Data: 27/09/2019 15:00:00 - Autore: Redazione

di Redazione – Quando si prescrive il contributo di mobilità? È l'Inps a fornire precisazioni sulla decorrenza del termine di prescrizione, in seguito all'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione.

L'indennità di mobilità

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Con la circolare n. 124/2019 (sotto allegata), l'Istituto ricorda innanzitutto che la legge 92/2012 (e successive modifiche) ha abrogato dall'1 gennaio 2017 il trattamento di indennità di mobilità ordinaria e la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità. A decorrere dalla stessa data sono state altresì espressamente abrogate le disposizioni che prevedevano incentivi per l'assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità.

In conseguenza dell'abrogazione dei trattamenti sopra richiamati è cessato, dal 1° gennaio 2017, l'obbligo di versamento del contributo ordinario di mobilità (pari allo 0,30% della retribuzione imponibile) e del contributo d'ingresso alla mobilità.

Rimane fermo, tuttavia, spiega l'Inps, "che le aziende che abbiano avviato una procedura di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/91 ed abbiano effettuato licenziamenti entro il 30 dicembre 2016 sono comunque soggette al versamento sia dell'anticipazione che del contributo d'ingresso alla mobilità".

Le somme dovute

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Ex art. 5, comma 4, della legge 23 luglio 1991, n. 223, "per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale".

Sul punto, è intervenuta la Cassazione in tre recenti sentenze, statuendo sulla prescrizione del suddetto contributo (Cass. n. 30699/2017, n. 672/2018 e n. 28605/2018).

La S.C. ha ritenuto che gli oneri previsti dalla disposizione sopracitata "hanno natura contributiva, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione di cui all'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335".

Prescrizione contributo: il dies a quo

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Pertanto, alla luce di tale indirizzo, l'Inps, con la circolare allegata, fornisce alcune precisazioni in merito all'esatta individuazione del dies a quo dal quale decorre il termine di prescrizione.

Tale termine di prescrizione, afferma l'istituto, "decorre dalla data di scadenza del versamento del contributo dovuto". Nel caso di pagamento rateale, considerato che l'obbligo contributivo per il datore di lavoro costituisce un'obbligazione unica, essendo la divisione in rate solo una modalità per agevolarne l'adempimento, "la prescrizione decorre dalla scadenza dell'ultima rata, considerato che prima di tale scadenza l'Istituto non può legittimamente pretendere il pagamento né attivare il recupero coattivo del credito tramite l'Agente della Riscossione".

Infine, precisa l'Inps, "nel caso in cui il debitore abbia dolosamente occultato l'esistenza del debito, la decorrenza del termine di prescrizione è sospesa, ai sensi dell'articolo 2941 del codice civile, finché il dolo non sia stato scoperto".


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