Data: 13/11/2019 22:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Sarà tenuta a risarcire il padre, ma anche il figlio, la madre che ha emarginato l'altro impedendogli di incontrare per diversi anni il bambino. In tal modo, infatti, ha determinato disagi e sofferenze a carico del padre, a causa del distacco fisico ed emotivo dal figlio, ma ha anche privato il bambino dell'apporto del genitore rispetto alla sua crescita, educazione e formazione.

Lo ha deciso il Tribunale di Cosenza, seconda sezione civile, nel decreto n. 549/2019 (sotto allegato) pronunciandosi sul ricorso ex art. 709 ter c.p.c. avanzato da un padre al quale era stato impedito di vedere il figlio.

Il caso

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A seguito della separazione, il piccolo era stato affidato ad entrambi i genitori, seppur con collocamento prevalente presso la madre, ed erano state disciplinate le frequentazioni con il padre. Tuttavia, la donna aveva improvvisamente interrotto gli incontri in virtù del disagio manifestato dal piccolo e sospettando che questi fosse vittima di abusi sessuali e maltrattamenti.

Accuse pesanti che non hanno però trovato alcun riscontro oggettivo. I sospetti di abusi e maltrattamenti si sono rivelati privi di fondamento in esito alle indagini svolte dalla locale Procura della Repubblica in tre distinti procedimenti. Esito negativo hanno avuto anche la perizia medico-legale sul bambino e le intercettazioni ambientali audio-video all'interno dell'abitazione del padre.

E nemmeno la valutazione ispettiva del minore, eseguita in tre giorni diversi presso l'abitazione della madre, al rientro del bambino dagli incontri con il padre, ha evidenziato lesioni a carico dello stesso né lo specialista incaricato aveva rilevato indici di disturbo post-traumatico.

I magistrati rilevano, invece, come, nel corso della sua audizione giudiziale, sia stata riscontrata la scarsa attendibilità del narrato del minore sotto vari profili e, ancora, si pone in evidenzia l'ambiguità comportamentale della madre del piccolo.

Alienazione parentale: il compito dei giudici

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Per i magistrati del Tribunale, il giudizio non rappresenta la sede in cui rileva stabilire la presenza di una vera e propria patologia o disfunzione, inquadrabile o meno come "sindrome da alienazione parentale"; occorre, piuttosto, accertare se il distacco del piccolo dal padre affondi le sue radici in condizionamenti esercitati dal genitore collocatario, ovvero in altri fattori.

Come si legge nel provvedimento, qualora il genitore non affidatario o collocatario, per conseguire la modifica delle modalità di affidamento del figlio minore, denunci l'allontanamento morale e materiale di quest'ultimo, attribuendolo a condotte dell'altro genitore, a suo dire espressive di una Pas (sindrome di alienazione parentale), il giudice di merito, prescindendo dalla validità o invalidità teorica di detta patologia, è tenuto ad accertare, in concreto, la sussistenza di tali condotte.

Tale accertamento avverrà alla stregua dei mezzi di prova propri della materia, quali l'ascolto del minore o le presunzioni, ad esempio desumendo elementi anche dalla eventuale presenza di un legame simbiotico e patologico tra il figlio ed il genitore collocatario.

Il magistrato dovrà dunque motivare adeguatamente circa la richiesta di modifica, tenendo conto che, a tale fine, e a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena, tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali del figlio con l'altro genitore, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa su quest'ultimo (cfr. Cass. 6919/2016).

Allontanamento del figlio dal padre ascrivibile alla madre

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Nel caso di specie, valutata tutta una serie di elementi probatori ed esclusa l'ipotesi di condotte di abuso e/o maltrattamento a opera del padre, il Collegio ritiene che l'allontanamento del bambino dal padre sia ascrivibile alla madre che ha deciso unilateralmente di interrompere qualsiasi rapporto tra i due, nonostante l'esito delle indagini penali, e ha mantenuto ferma tale determinazione anche dopo la terza archiviazione.

In questo periodo, rileva il Tribunale, il bambino è rimasto sotto l'influenza esclusiva della madre (e del relativo ambiente familiare) e il rapporto con la donna presenta profili di disfunzionalità confermati sia dal CTU che dalla responsabile dell'U.O. di Riabilitazione età evolutiva del servizio NPI dell'ASP.

In particolare, il comportamento della donna preclude l'instaurazione di un rapporto "sano" tra padre e figlio, tanto da addivenire alla conclusione che le sue capacità genitoriali sono compromesse, non essendo rispettato il criterio dell'"accesso" all'altro genitore.

Il provvedimento riporta nel dettaglio diversi elementi emblematici della inclinazione della donna alla denigrazione del coniuge ce che conducono a ritenere che il bambino sia vittima di un condizionamento esercitato, più o meno consapevolmente, dalla madre.

Stante la difficile situazione e le carenze di entrambi i genitori, incapaci di gestire il conflitto personale con modalità idonee a preservare l'equilibrio psichico del figlio, i giudici ritengono necessario disporre l'affidamento a terzi, ovvero ai Servizi Sociali, non essendovi figure affettivamente vicine al minore che godano della fiducia di entrambe le parti e che siano in grado di assumere la responsabilità dell'affidamento e di svolgerne i compiti mantenendo una posizione equidistante rispetto ai due genitori

Emarginazione della figura paterna: madre tenuta al risarcimento

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Saranno i servizi sociali a programmare gli incontri del bambino con il padre, a curare la sottoposizione del minore a un percorso psicoterapeutico. Il bambino resta poi collocato presso la madre, unico suo riferimento affettivo sicuro al momento, per evitare il disorientamento del piccolo e un ulteriore aggravamento del suo disturbo emotivo-affettivo.

I magistrati ritengono di dover concedere un risarcimento al ricorrente posto che la madre del bambino ha "gravemente pregiudicato la relazione affettiva padre-figlio, in tal modo ledendo tanto il diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena, quanto il diritto dell'uomo di svolgere il proprio ruolo genitoriale".

Tenuto conto della durata della emarginazione della figura paterna, protrattasi per tre anni, dei presumibili disagi e sofferenze patiti sia dal padre, per il distacco fisico ed emotivo dal figlio, che dal bambino, privato dell'apporto del genitore rispetto alla sua crescita, educazione e formazione, i giudici reputano equo liquidare il pregiudizio in € 5.000,00 all'attualità, comprensivi di interessi, per ciascuno dei soggetti danneggiati.

Infine, la madre viene ammonita ai sensi dell'art. 709 ter c.p.c. ad astenersi dal tenere condotte ostative allo svolgimento degli incontri padre-figlio.

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