Data: 11/10/2019 05:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 25027/2019 (sotto allegata) la Cassazione rigetta il ricorso avanzato dalle parti civili avverso la pronuncia del giudice d'Appello che ha negato la responsabilità del conducente nella causazione del sinistro in cui è rimasta vittima la congiunta. La condotta imprudente e imprevedibile del pedone è infatti l'unica causa del sinistro considerato che la stessa ha attraversato di notte su una strada a scorrimento veloce e in un luogo in cui l'attraversamento pedonale era vietato.

La vicenda processuale

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Il giudice di primo grado rigetta la domanda avanzata in proprio e nella qualità di eredi della defunta delle parti civili avverso il conducente e la compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti a seguito della morte della loro congiunta investita mentre attraversava la strada. Per il tribunale la condotta anomala e imprevedibile del pedone, che ha attraversato una strada extraurbana in un tratto vietato dalla presenza al centro della carreggiata di uno spartitraffico, supera la presunzione di responsabilità del conducente prevista dall'art 2054 c.c. che si è trovato nella oggettiva impossibilità di avvistare la donna e di osservarne tempestivamente i movimenti.

La Corte d'Appello rigetta l'appello delle parti civili soccombenti, ribadendo che nessuna responsabilità può essere ascritta al conducente del veicolo, in quanto la condotta anomala del pedone è stata l'unica causa dell'evento. Nel corso del giudizio di primo grado e anche in sede penale è emerso che non è stato dimostrato in alcun modo che il conducente fosse disattento mentre si trovava alla guida. La causa del sinistro è quindi da ricondurre solo al comportamento anomalo, imprevedibile e imprudente della pedone, poiché ha attraversato "una strada a scorrimento veloce in ora notturna ove era vietato l'attraversamento pedonale, senza usare la massima prudenza e senza dare la precedenza al veicolo che sopraggiungeva … nello specifico, infatti, la delimitazione delle due carreggiate della strada a scorrimento veloce, realizzata attraverso uno spartitraffico con siepe anabbagliante, indicava inequivocabilmente l'invalicabilità di tale barriera da parte dei pedoni." Il pedone invece, come emerso dalle testimonianze, appena scesa da un pulmino, volendo raggiungere il datore di lavoro dall'altra parte della strada, ormai arrivata allo spartitraffico si fermava, voltandosi indietro e proprio in quell'istante veniva investita. Il Ctu ha rilevato come la velocità del conducente, di poco superiore a quella consentita, non avrebbe comunque evitato lo scontro. Ricorrono in Cassazione le parti civili, resiste con contro-ricorso la compagnia assicurativa.

Il ricorso delle parti civili

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Nel ricorrere in Cassazione, le parti civili lamentano principalmente come la Corte d'Appello:

  • abbia ritenuto erroneamente che "l'attraversamento si fosse verificato su strada ove lo stesso era assolutamente vietato per la presenza di una barriera antitraffico, quando invece si trattava di "strada a scorrimento veloce" (come qualificata dalla stessa Corte), sulla quale non vi era un generale divieto di attraversamento.";
  • non abbia esaminato la dinamica dell'attraversamento nelle sue diverse fasi, così come non ha considerato "il superamento dei limiti di velocità e l'ingiustificata (essendo libera la corsia di dx) circolazione del veicolo investitore sulla corsia di sorpasso";
  • abbia altresì "erroneamente presupposto che il pedone avesse attraversato senza prestare la dovuta attenzione e senza dare la precedenza al sopraggiungente veicolo e non abbia considerato che l'attraversamento pedonale era posto ad oltre cento metri di distanza e che l'immissione sulla carreggiata era iniziata da parte del pedone con la dovuta cautela e l'investimento era avvenuto quando l'attraversamento era già quasi concluso";
  • non abbia richiamato la relazione del consulente del Pm secondo la quale, se il conducente avesse tenuto una velocità di 55 km orari il sinistro non si sarebbe verificato;
  • abbia ritenuto il sinistro imputabile esclusivamente alla condotta del pedone, senza considerare che la visibilità di eventuali ostacoli sulla carreggiata rientra nel concetto di prevedibilità dell'evento.

Responsabile il pedone investito che attraversa di corsa

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La Cassazione, con la sentenza n. 25027/2019 rigetta il ricorso e respinge diversi motivi dell'atto perché tesi a ottenere una diversa ricostruzione dei fatti, impossibile in sede di legittimità. Corretto per gli Ermellini il percorso logico giuridico e le motivazioni della Corte D'Appello che nella sentenza ha fatto corretta applicazione del seguente principio giuridico: "in materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest'ultimo, alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l'automobilista si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti; in particolare è stato osservato che "la prova liberatoria di cui all'art. 2054 cod. civ., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall'accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza. Pertanto il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell'art. 2054 cod. civ., dimostri che l'improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l'evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un'idonea manovra di emergenza" (Cass. 14064/2010); v. anche Cass. 4551/2017."

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