Data: 29/12/2019 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 51459/2019 (sotto allegata) rigetta il ricorso di due imputati, nei cui confronti era stato emesso un ordine di demolizione a distanza di ben 26 anni dall'abuso edilizio. Gli Ermellini ribadiscono che l'ordine di demolizione, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non è soggetto a prescrizione perché non ha finalità punitiva e non ha natura penale. Esso è infatti un atto amministrativo con funzione ripristinatoria del ben giuridico leso, in pieno contrasto quindi con la sentenza della Corte Europea menzionata nel ricorso dai due ricorrenti a sostegno della loro strategia difensiva.

Sospensione e revoca ordine di demolizione

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La Corte di appello rigetta l'istanza presentata al fine di ottenere la sospensione e la revoca dell'ordine di demolizione disposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello nel maggio 2017, in esecuzione della sentenza del 31 maggio 1999, irrevocabile dal 19 aprile 2001, con cui il Pretore aveva condannato gli imputati per il reato di cui all'art. 20 lett. C) della legge n. 47 del 1985, per aver realizzato, in prosecuzione delle opere sequestrate il 29 luglio 1993, un manufatto in sopraelevazione di circa mq. 80, nonostante la sentenza avesse ordinato anche la demolizione dell'opera abusiva.

Il ricorso in Cassazione degli imputati

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Gli imputati ricorrono alla Corte di legittimità tramite loro comune difensore di fiducia sollevando in particolare, con i primi due motivi esposti congiuntamente, l'inosservanza dell'art. 31 co. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001, della legge regionale n. 5 del 2013 e dell'art. 173 c.p, perché nel caso di specie, l'ordine di demolizione non solo è intervenuto 26 anni dopo la realizzazione dell'abuso edilizio, ma nel frattempo la Pubblica Amministrazione, a cui non è stato comunicato l'ordine di demolizione, ha valutato positivamente l'istanza di condono presentata, tanto che sta per rilasciare il relativo titolo. Il tutto alla luce della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo "Grande Stevens e altri contro Italia", che ha qualificato l'ordine di demolizione come una sanzione penale a ogni effetto, con conseguente applicazione della prescrizione quinquennale "fatta salva ogni valutazione amministrativa della vicenda, dovendosi diversamente rimettere la questione alla Corte Costituzionale, alla luce del contrasto dell'art. 31 comma 9 del d.P.R. 380 del 2001 con gli art. 117 comma 1 e 25 Cost., nonché 7 C.E.D.U."

Ordine di demolizione non si prescrive: è atto privo di finalità punitive

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La Corte di Cassazione con sentenza n. 51459/2019 rigetta i ricorsi avanzati dalle parti perché i motivi sollevati sono infondati. Sulla questione della prescrizione dell'ordine di demolizione la Cassazione ribadisce che: "in materia di reati concernenti le violazioni edilizie, l'ordine di demolizione del manufatto abusivo imposto dal giudice costituisce una sanzione amministrativa che assolve a un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configurando quindi un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, avendo peraltro

carattere reale, producendo cioè effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l'autore dell'abuso; da ciò consegue che, essendo privo di finalità punitive, l'ordine di demolizione non è soggetto alla prescrizione stabilita dall'art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, né alla prescrizione stabilita dall'art. 28 della legge n. 689 del 1981, che riguarda soltanto le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva."

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