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Data: 06/01/2020 16:00:00 - Autore: Roberto Paternicò di Roberto Paternicò - Qual è il rapporto tra la polizza assicurativa "personale" del medico e quella della struttura sanitaria? Sul punto si è espressa di recente la Suprema Corte con la sentenza n. 30314/2019 (sotto allegata).
Rc medico-sanitaria: il caso[Torna su] La sentenza, impugnata in Cassazione dall'assicurato (Casa di cura privata), atteneva quanto affermato dalla Corte d'Appello sul contratto assicurativo per la Responsabilità Civile della stessa, in relazione al danno causato dall'operato di un proprio medico non dipendente. La Corte, infatti, effettuava una distinzione tra i danni direttamente provocati dalla clinica come struttura, per i quali la stessa rispondeva direttamente e i danni provocati dall'operato del medico per i quali rispondeva anche la clinica a titolo di responsabilità indiretta. In relazione, poi, ai danni causati distingueva, ulteriormente, se il medico responsabile fosse dipendente o meno della Casa di cura. Pertanto, nel caso in cui il medico responsabile non dipendente si fosse avvalso della struttura fornita dalla clinica in rapporto libero professionale, la Corte d'Appello aveva ritenuto applicabile l'art.7 delle Condizioni particolari di polizza (Altre assicurazioni) che prevedeva: "La presente polizza opera sempre in eccesso alle assicurazioni personali dei medici e degli altri operatori non direttamente dipendenti dal Contraente assicurato e comunque dopo la somma di lire 1.500.000.000 per sinistro e per persona che restino a carico del personale qui indicato, a titolo di franchigia assoluta. Per il personale medico e degli altri operatori dipendenti dal Contraente/ Assicurato, la presente copertura opera in eccesso ad eventuali coperture personali. In caso di corresponsabilità tra più assicurati, per lo stesso sinistro si applica un solo massimale". La Cassazione Civile con sentenza n. 30314/2019 accoglieva il ricorso della Casa di cura privata, cassava la sentenza impugnata e condannava la Compagnia di assicurazione a risarcire integralmente il terzo danneggiato. La decisione della Cassazione[Torna su] Le argomentazioni della Suprema Corte evidenziavano le disposizioni più rilevanti del contratto assicurativo in questione, quali l'"Oggetto dell'assicurazione": "La Società si obbliga a tenere indenne l'Assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi (per morte, lesioni personali e per danni cagionati a cose o animali) da lui stesso o da persone delle quali o con le quali debba rispondere, in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione all'esercizio dell'attività aziendale specificata in polizza, comprese le attività complementari e accessorie" e la "Descrizione dell'attività assicurata" riguardanti tutte le attività dell'assicurato, quali: "la gestione e l'erogazione al pubblico di tutti i servizi e le prestazioni che la vigente assicurazione prevede vengano effettuati dall'Assicurato, quali a puro titolo esemplificativo e non limitativo: presidi ospedalieri, ambulatoriali, guardia medica, centri trasfusionali, centro psico-sociali eo riabilitazione terapeutica". La S.C. osservava che l'interpretazione fornita dalla Corte d'Appello, in relazione al succitato art.7 di polizza, non avesse rispettato le prescrizioni degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., ".. perché l'interpretazione adottata renderebbe la clausola inutile: per quanto detto, infatti, un'assicurazione del patrimonio di Primus mai potrebbe "operare in eccesso" rispetto ad un'assicurazione del patrimonio di Secundus, perché l'impoverimento di quest'ultimo è del tutto indifferente per l'altro, e non costituisce per lui un rischio assicurabile.". Polizza del medico e della struttura: operazione in eccesso[Torna su] Inoltre, ".. come chiarito da Cass. n. 4936 del 2015, affinché un contratto di assicurazione possa "operare in eccesso" rispetto ad un'altra polizza assicurativa, è necessario che i due contratti coprano il medesimo rischio." Se un medico operante all'interno di una struttura sanitaria ha stipulato una "assicurazione personale", questa non può che coprire la responsabilità civile del medico stesso mentre l'assicurazione della responsabilità civile del medico operante all'interno di una struttura sanitaria ha ad oggetto un rischio del tutto diverso rispetto a quello coperto dall'assicurazione della responsabilità civile dalla struttura in cui il medico si trova ad operare. "L'assicurazione della responsabilità civile della clinica, invece, copre il rischio di depauperamento del patrimonio della struttura sanitaria. I due contratti sono diversi, i due rischi sono diversi, i due assicurati sono diversi: e nulla rileva che tanto la responsabilità della clinica, quanto quella dei medico, possano sorgere dal medesimo fatto illecito, che abbia causato in capo al terzo il medesimo danno. Se due contratti di assicurazione garantiscono rischi diversi, non può mai sussistere per definizione ne' una coassicurazione, ne' una assicurazione plurima, ne' una copertura "a secondo rischio", come ritenuto dalla Corte d'appello. Quest'ultima, infatti, presuppone che il rischio dedotto nel contratto sia già assicurato da un'altra polizza. Ma poiché il rischio cui è esposto il medico è ben diverso dal rischio cui è esposta la struttura (tali rischi, infatti, minacciano patrimoni diversi), una assicurazione stipulata dalla clinica "per conto proprio" non potrebbe mai garantire anche la responsabilità del medico. Ne consegue che una polizza stipulata a copertura della responsabilità civile della clinica (tanto per il fatto proprio, quanto per il fatto altrui) non può mai "operare in eccesso alle assicurazioni personali dei medici", perché non vi è coincidenza di rischio assicurato tra i due contratti.". E' chiaro, infatti, che lo scopo dell'assicurazione era quella di fornire, prioritariamente, "…alla casa di cura una copertura assicurativa per tutti i danni provocati a terzi nell'ambito delle sue attività c.d. istituzionali, a causa di carenze della struttura o di errori dei medici o del personale a fronte del pagamento di un premio remunerativo dell'assunzione del rischio per l'assicurazione: la clinica rimarrebbe in concreto priva di copertura assicurativa per quasi tutti i danni provocati al suo patrimonio dall'operato dei medici non dipendenti, fino all'ingentissimo limite di lire 1.5000.000.000 a sinistro." La polizza assicurativa in esame, quindi, "… appare assicurare la struttura sanitaria contro i rischi provocati al proprio patrimonio dagli eventuali danni a terzi, e dalla necessità di risarcirli, a causa di carenze della struttura sanitaria, o dell'operato dei medici e del personale dipendente, o a causa dell'operato di medici e personale non dipendenti ma che comunque si siano avvalsi della struttura o all'interno di essa abbiano operato. E' quindi volta a fornire, principalmente, una assicurazione per conto proprio, collegata all'operato proprio o altrui." Pertanto, la Casa di cura, aveva, correttamente, attivato la propria copertura assicurativa per essere tenuta indenne, dall'assicuratore, di quanto tenuta a pagare ad una paziente per il danno occorsole all'interno della struttura (ancorché derivante non dal fatto proprio, ma dal fatto di persone del cui operato doveva comunque rispondere). Il richiamato art. 7 delle condizioni particolari della polizza assicurativa, quindi, non doveva trovare applicazione mentre si doveva ritenere la compagnia di assicurazioni tenuta all'integrale risarcimento del danno alla paziente, per il fatto del medico, salvo l'applicazione della franchigia assoluta di lire 5.000.000 (ora euro 2.582,28) prevista in polizza. |
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