Data: 11/02/2020 17:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 5290/2020 (sotto allegata) la Cassazione conferma il sequestro della carta reddito cittadinanza all'indagato, responsabile di aver omesso di comunicare l'esistenza di redditi percepiti in nero, proprio mentre era in corso la domanda per il riconoscimento del beneficio previsto dalla legge n. 26/2019. In questi casi, come osservato dalla Cassazione, stante la violazione del dovere di lealtà richiesta ai cittadini nel dichiarare la propria situazione reddituale, deve essere consentita una tutela penale anticipata. Il sequestro della carta infatti, in presenza di indizi di reato come quelli rilevati nel caso di specie, è funzionale alla successiva revoca del beneficio.

Sequestro carta reddito di cittadinanza se si lavora in nero

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Il Tribunale rigetta la richiesta di riesame verso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip, avente ad oggetto la carta su cui viene corrisposto il reddito di cittadinanza, perché l'indagato e la moglie sono stati accusati, in concorso tra loro, del reato previsto dall'art. 7 del legge n. 26/2019. I coniugi infatti, al fine di ottenere il beneficio economico del "reddito di cittadinanza", hanno dichiarato il falso, attestando lo stato di disoccupazione, mentre in realtà l'uomo svolgeva attività di addetto a un laboratorio di pasticceria e rosticceria, percependo un compenso settimanale di 180 euro, come accertato dai carabinieri nel corso di un servizio di osservazione.

Il Tribunale non ha accolto la tesi difensiva in base alla quale l'Isee necessario a dimostrare la compatibilità della situazione patrimoniale e reddituale del richiedente sarebbe stato rilasciato esattamente il giorno stesso in cui il soggetto ha iniziato a collaborare nel laboratorio suddetto, la cui retribuzione, in ogni caso, non avrebbe superato il limite massimo Isee per ottenere il beneficio e per richiedere la comunicazione della variazione.

Il Tribunale ha rilevato inoltre che l'auto-dichiarazione presentata dall'indagato per ottenere il beneficio è stata presentata in un momento in cui l'uomo svolgeva attività lavorativa da più di un mese e l'assenza di un regolare contratto al momento del controllo dei Carabinieri, avendo provveduto a documentare l'esistenza di un lavoro semestrale solo in seguito.

Il ricorso in Cassazione dell'indagato

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Il difensore dell'indagato ricorre in sede di legittimità lamentando la violazione dell'art 125 c.p. e della legge n. 26/2019 in quanto la variazione reddituale dovuta alla nuova occupazione del suo assistito, che avrebbe fatto sforare i limiti previsti per la concessione del reddito di cittadinanza, è intervenuta dopo il rilascio della documentazione Isee necessaria per chiedere l'aiuto. Dubbia inoltre l'esistenza di un obbligo di comunicazione della variazione reddituale intervenuta, stante il mancato superamento del limite di 9.360 euro annui previsti per la concessione del reddito di cittadinanza, visto che il contratto di lavoro aveva durata semestrale e prevedeva un compenso settimanale di 180 euro.

Carta reddito cittadinanza sequestrata se il cittadino non è leale con la P.A.

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La Cassazione con la sentenza n. 5290/2020 rigetta il ricorso per le ragioni che si vanno a esporre. Prima di tutto la Cassazione richiama l'art. 7 del d.l. n. 4/2019, il quale prevede: "1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all'articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni." 2. "L'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all'art. 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni."

Entrambe le condotte contemplate dai commi 1 e 2 sono reati di condotta e di pericolo finalizzate a tutelare la PA contro dichiarazioni mendaci o omissioni relative alla effettiva situazione patrimoniale e reddituale di chi ha già ottenuto o intende ottenere il reddito di cittadinanza. Tutte e due le disposizione, alla luce dei principi costituzionali sanciti dagli artt. 3 e 53, da cui si desume l'importanza del principio anti-elusivo, presuppongono il dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni da cui riceve un beneficio, per cui esse trovano applicazione indipendentemente dall'accertamento dell'effettiva esistenza delle condizioni richieste per ottenere la misura, indagine che non è neppure necessaria, come emerge dalla formulazione della norma.

"Entrambi i riferimenti devono essere, infatti, intesi, come diretti a qualificare i dati che sono in sé rilevanti ai fini del controllo, da parte dell'amministrazione erogante, sulla sussistenza dei presupposti per la concessione e il mantenimento del beneficio e a differenziarli da quelli irrilevanti, senza che possa essere lasciata al cittadino la scelta su cosa comunicare e cosa omettere."Questo perché il legislatore ha voluto, con il reddito di cittadinanza, realizzare un meccanismo di riequilibrio sociale, il cui funzionamento si basa necessariamente sulla collaborazione tra cittadino e pubblica amministrazione, nella massima trasparenza, come emerge anche dai successivi commi dell'art. 7 che prevedono i casi di revoca, decadenza dal beneficio e sanzioni amministrative in caso di violazione delle disposizioni che regolano la misura.

Da qui la necessità di enunciare il seguente principio di diritto: "ai sensi dell'art. 7 del d.l. n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, il sequestro preventivo della carta reddito di cittadinanza, nel caso di false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, da parte del richiedente, può essere disposto anche indipendentemente dall'accertamento dell'effettiva sussistenza delle condizioni per l'ammissione al beneficio." Come precisato infatti un'altra occasione dalla Cassazione, anche se in riferimento al beneficio del patrocinio gratuito a spese dello Stato, in quanto esiste un: "generale dovere di lealtà dei cittadini verso l'amministrazione, che consente l'anticipazione della tutela penale ..." esattamente come verificatosi nel caso di specie, in cui "i riscontrati indizi di reato giustificano il disposto sequestro della Carta Postamat, in vista di una revoca del beneficio."

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