Data: 17/12/2019 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 33050/2019 (sotto allegata) rigetta il ricorso di un contribuente ribadendo un principio sancito dalla stessa, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia Europea. Per gli Ermellini se gli elementi di fatto mostrano una stretta connessione sul piano sostanziale e cronologico tra l'accertamento tributario e il procedimento penale e vengono irrogate sanzioni tributarie e penali, il principio del ne bis in idem non può considerarsi violato se la sanzione amministrativa ha natura sostanzialmente penale.

Principio di specialità

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L'Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento nei confronti di due soci di una snc, perché dal confronto tra fatture di vendita esibite e acquisite risultava un contrasto tra l'imponibile e l'Iva indicata nei documenti, sempre inferiore. Per questo veniva contestata dall'Agenzia l'omessa contabilizzazione dei ricavi e l'infedeltà della dichiarazione.

Veniva altresì avviato un procedimento penale e applicata la pena, ai sensi dell'art 444 c.p.p, per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti. I contribuenti ricorrevano separatamente alla Commissione Tributaria provinciale e in via subordinata chiedevano l'applicazione del principio di specialità di cui all'art. 19 del dlgs n. 74/2000, il quale prevede che in presenza di sanzioni penali non si applicano quelle di natura tributaria.

La Ctp accoglieva in parte i ricorsi ai fini Iva e imposte dirette perché le fatture erano emesse per operazioni oggettivamente inesistenti, per cui non erano dovute Irap e imposte dirette, mentre ai fini Iva, veniva disposta l'applicazione dell'art. 21 co. 7 del dpr n. 633/1972. I contribuenti appellavano la decisione, ma la CTR rigettava l'appello.

Il ricorso dei contribuenti

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I contribuenti ricorrono quindi in Cassazione, lamentando non solo gli aspetti sostanziali delle violazioni tributarie contestate, ma facendo presente nel motivo di ricorso n. 3, "la violazione e la falsa applicazione dell'art 19 del dlgs n. 74/2000, nel punto in cui il giudice d'appello non ritiene applicabile il principio di specialità in riferimento all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, in quanto quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni penali di cui al titolo II e da una disposizione che prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa, si applica solo quella speciale."

Non violato il principio del ne bis in idem

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La Cassazione, con sentenza n. 33050/2019 rigetta il ricorso e per quanto riguarda il terzo motivo del ricorso, relativo al principio di specialità, dopo aver richiamato tutta una serie di disposizioni che in effetti confortano la tesi dei contribuenti ad un certo punto precisa però che "la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha mutato orientamento, affermando che non viola l'art 4 del Protocollo n. 7 Cedu l'applicazione, in relazione al medesimo fatto, di sanzioni amministrative e penali in distinti procedimenti, quando fra gli stessi sia ravvisabile una connessione sufficientemente stretta sul piano sostanziale e temporale."

Insomma il protocollo non esclude affatto che uno Stato possa predisporre, nei confronti di condotte socialmente offensive, come l'evasione fiscale, misure di natura diversa scaturenti da procedimenti distinti, a condizione che le sanzioni così accumulate non comportino un sacrificio eccessivo per il contribuente. Lo Stato deve adottare un sistema integrato in grado di affrontare i vari aspetti dell'illecito in modo prevedibile e proporzionato, il tutto nell'ottica di una strategia unitaria.

Non si esclude quindi lo svolgimento parallelo di due procedimenti connessi cronologicamente e dal punto di vista sostanziale se i meccanismi previsti assicurano risposte sanzionatorie proporzionate e prevedibili. Occorre inoltre evitare ogni duplicazione nella raccolta e valutazione della prova e fare in modo che la sanzione imposta in un procedimento venga presa in considerazione nell'altro, affinché la pena alla fine risulti complessivamente proporzionata.

Anche la Corte Costituzionale a un certo punto, per quanto riguarda i procedimenti sanzionatori relativi a uno stesso fatto ha affermato che "vi è la possibilità che in concreto gli stessi siano ritenuti sufficientemente connessi, in modo da far escludere l'applicazione del ne bis in idem."

Principio condiviso tra l'altro dalla stessa Cassazione che nella sentenza n. 7131/2019 ha dichiarato che: "in tema di sanzioni tributarie, allorché gli elementi fattuali evidenzino una stretta connessione, sul piano sostanziale oltre che cronologico, tra l'accertamento in sede tributaria ed il procedimento penale, l'irrogazione di sanzioni tributarie e penali non comporta la violazione del ne bis in idem quando alla sanzione amministrativa debba riconoscersi natura sostanzialmente penale."

Chiarito questo principio, tornando al caso di specie gli Ermellini, rileva come "tra l'accertamento in sede tributaria e il procedimento penale, la denunciata violazione del ne bis in idem di cui all'art 4 del protocollo n. 7 alla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, quali interpretati dalla Cedu, cui il giudice nazionale è tenuto ad ispirarsi nell'applicazione di norme interne non è riscontrabile nella fattispecie in esame, in cui alla sanzione amministrativa deve riconoscersi natura sostanzialmente penale. La sentenza del giudice d'appello quindi si è adeguata ai principi giurisprudenziali sopra richiamati, laddove, sia è pure succintamente, ha ritenuto non violato il principio del ne bis in idem di cui all'art. 19 del dlgs n. 74/2000, tracciando, tra l'altro, l'autonomia del reato rispetto alla sanzione tributaria (sul piano penale, poi, il fatto contestato e sottoposto al relativo giudizio ha una sua autonomia a prescindere dalle conseguenze di natura tributaria."

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