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Data: 14/02/2020 15:30:00 - Autore: Francesca Linda Dammacco Avv. Francesca Linda Dammacco - Le avvocatesse baresi non decollano, dichiarano un reddito annuo inferiore di oltre la metà rispetto a quello dei colleghi maschi: anche l'avvocatura vittima del sessismo?
La stima dell'ordine degli Avvocati di Bari[Torna su]
Non c'è pace per le donne che a Bari hanno intrapreso la libera professione forense: le avvocate risultano sottopagate rispetto ai loro colleghi maschi del distretto. E' quanto emerge dall'ultima stima effettuata dall'Ordine degli Avvocati di Bari che alla cerimonia di apertura dell'anno giudiziario, tenutasi il primo febbraio scorso in Corte d'Appello, ha evidenziato attraverso le parole del presidente Giovanni Stefanì questo triste dato. Il gentil sesso nell'anno 2017 ha dichiarato un guadagno in media di 13.721 euro annui contro i 30.103 euro dei colleghi maschi. Per quale motivo? Anche le avvocatesse sono vittime di sessismo? In questo articolo cercheremo di analizzare il quadro sociale in cui opera l'avvocatura barese per scoprire i motivi che sono alla base di tale sperequazione e indicarne le possibili soluzioni. Chi sono le avvocate che lavorano nelle aule di giustizia della città?[Torna su]
Se frequenti le aule del Palazzo di Giustizia e del Giudice di Pace di Bari non ti sfuggirà di constatare il numero considerevole di donne che svolge la professione forense. Ci sono donne di tutte le fasce d'età: dalla giovane praticante, fresca di laurea e piena di sogni e speranze, alla matura avvocatessa con circa trent'anni di carriera già alle spalle e ricca di aneddoti e ricordi da raccontarti mentre attende il turno per poter discutere la propria vertenza innanzi al magistrato. Sono preparate, attente e scrupolose, alcune più appassionate, altre più severe ma tutte determinate a conquistarsi un proprio spazio vitale. Loro sono le avvocate che girano nelle aule di giustizia di Bari, sono quelle che con mille salti mortali cercano di conciliare la famiglia con la carriera, cercano di farsi pagare dal cliente, spesso anche con parcelle al di sotto dei minimi tariffari. Ci sono tante storie dietro questi volti: c'è Teresa, avvocato dal 2008 che collabora con il proprio compagno che è un avvocato molto conosciuto nell'ambiente e che spesso è costretta a svolgere mansioni di segreteria. Ancora, c'è Anna, avvocato dal 2006 che ha dovuto sospendere per parecchio tempo, causa maternità e che ora è costretta a ricominciare tutto daccapo. C'è tanta dignità dietro ogni storia, tanti sforzi, eppure queste donne faticano ad occupare posizioni di riguardo all'interno del sistema e non godono della stessa stima dei colleghi maschi presso l'utenza. Perché questo? Perché l'utenza non paga?[Torna su]
Esiste un pensiero sessista che ancora oggi dilaga tra la gente e per questo in alcuni ambiti la donna non ha ancora conquistato un ruolo dignitoso. Spesso si pensa che sia meno affidabile, meno costante, meno incisiva dell'uomo, ossia che l'avvocata valga meno dell'avvocato. La si può liquidare con poco o con niente perché non la si teme. Se poi la vertenza è persa l'utenza non paga, il cliente vuole il risultato e la colpa è solo del legale che se per caso è donna si può evitare anche di pagare. Non tutti sanno però che l'obbligazione che si instaura tra avvocato e cliente si fonda su un obbligo di fare e non di risultato e questo vale per tutti i legali, per cui se l'avvocato ha agito con diligenza nel rispetto del mandato ha diritto al pagamento del compenso, a prescindere dall'esito e dal sesso. Le avvocate hanno dalla loro parte qualità che le rendono peculiari, come la sensibilità, la capacità di ascolto, l'attitudine allo studio e all'approfondimento. Sanno gestire le dinamiche psicologiche e sono più elastiche nei rapporti interpersonali. Nonostante questo, hanno difficoltà anche nel procurarsi clientela, perché le aziende preferiscono gli studi blasonati ed il singolo utente tende a rivolgersi sempre più a patronati, associazioni, agenzie varie. A Bari Il mercato dell'avvocatura è saturo, non ci sono più spazi da conquistare e le avvocatesse fanno fatica a restare a galla. Alcune hanno intrapreso strade accessorie, come la gestione di Caf-Patronati, agenzie di servizi, altre hanno abbandonato definitivamente la carriera, dedicandosi alla famiglia, altre ancora si sono lanciate nel calderone dei concorsi pubblici. L'insieme di preconcetti e crisi economica ha generato una saturazione del mercato, obbligando molte donne a fare un passo indietro e a rinunciare alla carriera. Esistono rimedi a tale disfatta? Cosa si può ancora fare?[Torna su]
Per poter fronteggiare la concorrenza maschile, sarebbe auspicabile che le avvocatesse si unissero tra loro in associazioni o società, al fine di erogare servizi legali di vario genere e non solo di natura conciliativa. Infatti, non è un caso che in città gli organismi di mediazione siano gestiti quasi interamente dal gentil sesso e che l'avvocatura penale sia ancora quasi interamente maschile. Pertanto, si rende necessario unire le forze ed attivare organizzazioni multidisciplinari dove si possa offrire all'utenza un servizio completo. Altra esigenza si manifesta, ad esempio, nel migliorare da parte delle istituzioni gli aiuti alle avvocatesse neo mamme, attraverso una maggiore attenzione ai bisogni familiari che si determinano, riducendo gli importi annui della Cassa previdenziale Forense, istituendo spazi adibiti alla custodia dei figli all'interno dei palazzi di giustizia, offrendo maggiori agevolazioni economiche e fiscali nei primi tre anni di vita dei minori, aiutando la neo mamma a non rinunciare al proprio parco clienti. Altro aiuto potrebbe essere la possibilità da parte del Ministero di adibire delle stanze apposite dei palazzi di giustizia per la ricezione dei patrocinati, senza oneri per le avvocatesse che abbiano un reddito complessivo inferiore ad una certa soglia. Questo servirebbe a sganciarle dagli studi presso cui sono costrette ad appoggiarsi. Sembra utopia ma basterebbe davvero poco per migliorare la gestione della giustizia, incrementando le infrastrutture, agevolando i migliaia di legali, tra cui soprattutto donne, costretti a rinunciare alla professione. Flavia, ex avvocato di 45 anni, ha deciso di aprire un B&B che le offre un'entrata di 1.000,00 euro al mese, mai guadagnati con tale frequenza durante lo svolgimento della professione. Giovanna, avvocato dal 1995 ha dismesso la toga ed oggi gestisce un'agenzia di viaggi ed ancora Carla, avvocato dal 2000 ma cancellata dall'albo nel 2010 poiché ha pensato bene di aprire un'accademia musicale. I dati parlano di una emorragia continua tinta soprattutto di rosa, dove a farne le spese non sono solo le dirette interessate ma anche tutto il mondo dell'avvocatura barese che perde un valore aggiunto di grande qualità. Durante la cerimonia di apertura dell'anno giudiziario il Presidente dell'ordine, Giovanni Stefanì, ha lanciato un chiaro monito al mondo dell'avvocatura barese, al fine di non sottovalutare un problema che sta acquisendo proporzioni importanti. Dunque, impegniamoci tutti a riconoscere dignità al genere femminile nelle aule di giustizia baresi!
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