Data: 08/12/2022 09:00:00 - Autore: Lucia Izzo

Cos'è l'ergastolo ostativo

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Quando si parla di ergastolo ostativo si fa riferimento alla disciplina di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, elaborata nei primi anni '90 nel contesto di quella "legislazione d'emergenza" che ha rappresentato la risposta dell'ordinamento alle stragi di mafia che hanno insanguinato il paese in quegli anni. All'epoca, l'obiettivo principale era quello di realizzare misure forti per contrastare le grandi organizzazioni criminali.
Alla riforma che ha introdotto per la prima volta il 4-bis O.P. (contenuta nel D.L. n. 152/1991) ha lavorato personalmente lo stesso Giovanni Falcone quando rivestiva il ruolo di Direttore generale degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia.

Differenza tra ergastolo e ergastolo ostativo

Il nostro ordinamento consente agli ergastolani, in presenza di determinate condizioni, di poter godere di una serie di benefici penitenziari, come ad esempio il lavoro all'esterno, i permessi premio, le misure alternative alla detenzione e la liberazione condizionale.

Ebbene, la disciplina di cui all'art 4-bis "osta" alla concessione di tali benefici penitenziari per i condannati a tutta una serie di delitti particolarmente gravi.

Oltre a quelli riconducibili all'associazionismo mafioso e alla criminalità organizzata, la lista menziona anche i reati di pedopornografia, prostituzione minorile, tratta di persone, riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, terrorismo, violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona a scopo di estorsione e alcuni reati in materia di droga e traffico di migranti.

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Art. 4-bis dell'Ordinamento penitenziario

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In pratica, la norma prevede una serie di limitazioni nella concessione dei benefici nei confronti di coloro che stanno scontando la pena per i reati suddetti, connotati da una peculiare pericolosità sociale.

A tali detenuti e internati i benefici predetti non sono vietati in modo assoluto, ma, a differenza del condannato all'ergastolo ordinario, sono subordinati alla "collaborazione" con la giustizia ex art. 58-ter dell'ordinamento penitenziario. A tale regola generale fanno eccezione le due ipotesi della collaborazione impossibile o irrilevante.

In pratica, qualora la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante oppure l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile, renda comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, i benefici potranno essere concessi purché siano stati "acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva".

Le forti limitazioni previste dall'art. 4-bis o.p. nei confronti di questa tipologia di detenuti hanno contribuito a far emergere l'espressione "fine pena mai" in quanto, sostanzialmente, l'ergastolo ostativo può coincidere con l'intera vita del condannato divenendo di fatto una vera e propria pena perpetua.

Dal tenore della disposizione, infatti, appare evidente come a tali detenuti sia precluso l'accesso al lavoro all'esterno, ai permessi premio, alle misure alternative alla detenzione e alla liberazione condizionale a meno che gli stessi non decidano di collaborare.

Dalla mancata collaborazione con la giustizia, in sostanza, emerge una sorta di presunzione assoluta di persistenza della pericolosità sociale del condannato e di permanenza dei legami con l'organizzazione criminale.

Cosa hanno detto la Cedu e la Consulta sull'ergastolo ostativo

Negli anni, la disciplina dell'ergastolo ostativo non ha mancato di sollevare dubbi di costituzionalità, anche a seguito dell'ampliamento del catalogo dei reati ricompresi nell'art. 4-bis o.p. che non ha più avuto come obiettivo la sola criminalità organizzata.

In particolare, le voci dissonanti nei confronti della disciplina hanno sottolineato il suo contrasto con l'art. 27 della Carta Costituzionale, norma quest'ultima che sottolinea la funzione rieducativa della pena.

L'ergastolo ostativo è stato anche ritenuto da molti in contrasto con il principio di uguaglianza, in quanto discriminerebbe i condannati che scelgono di non collaborare per altre ragioni, facendo invece scattare l'automatismo della presunzione di pericolosità e del collegamento con la criminalità.

Nel dibattito in materia di ergastolo ostativo si è inserita la pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2019.

La Corte di Strasburgo ha di fatto condannato la disciplina dell'ergastolo ostativo in Italia, ritenuta lesiva dell'art. 3 CEDU e ritenendo la misura trattamento inumano e lesivo della dignità umana.

In particolare, la Corte ha condannato il differente trattamento riservato a coloro che non collaborano con la giustizia, nonché quell'automatismo che ricollega alla non collaborazione la presunzione di continua adesione ai valori criminali, il permanere della pericolosità sociale oppure un legame ancora in corso con l'organizzazione criminale.

Per la CEDU, considerando la collaborazione con le autorità come la sola dimostrazione possibile della "dissociazione" del condannato e del suo cambiamento, non si è tenuto conto degli altri elementi che permettono di valutare i progressi compiuti dal detenuto, potendosi tale "dissociazione" esprimersi in modo diverso dalla collaborazione con la giustizia.

Leggi anche Ergastolo ostativo: la Cedu boccia legge italiana

La sentenza della CEDU è stata seguita da una nuova fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale: la sentenza numero 253 del 23 ottobre 2019, che ha dichiarato illegittima la presunta pericolosità sociale del condannato fondata sul rifiuto di collaborazione, in quanto irragionevole e in contrasto con l'articolo 27, comma 3, della Costituzione.

Leggi: Ergastolo ostativo: bocciato dalla Consulta

Sempre la Consulta, con l'ordinanza n. 97/2021, ha infine confermato il proprio orientamento sull'illegittimità dell'ergastolo ostativo, sollecitando il legislatore ad intervenire (v. Ergastolo ostativo: la decisione della Corte Costituzionale).

Riforma ergastolo ostativo

L'invito della Consulta al legislatore è stato accolto immediatamente con la predisposizione del Testo unificato approvato dalla Camera il 31 marzo 2022, che è poi confluito nel decreto legge n. 162/2022 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di pari data.

La riforma a cui si sta lavorando prevede alcune importanti novità:

  • il superamento della presunzione assoluta in base alla quale la commissione di determinati reati è sinonimo di appartenenza alla criminalità organizzata o collegamento con la stessa e quindi indice di pericolosità sociale tale da rendere incompatibile la concessione dei benefici. I benefici potranno essere concessi infatti, anche se il detenuto non collabora, se la sua collaborazione è impossibile o inesigibile perché dimostra di avere adempiuto agli obblighi risarcitori o di riparazione pecuniaria (o prova che tale adempimento è impossibile) e se allega elementi specifici che portano ad escludere l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, con il contesto del reato e il suo ripristino futuro;
  • il giudice dovrà valutare tutta una serie di elementi prima di concedere i benefici all'istante come la condotta, la partecipazione al percorso di rieducazione, la dissociazione dall'organizzazione di appartenenza, le iniziative intraprese dai soggetti nei confronti delle vittime nelle forme risarcitorie e riparative;
  • la concessione dei benefici per gli ergastolani non collaborativi potrà essere concessa dopo 30 anni di pena per i reati ostativi e dopo 26 anni per i reati non ostativi.


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