Data: 14/11/2019 08:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 29178/2019 della Cassazione (sotto allegata) accoglie il ricorso avanzato dall'Agenzia delle Entrate e ribadisce che, nel momento in cui il soggetto obbligato corrisponde alla ex moglie l'assegno una tantum e non in forma periodica, non può dedurre tale importo dal reddito come previsto dall'art. 10 del d.P.R n. 917/1986. Questo perché, come chiarito anche dalla Corte Costituzionale, l'assegno corrisposto una tantum non è soggetto alla successione delle leggi nel tempo e neppure a variazioni temporali.

La vicenda processuale

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L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza emessa dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia che ha rigettato il suo appello avanzato nei confronti del provvedimento di primo grado della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso di un contribuente contro l'avviso con cui l'Ufficio aveva accertato "ai fini Irpef, per l'anno d'imposta 2001, il maggior reddito imponibile derivante dal recupero a tassazione dell'onere relativo al versamento, una tantum, effettuato dal contribuente alla moglie, di euro 67.000,00, in ottemperanza ad atto di transazione stipulato tra le parti nel corso della loro causa di separazione giudiziale tra coniugi."

Per l'Agenzia, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 917/1986, il predetto componente positivo era indeducibile dal reddito imponibile del contribuente erogante, perché privo del carattere della periodicità e per la mancata previsione del titolo in un provvedimento giudiziario.

Il ricorso del fisco: assegno una tantum non deducibile

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L'Agenzia denuncia l'omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, da identificarsi nella sussistenza di un giudicato interno sulla qualificazione dell'assegno come assistenziale ed alimentare (ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 3 e 5, cod. proc. Civ.) e l'erronea riconducibilità dell'assegno in questione, pagato una tantum all'art.10, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 917 del 1986 il quale dispone che:" 1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: [...] c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria."

L'assegno corrisposto all'ex coniuge una tantum non è deducibile

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La Corte con sentenza n. 29178/2019 accoglie il ricorso dell'Agenzia e dopo essersi pronunciata sulla questione del giudicato relativa alla natura dell'assegno, ritiene pacifico il fatto che "l'assegno de quo è stato corrisposto una tantum, a titolo di liquidazione e capitalizzazione dell'assegno di mantenimento dal medesimo controricorrente alla moglie, a seguito di un accordo raggiunto tra i coniugi nell'ambito della causa di separazione giudiziale."

Sulla questione della deducibilità invece gli Ermellini ribadiscono che l'art. 10, comma 1, lettera g), del d.P.R. n. 597/1973 e l'art. 10, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 917/1986 limitano "la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, solo all'assegno periodico - e non anche a quello corrisposto in unica soluzione - al coniuge" perché, come chiarito dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 383/2001, è discrezionalità del legislatore prevedere discipline distinte per le "due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l'altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta ne' irragionevole, ne' in contrasto con il principio di capacità contributiva."

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