Data: 19/02/2020 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Il Tribunale di Roma con la sentenza n. 2875/2020 (sotto allegata) accoglie la richiesta risarcitoria per danno morale e alla reputazione avanzata dall'attore, che a un post pubblicato sul suo profilo Facebook, in cui ha criticato l'operato del Presidente della Repubblica Mattarella in una particolare vicenda politica, si è sentito rispondere da un altro utente "ma vaffa...". Il Tribunale ha concluso che mentre l'attore ha esercitato un legittimo diritto di critica, il convenuto utilizzando l'espressione volgare e ingiuriosa "ma vaffa …." ha superato, anche se di poco, il limite del diritto della libera manifestazione del pensiero. All'attore quindi devono essere riconosciuti 2.000 euro a titolo risarcitorio.

Il "vaffa" di un carabiniere alle offese su Facebook a Mattarella

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Un soggetto conviene dinnanzi al Tribunale di Roma un Carabiniere, nei confronti del quale avanza domanda di risarcimento per danno morale derivante dalla lesione della sua reputazione. Il convenuto si è infatti permesso di rispondere in modo volgare a un commento negativo dell'attore pubblicato sul proprio profilo Facebook, nei confronti del Presidente della Repubblica Mattarella.

Il post dell'attore, se da una parte ha scatenato reazioni di condivisione, gradimento o violenta manifestazione di odio verso il Presidente della Repubblica, ha infatti provocato le ire del Carabiniere convenuto, che ha risposto con il seguente commento: " ma vaffa…Tu non sei nemmeno degno di leccare i piedi a Mattarella. E se scendi in piazza ci sarò anch'io, ma dall'altra parte."

Il convenuto rigetta quindi le richieste risarcitorie avanzate, stante la sua legittima esternazione a un commento altamente offensivo e lesivo del prestigio del Capo dello Stato.

Si esercita il diritto di critica se si valuta un dato fattuale

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Il Tribunale chiarisce che, prima di tutto, occorre bilanciare il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, esercitato da entrambe le parti, con i diritti all'onore e alla reputazione, meritevoli anch'essi di tutela costituzionale.

A tal fine occorre chiarire che il diritto di critica valuta un fatto e nell'esercitarlo l'autore può esprimersi legittimamente anche manifestando un chiaro dissenso. È stato tuttavia affermato che "Sebbene il diritto di critica abbia confini più ampi del diritto di cronaca, affinché non si configuri la diffamazione è necessario che il giudizio, anche severo e irriverente, sia collegato col dato fattuale dal quale il "criticante" prende spunto."

Passando all'analisi del post in cui l'attore critica il Presidente Mattarella il Tribunale rileva che il linguaggio, pur esprimendo disistima e disprezzo, a volte anche marcatamente, non risulta mai volgare, violento e tale da istigare alla violenza.

Il vaffa, anche se sdoganato, è volgare e ingiurioso

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Per quanto riguarda invece la reazione del convenuto, a cui non può essere riconosciuta l'attenuante della provocazione, il Tribunale rileva come costui non si sia limitato a replicare con argomenti di segno contrario, preferendo ricorrere "ad un epiteto volgare che ha rivolto a colui che aveva in qualche modo dato origine alla catena dei commenti, il quale però, a differenza di molti di quelli che lo hanno seguito, ha contenuto il proprio pensiero nella cornice di una legittima manifestazione del diritto di critica."

Per il Tribunale infatti "L'espressione ma vaffaculo" deve considerarsi un'ingiuria non giustificata né dalla condotta dell'offeso, né dal contesto complessivo entro il quale è avvenuta la comunicazione. La volgarità in questione, per quanto sdoganata da un utilizzo diffuso, conserva infatti una valenza obiettivamente denigratoria, quantomeno se utilizzata in risposta ad affermazioni di tutt'altro tenore linguistico ed al di fuori di contesti giocosi o di veri e propri scontri verbali."

La condotta del convenuto che interessa in sede di giudizio quindi è ristretta alla parte del commento in cui utilizza i termini "ma vaffanculo" che non configura l'esercizio di un diritto di critica e che, anche se ha travalicato i limiti del diritto della libera manifestazione del pensiero fa ritenere che il danno in concreto patito dall'offeso ha varcato appena quella soglia minima di rilevanza o di tolleranza oltre la quale il pregiudizio diviene risarcibile. "E' del tutto inverosimile infatti che il ricorrente abbia subito una qualunque flessione della considerazione di cui gode nel mondo accademico o dell'avvocatura a causa della improvvida uscita del convenuto." Da qui, il riconoscimento di un disagio che si ritiene correttamente ristorato con la somma di 2000 euro.

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