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Data: 27/11/2019 10:30:00 - Autore: Francesco Papa di Francesco Papa - Il 2011 è stata una prima importante tappa: il Continente europeo e nello specifico il Consiglio d'Europa ha assunto la consapevolezza di doversi far carico di una delle tematiche più ignorate nei secoli precedenti, la violenza contro le donne. Troppe erano state le vittime e troppi gli episodi sottovalutati: un silenzio assordante che iniziava a far rumore, un qualcosa che non poteva continuare ad essere celato nei meandri più profondi della coscienza umana. In questo contesto 12 Paesi europei hanno deciso di assumere una posizione netta e recidere ogni legame con quanto era stato fino ad allora ignorato: è stata così sottoscritta la c.d. Convenzione di Istanbul.
Per la prima volta una Convezione ha riconosciuto espressamente la violenza contro le donne come "una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini ed impedito la loro piena emancipazione".
Obiettivi della Convenzione di Istanbul[Torna su]
Gli obiettivi della Convenzione vengono elencati all'art 1:
a) Proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; b) Contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, … rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; c) Predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; d) Promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; e) Sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica.
L'attuazione della convenzione di Istanbul in Italia[Torna su]
La presa di posizione da parte del Consiglio d'Europa è stata espressamente condivisa anche dall'Italia che, con voto parlamentare (28 maggio 2013, Camera dei Deputati e 19 giugno 2013, Senato della Repubblica) ha ratificato la Convenzione. Anche nel nostro Paese, quindi, si è iniziato a respirare aria di riscatto, aria di liberazione, aria di conquista. Quest'aria è diventata effettivamente ossigeno solo il 9 agosto 2019 con l'entrata in vigore, finalmente, della Legge n. 69/2019, c.d. Codice Rosso.
Le novità della Legge Codice Rosso[Torna su]
Il mese di agosto u.s. è stato quindi quello che ha formalmente avviato in Italia la Rivoluzione Copernicana della tutela delle vittime di genere: la popolazione, attraverso i suoi Organi rappresentativi, ha ottenuto una risposta attesa da anni.
Una risposta concretizzatasi sul piano legislativo.
In effetti la Legge c.d. Codice Rosso reagisce culturalmente rispondendo all'esigenza di offrire una corsia preferenziale a chi, per sua natura, è inevitabilmente potenziale bersaglio di efferati eventi criminosi. Lo strumento tecnico che la Legge n. 69/2019 adotta, che consta di ben 21 articoli, non si esaurisce nelle modifiche ai limiti edittali delle pene nella parte sostanziale della materia penale, ma - ed é questa la leva fondamentale offerta dal Legislatore - nel rilevante coordinamento di questo pur significativo elemento con il contesto procedurale. L'elemento strategico del disposto normativo a parere di chi scrive é infatti il valore pregnante attribuito al veicolo della tempestiva e celere comunicazione all'Organo inquirente delle Notitia Criminis correlata ad un episodio di violenza di genere, tempestività e celerità che deve connotare la Comunicazione tra Forze dell'Ordine e Procura della Repubblica. Lo scopo é e deve essere quello di offrire al Pubblico Ministero di turno la possibilità di assumere fin da subito la direzione delle indagini.
L'importanza crescente delle Forze dell'Ordine[Torna su]
Diventa dunque fondamentale e di primaria importanza la velocità e l'immediatezza con cui gli Operatori si interfacciano con la Magistratura. Al riguardo giova rammentare che due sono essenzialmente le modalità attraverso le quali le Forze di Polizia possono venire a conoscenza di un episodio di violenza di genere. Il primo è quello che è definito in regime emergenziale; si tratta di un'emergenza dettata dal fatto che l'operatore, poliziotto o carabiniere, durante l'espletamento di un servizio esterno viene chiamato dalla Centrale Operativa che gli ordina di recarsi presso uno specifico appartamento ove vi è una donna che chiede il suo aiuto. Il secondo è quello che è definito in regime non emergenziale. In questa ipotesi l'operatore assiste la donna che, acquisita la consapevolezza di non poter più fronteggiare una situazione che sta degenerando, trova la forza ed il coraggio di chiedere aiuto ad un Comando di Polizia presente sul territorio. A prescindere se si lavori in regime emergenziale o in regime non emergenziale, quello che è fondamentale sottolineare è la rilevanza del primo approccio dell'operatore: approccio che non si deve basare esclusivamente sull'attenersi ai protocolli standard operativi, ma che deve metter in risalto quella che possiamo definire la componente umana di coloro che intervengono. È una componente basata sulla necessità di instaurare un legame empatico con la vittima finalizzato ad acquisire la sua fiducia: una fiducia essenziale che permette poi alla donna di confidarsi e di farsi aiutare. Ulteriore momento importante che connota la Legge Codice Rosso, quale suo presupposto di incisività, è l'investimento dello Stato nella formazione degli operatori che si trovano a dover fronteggiare situazioni di tale delicatezza. A questo proposito merita specifica menzione l'art. 5 che disciplina l'obbligo per la Polizia di Stato, l'Arma dei Carabinieri e il Corpo di Polizia Penitenziaria, di attivare corsi di formazione per il personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati affrontati in tale Legge[1].
Tanto altro si potrebbe dire sulla Legge Codice Rosso, ma la necessaria sinteticità di questo approfondimento non lo consente. Quello che, a parere di chi scrive, è necessario qui sottolineare è che la Legge ci ha offerto importanti strumenti. È ora compito di tutti (Stato, operatori, collettività) implementarla adeguatamente anche attraverso sensibilizzazione culturale e coraggio delle donne ad aver fiducia ed avvalersene nella consapevolezza del grande aiuto che ne potrà per loro conseguire.
[1] 1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo di Polizia penitenziaria attivano presso i rispettivi istituti di formazione specifici corsi destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di cui agli articoli 1, 2 e 3 o che interviene nel trattamento penitenziario delle persone per essi condannate. La frequenza dei corsi e' obbligatoria per il personale individuato dall'amministrazione di appartenenza. 2. Al fine di assicurare l'omogeneita' dei corsi di cui al comma 1, i relativi contenuti sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell'interno, della giustizia e della difesa. |
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