Data: 12/01/2020 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Il Tribunale di Firenze, nella recente sentenza (sotto allegata) rifacendosi al distinguo operato dalla Cassazione, sulla natura diffamatoria di messaggi scambiati tra colleghi di lavoro contenenti offese verso i superiori, accoglie il ricorso di un dipendente, rigettando la tesi della datrice. Come precisato infatti dalla Corte di legittimit� e come verificatosi nel caso di specie, se un lavoratore rivolge offese a un superiore gerarchico all'interno di una chat privata tra colleghi di lavoro, questa condotta non pu� ritenersi illecita perch�, stante la non diffusivit� esterna dei messaggi per il mezzo utilizzato e la cerchia ristretta dei soggetti coinvolti, non ha efficacia diffamatoria.

Impugnazione del licenziamento illegittimo

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Un lavoratore conviene in giudizio la ex datrice di lavoro impugnando il licenziamento disciplinare intimatogli nel settembre del 2018.

Il dipendente chiede che il Tribunale del Lavoro accerti e dichiari l'illegittimit� del licenziamento per insussistenza del fatto, lo annulli e lo reintegri nelle mansioni a cui era adibito o equivalenti, il pagamento di un'indennit� risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione, oltre rivalutazione e interessi.

In ipotesi accertare e dichiarare l'illegittimit� del licenziamento ai sensi del dlgs n. 23/2015 art. 3 comma come modificato dalla Corte Cost. Con sentenza n. 194/2018 e condannare il datore al pagamento di un'indennit� commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il TFR e tenendo conto dell'anzianit� di servizio, del numero di dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivit� e della condotta delle parti. Il tutto oltre rivalutazione e interessi.

Licenziato perch� offende il superiore su Whatsapp

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la datrice di lavoro contesta il ricorso del dipendente perch� infondate in fatto e in diritto rappresentando i fatti che hanno condotto al licenziamento.

La datrice riferisce infatti che il lavoratore � autore di tutta una serie di messaggi vocali dal contenuto offensivo rivolte al superiore gerarchico all'interno della chat privata di Whatsapp "Amici di lavoro".

I messaggi scambiati in una chat privata non sono diffamatori

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Il Tribunale del Lavoro di Firenze, accogliendo il ricorso del dipendente e rigettando le contestazioni della datrice, dispone la reintegra dello stesso nel posto di lavoro e riconosce allo stesso anche l'indennit� risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione.

Come affermato di recente dalla Cassazione solo "i messaggi diffusi tramite strumenti potenzialmente idonei a raggiunger un numero indeterminato di persone (nella specie bacheca Facebook)" dal dipendente hanno natura diffamatoria se contengono espressioni dispregiative rivolte all'azienda datrice di lavoro. Da qui la legittimit� del licenziamento.

Qualora infatti i messaggi vengano diffusi tramite chat privata ad accesso limitato, stante l'impossibilit� che il contenuto di questi venga diffuso a soggetti esterni, non pu� dirsi configurata una condotta diffamatoria.

Nel caso di specie il Tribunale del lavoro rileva come i messaggi del ricorrente erano indirizzati a una chat privata di Whatsapp, ad accesso limitato, con conseguente esclusione di qualsiasi intento diffamatorio. Tali messaggi sono piuttosto equiparabili a una corrispondenza privata, in quanto insuscettibili di una diffusione esterna e illecita di contenuti offensivi, discriminatori, minatori.

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