per il quale, nel caso specifico, è, appunto, chiesta la sanatoria;

3. tale disciplina si applica a tutti gli interventi eseguiti sotto la sua vigenza, con esclusione solo di quelli precedentemente realizzati".

Pertanto, il Giudice amministrativo pugliese ha evidenziato che: "in virtù del citato art. 36, T.U. edilizia - che richiede, per la sanatoria, la doppia conformità alla disciplina sostanziale di riferimento - l'abuso in oggetto, meramente formale, risulta sanabile in quanto conforme alla disciplina edilizia vigente sia al momento della sua esecuzione che al momento della presentazione dell'istanza. Trova, infatti, applicazione, in entrambi i momenti storici, la legge regionale che consente un ampliamento pari al 20% del volume legittimo preesistente, nei cui limiti si pone, secondo assunto non contestato, l'intervento aggiuntivo "de quo".

Anche il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5274/2018, riprendendo i principi espressi dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 107/2017, ha evidenziato che l'unico presupposto per il ricorso all'art. 36 del d.P.R. cit. riguarda la c.d. doppia conformità.

Secondo i Giudici di Palazzo Spada, per ottenere la sanatoria edilizia, esiste la sola procedura di accertamento di conformità, la quale è condizionata al duplice rispetto di conformità alla disciplina edilizia e urbanistica vigente, sia al momento della presentazione dell'istanza, sia al momento dell'esecuzione dell'opera.

Gli unici elementi indispensabili per l'accertamento di conformità riguardano la vigenza della disciplina del Piano Casa, tanto al momento dell'abuso, quanto al momento dell'istanza di sanatoria, atteso che solo gli abusi e le difformità compiuti prima dell'entrata in vigore del Piano Casa regionale non risultano sanabili.

Un ulteriore limite all'applicazione del piano casa è contenuto nell'intesa Stato-Regioni-Enti Locali del 1° aprile 2009, secondo cui gli interventi edilizi disciplinati dalle norme regionali sul piano casa "non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta".

Con tale previsione, tuttavia, si è inteso escludere l'applicabilità delle norme di favore contenute nel piano casa nei confronti di edifici abusivi tout court e non certo riguardo ad interventi abusivi su edifici regolarmente costruiti.


Avv. Claudio Roseto

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