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Data: 02/11/2019 11:30:00 - Autore: Valeria Zeppilli di Valeria Zeppilli – Le strutture sanitarie che abbiano risarcito per intero un danno cagionato da ipotesi di responsabilità medica ai propri pazienti hanno il diritto di rivalsa nei confronti dei sanitari direttamente coinvolti nei fatti oggetto di malpractice. Tale diritto di rivalsa, oltre a essere subordinato a specifiche condizioni, negli ultimi anni è oggetto di un'intensa attività giurisprudenziale tesa a limitarlo sempre più, contenendo l'ammontare delle somme che è possibile recuperare dai medici. La rivalsa: fondamento legislativo[Torna su]
Alla base del diritto di rivalsa delle strutture sanitarie vi sono le norme del codice civile. È infatti in forza degli articoli 1229 e 2049 c.c. che le strutture sono chiamate a rispondere dei danni cagionati a terzi dai propri dipendenti ed è ai sensi dell'articolo 2055 c.c. che possono poi rivalersi nei confronti dei medici che hanno causato materialmente il danno. Distinti profili di colpa[Torna su]
Tuttavia, le strutture sanitarie hanno spesso dei profili di colpa loro propri che si uniscono a quelli dei sanitari e che, quindi, le rendono anche direttamente responsabili del danno risarcito. In questo caso, la loro rivalsa non potrà essere totale. Del resto, come ricordato dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 16488/2019, l'accertamento dell'inadempimento del sanitario non è da solo sufficiente a escludere la responsabilità diretta della struttura. Onere della prova[Torna su]
Di conseguenza, la struttura sanitaria che voglia addebitare un danno all'esclusiva responsabilità del medico, e quindi eventualmente rivalersi per l'intero su di questi, deve dimostrare che il fatto dipenda esclusivamente dalla condotta del sanitario e non sia in alcun modo ricollegabile a proprie carenze tecnico-organizzative. In caso contrario, per la giurisprudenza, la responsabilità si presume del 50% ciascuno (v. Trib. Milano n. 5923/2019 e Cass. n. 24167/2019). |
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