Data: 04/10/2019 20:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Consulta, con la sentenza n. 217/2019 (sotto allegata) fornisce un importante chiarimento sull'istituto della prenotazione a debito, chiarendo che la disposizione che lo prevede, ossia l'art. 131 comma 3 del DPR n. 115/2002, è viziata dal punto di vista della ragionevolezza perché costringe consulenti, notai e custodi a intimare il pagamento dei propri compensi e a prenotare a debito il relativo importo. Tale meccanismo, come precisa la Corte, risulta del tutto incoerente rispetto al principio che regge l'impianto normativo del gratuito patrocinio secondo cui spetta allo Stato l'onere di pagare le relative spese.

La vicenda processuale

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Il Tribunale ordinario di Roma solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 131 comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia". Il Giudice lamenta in particolare la violazione degli gli artt. 1, 3, 4, 24, 35, primo comma, e 36 della Costituzione. Il remittente riferisce che nel corso di un procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, disciplinato dall'art. 696-bis del codice di procedura civile, è stato conferito incarico a dei consulenti tecnici.

Nel corso della procedura è emerso che la parte (coniuge del soggetto ammesso al gratuito patrocinio) non poteva sostenere i costi di dette consulenze. Motivo per il quale doveva applicarsi l'art. 131 comma 3 del DPR 115/2002 il quale stabilisce "che gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non è possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione."

Questa regola però, secondo il remittente, è assolutamente irragionevole visto che, stando alla norma notai, consulenti, periti e custodi sarebbero costretti a lavorate gratuitamente ogni volta in cui una parte è stata ammessa al gratuito patrocinio e non vi sono altri soggetti a chiedere il pagamento del proprio compenso.

Nel caso di specie poi è evidente che non si potrebbe procedere ad alcun pagamento delle spese spettanti ai consulenti, per il fatto che il procedimento di cui all'art 696 bis c.p.c non è destinato a concludersi con una pronuncia sulle spese, per cui anche se si desse corso alla richiesta di pagamento con tanto di decreto di liquidazione successivo alla prenotazione a debito, nessun pagamento verrebbe disposto dal Ministero.

Consapevole dei chiarimenti già presenti in materia grazie al ministero di Giustizia e a precedenti sentenze della Corte Costituzionale, il remittente mette in evidenza infine il diverso trattamento previsto per il consulente tecnico nel giudizio penale, a cui vengono anticipati i compensi, rispetto a quello civile, in cui questo non accade.

Gratuito patrocinio: spetta all'Erario anticipare gli onorari

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La Consulta, dopo aver ripercorso la normativa e la giurisprudenza relativa all'istituto del gratuito patrocinio e della prenotazione a debito dichiara fondata la questione di illegittimità costituzionale sollevata dal Tribunale remittente perché l'art 131 comma 3 del TU sulle spese di giustizia risulta irragionevole ai sensi dell'art. 3 della Costituzione.

Come precisa la Consulta la decisione si inserisce nel solco di quella giurisprudenza che ha dichiarato il tramonto dell'istituto del gratuito patrocinio, sostituito dal principio del patrocinio a carico dell'Erario, la cui finalità è di "assicurare la tutela dell'indigente con carico all'erario in tutti i casi in cui particolari categorie professionali espletano attività di assistenza nei confronti dell'indigente medesimo. Ciò esclude che per alcune fattispecie vi possano essere deroghe ispirate alla superata logica del gratuito patrocinio."

La prenotazione a debito

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"Non può essere invece condiviso il sopra richiamato assunto di tale giurisprudenza secondo cui la locuzione «prenotazione a debito» possa essere letta come anticipazione degli onorari a carico dello Stato, a ciò ostando l'insormontabile ostacolo della testuale definizione legislativa della prenotazione a debito, secondo cui detta prenotazione si risolve in una annotazione a futura memoria ai fini dell'eventuale successivo recupero. La disposizione censurata, come correttamente interpretata dal ricorrente, risulta però viziata sotto il profilo della ragionevolezza proprio perché, in luogo dell'anticipazione da parte dell'erario, prevede, a carico dei soggetti che hanno prestato l'attività di assistenza, l'onere della previa intimazione di pagamento e l'eventuale successiva prenotazione a debito del relativo importo («se non è possibile la ripetizione»). Infatti, tale meccanismo procedimentale, unitamente all'applicazione dell'istituto della prenotazione a debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo sistema normativo incentrato sulla regola dell'assunzione, a carico dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente."

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