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Data: 11/10/2019 10:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Stante il principio della libera determinazione del canone locativo per gli immobili a uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola che prevede il canone in misura differenziata e crescente nel tempo, durante il rapporto (c.d. canone a scaletta). Si incorre in nullità della pattuizione solo qualora, dal contratto o da elementi extra testuali, risulti che le parti volessero solo neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria in violazione dei limiti quantitativi posti dall'art. 32 della legge n. 392/1978. Sono alcuni dei principi espressi dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 23986/2019 (sotto allegata).
Il caso[Torna su] Gli Ermellini si sono pronunciati nella vicenda relativa a un contratto di locazione di locale a uso commerciale. Il conduttore, a cui era stato intimato lo sfratto per morosità, si era opposto evidenziando, tra l'altro, una presunta nullità, ex art. 79 legge n. 392/1978, della determinazione del canone in misura crescente nel tempo, per violazione dell'art. 32 della stessa legge. Doglianza riproposta anche innanzi ai giudici di legittimità che colgono l'occasione per offrire una più aggiornata pronuncia in materia di canone c.d. "a scaletta" per gli immobili destinati a uso non abitativo. Si tratta di quel canone concordato in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto. Gli Ermellini rilevano come la materia abbia trovato confronto in numerosi precedenti, anche recenti, della medesima Corte di legittimità. Ciononostante, ad essere valorizzata nella pronuncia in esame è la sentenza n. 22909/2016 che, secondo il Collegio, ha offerto la più corretta e coerente lettura del testo legislativo oggetto d'esame. Immobili a uso non abitativo: legittimo il canone a scaletta[Torna su] I giudici di Piazza Cavour precisano che, alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati a uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola in cui venga pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto. A tal fine, soggiunge la sentenza, deve escludersi la necessità di dimostrare, con rilievo condizionante, il collegamento del previsto aumento nel tempo del canone a elementi oggettivi e predeterminati, diversi dalla svalutazione monetaria, idonei a incidere sul sinallagma contrattuale. L'ancoramento a tali elementi costituisce infatti solo una delle possibili modalità attraverso cui può operarsi detta predeterminazione del canone "a scaletta", in alternativa alla quale questa può altrettanto legittimamente operarsi sia mediante la previsione del pagamento di rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna frazione di tempo; sia mediante il frazionamento dell'intera durata del contratto in periodi temporali più brevi a ciascuno dei quali corrisponda un canone passibile di maggiorazione. Canone a scaletta: quando la clausola è nulla[Torna su] Di conseguenza, deve escludersi la legittimità della clausola che prevede il canone a scaletta qualora risulti, dal testo del contratto o da elementi extratestuali (della cui allegazione è onerata la parte che invoca la nullità della clausola), che le parti abbiano in realtà perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dall'art. 32 della legge n. 392 del 1978 (nella formulazione originaria e in quella novellata dall'art. 1, comma 9-sexies, D.L. 12/1985, conv. con modif. dalla L. n. 118/1985). In tal caso, si incorre nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79, primo comma, della stessa legge. Nel caso di specie, avendo la Corte territoriale testualmente escluso l'esistenza di una volontà delle parti mirata a eludere i limiti normativamente imposti dall'art. 32 della legge n. 392/78, dev'essere altresì escluso il ricorso di alcuna violazione o falsa applicazione di norme di diritto da parte della stessa.
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