Data: 06/12/2019 16:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - � illegittimo l'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Il detenuto per un reato di associazione mafiosa e/o di contesto mafioso ex art. 416-bis c.p. potr� dunque vedersi concedere un permesso premio anche in assenza di collaborazione collaborazione con la giustizia.
Pur restando a suo carico una sorta di presunzione di pericolosit�, questa non ha carattere assoluto, in quanto potr� essere superata qualora il magistrato di sorveglianza abbia acquisito elementi tali da escludere che il detenuto abbia ancora collegamenti con con la criminalit� organizzata o che vi sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti. Sono questi i principi cui � giunta la Corte Costituzionale nella sentenza n. 253/2019 (sotto allegata), depositata ieri dopo l'annuncio fatto tramite comunicato stampa nei giorni scorsi.

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Ergastolo ostativo: la sentenza

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La Corte Costituzionale, pronunciandosi sulle questioni di legittimit� costituzionale sollevate dalla Corte di Cassazione e dal Tribunale di Sorveglianza di Perugia in relazione alla disciplina di cui all'art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354/1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libert�), ha affermato che la presunzione di pericolosit� sociale del detenuto che non collabora non sar� certo superabile in virt� della sola regolare condotta carceraria (c.d. buona condotta) o della mera partecipazione al percorso rieducativo, e nemmeno in ragione di una soltanto dichiarata dissociazione, ma richieder� l'acquisizione di ben altri, congrui e specifici, elementi capaci di dimostrare il venir meno del vincolo imposto dal sodalizio criminale.
E alla stessa conclusione deve giungersi anche con riguardo ai detenuti per i reati contemplati nell'art. 4-bis, comma 1, ord. pen., diversi da quelli di cui all'art. 416-bis c.p. e da quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivit� delle associazioni in esso previste.

La concessione dei permessi premio

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In particolare, si � discusso della parte in cui tale norma esclude che il condannato all'ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l'attivit� delle associazioni in esso previste, che non abbia collaborato con la giustizia, possa essere ammesso alla fruizione di un permesso premio.

E ci� anche qualora siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualit� della partecipazione all'associazione criminale sia, pi� in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalit� organizzata.

La Consulta � giunta a dichiarare incostituzionale tale norma stante il contrasto con i principi di ragionevolezza e della funzione rieducativa della pena (ex artt. 3 e 27 della Costituzione), estendendola a tutti i reati compresi nel primo comma dell'articolo 4 bis, oltre a quelli di associazione mafiosa e di "contesto mafioso", anche puniti con pena diversa dall'ergastolo.

Va precisato che la sentenza ha sottratto la concessione del solo permesso premio (e non degli altri benefici) al circuito "ostativo" previsto dall'articolo 4 bis per i detenuti che non collaborano con la giustizia.

Le questioni di legittimit�

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I giudici hanno precisato che le questioni di legittimit� costituzionale sollevate non riguardano la legittimit� costituzionale della disciplina relativa al cosiddetto ergastolo ostativo, sulla cui compatibilit� con la CEDU si �, di recente, soffermata la Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenza 13 giugno 2019, Viola contro Italia).

Questo perch�, nel caso di specie, le ordinanze di rimessione non hanno censurato, oltre all'art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., anche l'art. 2, secondo comma, del D.L. n. 152/1991 che non consente di concedere la liberazione condizionale al condannato all'ergastolo che non collabora con la giustizia e che abbia gi� scontato 26 anni effettivi di carcere.

Le questioni di legittimit� costituzionale esaminate attengono, invece, non alla condizione di chi ha subito una condanna a una determinata pena, bens� a quella di colui che ha subito condanna (all'ergastolo, in entrambi i giudizi a quibus) per reati cosiddetti ostativi, in specie i delitti di associazione di tipo mafioso ai sensi dell'art. 416-bis c.p., e quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo, ovvero al fine di agevolare l'attivit� delle associazioni in esso previste.

Persistenza dei rapporti con la criminalit�

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Prima della dichiarazione di incostituzionalit�, la disposizione censurata faceva derivare dalla mancata collaborazione con la giustizia dopo la condanna per certi delitti una presunzione assoluta di persistenza di rapporti con la criminalit� organizzata, superabile solo dalla collaborazione stessa.

Solo la collaborazione avrebbe dunque concesso ai condannati per una serie di delitti l'accesso ai benefici previsti dall'ordinamento penitenziario. Pertanto, la richiesta del detenuto non collaborante di ottenere i benefici previsti dall'Ordinamento penitenziario (nella fattispecie, il permesso premio) non avrebbe potuto mai essere valutata in concreto dal magistrato di sorveglianza, ma sarebbe dovuta essere dichiarata inammissibile.

Per la Consulta, non � la presunzione in s� stessa a risultare costituzionalmente illegittima. Non � infatti irragionevole presumere che il condannato che non collabora mantenga vivi i legami con l'organizzazione criminale di originaria appartenenza, purch� si preveda che tale presunzione sia relativa e non gi� assoluta e quindi possa essere vinta da prova contraria.

Presunzione non assoluta, ma relativa

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Una disciplina improntata al carattere relativo della presunzione, infatti, si mantiene entro i limiti di una scelta legislativa costituzionalmente compatibile con gli obbiettivi di prevenzione speciale e con gli imperativi di risocializzazione insiti nella pena. Ci� non avviene, invece, in presenza di una disciplina che assegna carattere assoluto alla presunzione di attualit� dei collegamenti con la criminalit� organizzata

In primis, perch� all'assolutezza della presunzione sono sottese esigenze investigative, di politica criminale e di sicurezza collettiva che incidono sull'ordinario svolgersi dell'esecuzione della pena, con conseguenze afflittive ulteriori a carico del detenuto non collaborante.

In un secondo senso, tale assolutezza impedisce di valutare il percorso carcerario del condannato, in contrasto con la funzione rieducativa della pena, intesa come recupero del reo alla vita sociale, ai sensi dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione.

Infine, l'assolutezza della presunzione si basa su una generalizzazione, che pu� essere invece contraddetta, a determinate e rigorose condizioni, dalla formulazione di allegazioni contrarie che ne smentiscono il presupposto, e che devono poter essere oggetto di specifica e individualizzante valutazione da parte della magistratura di sorveglianza.

La valutazione del magistrato di sorveglianza

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La consulta, pur soffermandosi sulle specifiche connotazioni criminologiche dell'appartenenza a una associazione di stampo mafioso, evidenzia come il decorso del tempo dell'esecuzione della pena esiga una valutazione in concreto, che consideri l'evoluzione della personalit� del detenuto.

Si tratta di una valutazione individualizzata e attualizzata che dovr� estendersi al contesto esterno al carcere. Occorrer� che siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata, terroristica o eversiva.

Un regime probatorio rafforzato che dovr� estendersi all'acquisizione di elementi che escludono non solo la permanenza di collegamenti con la criminalit� organizzata, ma altres� il pericolo di un loro ripristino, tenuto conto delle concrete circostanze personali e ambientali.

Di entrambi tali elementi (esclusione sia dell'attualit� di collegamenti con la criminalit� organizzata e del pericolo di un loro rispristino), graver� sullo stesso condannato che richiede il beneficio l'onere di fare specifica allegazione.

Il magistrato di sorveglianza compir� queste valutazioni non da solo, ma sulla base sia delle relazioni dell'Autorit� penitenziaria sia delle dettagliate informazioni acquisite dal competente Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Estensione ad altri reati

La Consulta ha altres� chiarito le motivazioni alla base dell'estensione della dichiarazione di illegittimit� costituzionale tutti i reati compresi nell'elenco contenuto nel primo comma dell'articolo 4 bis.
In virt� di varie scelte di politica criminale, non sempre tra loro coordinate, accomunate da finalit� di prevenzione generale e da una volont� di inasprimento del trattamento penitenziario, in risposta ai diversi fenomeni criminali di volta in volta emergenti, l'art. 4-bis ordin. penit. ha progressivamente allargato i propri confini, finendo per contenere, attualmente, una disciplina speciale relativa, ormai, a un complesso, eterogeneo e stratificato elenco di reati, anche non necessariamente associativi.
Qualora la dichiarazione di illegittimit� costituzionale non venisse estesa a tutti questi reati, ne deriverebbe una paradossale disparit� di trattamento in danno dei detenuti per i quali possono essere del tutto privi di giustificazione sia il requisito della collaborazione con la giustizia sia la dimostrazione dell'assenza di legami con un inesistente sodalizio criminale di originaria appartenenza.
In definitiva, non estendere l'intervento compiuto con la presente sentenza a tutti i reati previsti dal primo comma dell'articolo 4 bis dell'Ordinamento penitenziario (al di l�, quindi, di quelli di associazione mafiosa e di "contesto mafioso") finirebbe per compromettere la stessa coerenza intrinseca dell'intera disciplina di risulta.

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