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Data: 17/10/2019 08:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Spetta al giudice di merito stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita del genitore, sempre nel rispetto del fondamentale criterio dell'intesse esclusivo del minore. La regola dell'affidamento condiviso del figlio a entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato prevalentemente presso uno dei due e sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro genitore. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell'ordinanza n. 24937/2019 (sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un padre che si era visto rigettare dalla Corte d'Appello rigettato l'istanza volta all'ampliamento del diritto di visita nei confronti del figlio minore. Il caso[Torna su] Per il giudice di merito, tuttavia, il regime proposto dal padre sarebbe stato estremamente articolato e frammentario, disfunzionale rispetto alla esigenze di stabilità e serenità che devono connotare la quotidianità del minore. In Cassazione, il padre sottolinea come, nonostante l'affido condiviso, la contrazione del periodo di visita del padre abbia mascherato un affido esclusivo di fatto, potendo il padre trascorrere con il minore solo quattro giorni al mese e due pomeriggi con pernottamento. Affido condiviso e diritto di visita[Torna su] Secondo la Cassazione, invece, la regola dell'affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l'altro genitore (cfr. Cass. n. 22219/2018). Inoltre, precisano gli Ermellini, attiene al potere del giudice di merito stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita, che non sono sindacabili nelle loro specifiche articolazioni nel giudizio di legittimità, ove è invece possibile sollevare censure solo se il giudice di merito si sia ispirato, nel disciplinare le frequentazioni del genitore non convivente con il minore, a criteri diversi da quello dell'esclusivo interesse del minore. La decisione[Torna su] Nel caso di specie, invece, il decreto impugnato ha evidenziato che l'ampliamento dell'esercizio del diritto di visita proposto dal padre avrebbe dato luogo a un regime estremamente articolato e frammentato, non funzionale alle esigenze di stabilità e serenità che devono necessariamente connotare la quotidianità del minore, argomentazione che soddisfa "il minimo costituzionale" richiesto dalla giurisprudenza consolidata di Cassazione secondo i principi della sentenza del Supremo Collegio n. 8053/2014, e che si fonda sull'esame delle dinamiche familiari anche alla luce delle risultanze della CTU. Trattandosi di accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, il ricorso va rigettato.
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