Data: 01/10/2019 05:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - La prima moglie ha diritto alla reversibilità anche se la sentenza che le riconosce l'assegno divorzile giunge dopo il decesso dell'ex e non è ancora passata in giudicato.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 24041/2019 (sotto allegata) pronunciandosi sulla vicenda di una divorziata che aveva richiesto una quota della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto dell'ex che, dopo lo scioglimento del matrimonio si era risposato.

Il caso

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La donna aveva chiesto l'assegno divorzile sin dall'introduzione del giudizio e, in sede presidenziale, a suo favore era stato fissato un assegno di mantenimento. La sentenza non definitiva di divorzio era stata
pronunciata ben prima del decesso dell'ex marito, e il giudizio era proseguito per le determinazione economiche. La peculiarità del caso è che, tuttavia, la pronuncia che le riconosce l'assegno divorzile giunge solo dopo la morte dell'uomo.

La questione è dunque se il provvedimento che riconosce la titolarità dell'assegno divorzile debba essere precedente alla morte del coniuge o se, invece, è sufficiente che sussista al momento in cui il coniuge divorziato proponga domanda di attribuzione di una quota della pensione di reversibilità. Nell'appoggiare questa seconda conclusione, il giudice d'Appello riconosce alla ex il 35% del totale e il restante alla nuova moglie in quanto coniuge superstite.

In pratica, secondo il giudice a quo, il decesso dell'uomo avvenuto anteriormente alla sentenza che le riconosceva l'assegno divorzile non ostava all'attribuzione di una quota della pensione di reversibilità perché il riconoscimento giudiziale dell'assegno di mantenimento si pone come presupposto della prosecuzione del sostegno economico a favore del coniuge debole.

Reversibilità alla prima moglie se assegno riconosciuto dopo

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In Cassazione, la decisione è contestata dalla nuova moglie secondo cui l'altra donna alla data del decesso del marito non era titolare dell'assegno divorzile e nulla le sarebbe dunque spettato. Per gli Ermellini, tuttavia, nel caso di specie assume rilievo il riconoscimento in concreto e non in astratto del diritto all'assegno per effetto di una pronuncia giurisdizionale, che, nel caso di specie è intervenuta.
In pratica, pur non costituendo titolo attivabile nei confronti di colui che era stato indicato come destinatario, il provvedimento vale a consolidare il presupposto della prestazione previdenziale, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, neppure deve essere assistito dall'autorità del giudicato (Cass. n. 4107/2018). Il ricorso viene dunque respinto.

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