Data: 04/10/2019 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22184/2019 (sotto allegata) torna a occuparsi del problema della privacy dei condomini. Il caso riguarda un amministratore di condominio condannato a risarcire i danni al proprio condomino (una società di diagnostica), perché ha acconsentito all'invio, da parte del suo avvocato, di missive a personalità politiche locali, mettendole al corrente del fatto che la condomina non era fedele al pagamento dei propri debiti pecuniari. Le missive, inviate al di fuori di una controversia giudiziale sono state giudicate lesive della privacy della società di diagnostica, la quale non ha lamentato un danno patrimoniale, quanto piuttosto la lesione alla propria reputazione.

La vicenda processuale

Una società di diagnostica conviene in giudizio E.D e G.L chiedendo la condanna al risarcimento del danno. I convenuti, costituitisi in giudizio, propongono domanda riconvenzionale di risarcimento del danno. G.L chiama in causa una compagnia assicurativa sulla base di polizza stipulata nella qualità di amministratore di condominio. Il Tribunale però rigetta entrambe le domande.

Contro la sentenza fanno appello le originarie parti attrice e incidentale condizionato all'accoglimento dell'appello principale, la società assicuratrice. Il giudice di seconda istanza accoglie l'appello, condannando il D. a pagare 20.000,00 euro e L. a pagare 4.000,00 euro, oltre interessi dalla sentenza. La Corte osserva che "diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non operava l'esimente di cui all'art. 598 cod. pen. perché le lettere inviate dall'avv. D. non si inserivano in alcuna controversia giudiziale né erano espressione di scritti difensivi, ma costituivano iniziative epistolari del tutto extragiudiziali (né giustificava l'applicazione dell'esimente il riferimento in alcune lettere a vicende giudiziali già intercorse) e che, fra le lettere allegate, per talune lettere emergeva il carattere diffamatorio (…)" tanto più che la missiva era indirizzata a soggetti, quali il Sindaco di Genova ed il Presidente della Regione Liguria, che nulla avevano a che fare con le questioni condominiali oggetto di doglianza.

In una lettera in particolare personalità pubbliche sono state messe al corrente del fatto che la conduttrice, ossia la società di diagnostica "adducendo giustificazioni pretestuose, quest'anno non ha versato neppure un centesimo di spese condominiali, aggiunta che, quand'anche vera, integrava diffamazione lesiva della privacy perché non costituente atto difensivo nell'ambito di controversia e volta esclusivamente a mettere in cattiva luce la società dipingendola come una soggetto, oltre che avente a carico indagini penali, inadempiente alle obbligazioni pecuniarie."

Responsabile anche l'amministratore L., che indubbiamente ha condiviso le iniziative epistolari del proprio avvocato. La Corte osserva infine come il danno lamentato dal condomino non si è tradotto in una perdita economica, quanto piuttosto in un detrimento morale, rientrante quindi "nella sfera non patrimoniale della reputazione, derivante dalla campagna denigratoria per una società come l'appellante in affari con enti pubblici del capoluogo ligure per l'allocazione di strutture sanitarie", sicché ricorreva una ipotesi di danno in re ipsa." Ricorrono in Cassazione i soccombenti E.D e G.L.

Commette reato l'amministratore che rivela la morosità del condomino

La Cassazione con ordinanza n. 22184/2019 dichiara inammissibile il ricorso per le seguenti ragioni. Assolutamente insussistente l'"esistenza delle scriminanti del diritto di libera espressione del pensiero e quella del diritto di esercizio della difesa" addotte dai ricorrenti. Nessuna manifestazione di pensiero è stata accertata, ma solo lettere contenenti diffide stragiudiziali o denunce di circostanze di fatto. La scriminante di cui all'art 598 c.p inoltre non è applicabile perché gli scritti non si riferivano a una controversia giudiziale o amministrativa. Inammissibile anche la tesi del ricorrente che esclude la condotta dolosa dell'amministratore, stante l'accettazione del contenuto delle missive indirizzate dal proprio legale.

Con questa ordinanza la Cassazione tutela il diritto alla privacy dei condomini contro la diffusione di notizie riguardanti questioni puramente condominiali, come i casi, purtroppo frequenti di problemi a far fronte al pagamento delle spese. Chi non vede rispettato il proprio diritto alla riservatezza può quindi avanzare denuncia nei confronti dell'amministratore condominiale "chiacchierone" e pretendere i danni per la lesione della propria immagine e reputazione.


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