Data: 02/01/2020 21:00:00 - Autore: Marina Crisafi

di Marina Crisafi – Tentare di rubare la custodia di un cellulare può costare quasi 7 anni di carcere se l'oggetto è esposto alla pubblica fede. E addio alla particolare tenuità del fatto, subordinata ad una pena massima di 5 anni di reclusione. Così, la quinta sezione penale della Cassazione (sentenza n. 47237/2019 sotto allegata) che ha accolto il ricorso del pm annullando la decisione di assoluzione dell'imputato grazie all'applicazione dell'art. 131-bis c.p. per la particolare lievità del fatto.

Furto aggravato per la custodia di un cellulare

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All'imputato si contestava il tentato furto aggravato ai sensi dell'art. 625, comma primo, n. 2 e n. 7, del codice penale per essersi impossessato, previa manomissione, di una custodia per cellulare, sottraendola al titolare dell'esercizio commerciale che la deteneva esponendola alla pubblica fede.

Il Tribunale riqualificava il fatto come tentato furto e assolveva l'imputato ai sensi dell'art. 131-bis c.p.

Ricorso per saltum

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Proponeva ricorso in Cassazione per saltum il pm deducendo che la pena edittale per il reato accertato in sentenza era fuori dal perimetro dell'art. 131-bis c.p. in quanto superiore al limite dei cinque anni di pena detentiva fissato dalla disposizione.

Furto aggravato, fuori dalla tenuità del fatto

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La Suprema Corte è d'accordo. Ricordano gli Ermellini, infatti che ricorrendo più aggravanti previste dall'art. 625 c.p., "la pena edittale si ottiene riducendo di un terzo, ai sensi dell'art. 56 cod. pen., la pena dì anni dieci di reclusione prevista per il reato di furto pluriaggravato dall'ultimo comma dell'art. 625 cod. pen.". Ergo la pena è "pari ad anni sei e mesi otto di reclusione, oltre alla pena pecuniaria, ed è superiore al limite di cinque anni di pena detentiva fissato dall'art. 131-bis cod. pen.".

Conseguentemente, non può trovare applicazione la causa di non punibilità. Per cui, sentenza annullata con rinvio alla corte d'appello di L'Aquila per il relativo giudizio.


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