Data: 24/02/2020 15:00:00 - Autore: Francesco Pandolfi
Avv. Francesco Pandolfi - In materia di sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari (art. 861 co. primo, lett. d d. lgs. n. 66/10) con iscrizione d'ufficio dell'interessato (Sottotenente dell'Arma dei Carabinieri della riserva) nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado ai sensi dell'art. 861 co. quarto del segnalato decreto legislativo, per valutare la fattibilità di un ricorso amministrativo avverso la sanzione bisogna capire se l'addebito iniziale è stato o meno confermato in sede di inchiesta formale.

Perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari

Se la risposta è sì, cioè se l'addebito è stato confermato, il ricorso sarà difficile da sostenere in quanto la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione risulterà immune da un'eventuale motivo di ricorso che rappresenti il vizio di sproporzione.

Se la risposta è no, cioè se l'addebito non è stato confermato, il ricorso sarà invece sostenibile dal momento che le conclusioni svolte dall'ufficiale inquirente di fatto non risulteranno allineate all'addebito inizialmente disegnato.

Ciò potrebbe verificarsi perché magari quelle conclusioni modificano o riducono la rilevanza disciplinare della condotta dell'interessato, in modo che l'esito dell'inchiesta formale potrebbe rappresentare una condotta più tenue del militare (non evidenziata nel verbale della Commissione di disciplina).

Il caso: indebita condotta del militare

Anche se non è facile valutare la reale fattibilità di un ricorso di questo tipo, un aiuto per questa valutazione proviene dalla Magistratura di secondo grado.

In effetti, ad occuparsi della delicata questione è stata ultimamente la Sezione Quarta del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1136/2020 del 19.12.2019, pubblicata in data 13.02.2020.

Si è trattato di una pronuncia favorevole al militare e di condanna del Ministero della Difesa al pagamento delle spese del doppio grado, con annullamento del provvedimento sanzionatorio salvi gli ulteriori provvedimenti.

Cerchiamo, allora, di riassumere in estrema sintesi l'articolata sentenza.

L'indebita condotta tenuta dal militare, evidenziata in sede penale, era stata rimproverata sotto l'aspetto disciplinare in quanto gravemente contraria al principio di rettitudine che di regola deve improntare l'agire di un militare, contraria ai doveri attinenti al giuramento prestato e a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all'Arma dei Carabinieri, anche se in congedo, nonché lesiva del prestigio dell'Istituzione.

I fatti (nel processo penale si parlava di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ed al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sentenza esitata in prescrizione), disciplinarmente accertati, erano stati di rilevanza tale da richiedere l'applicazione della massima sanzione disciplinare di stato.

L'esito della causa amministrativa

Ora, era però accaduto che mentre la sanzione della perdita del grado irrogata all'inizio era ritenuta proporzionata alla gravità dei fatti di cui si era parlato nel sottostante accertamento penale, successivamente i risultati cui era giunto l'Ufficiale inquirente nella relazione finale si erano presentati in qualche modo contraddittori ed in contrasto con la sanzione irrogata, non avendo costituito oggetto di esame in sede di Commissione di disciplina e, tutto sommato, apparsi come se fossero stati collocati all'interno di un acritico riferimento agli atti endoprocedimentali.

In pratica, con la sanzione irrogata al militare erano stati addossati gravi fatti penali ed era stata messa in evidenza la ripercussione di questi sul versante disciplinare, mentre nella relazione finale dell'inquirente era emerso un profilo del sottotenente molto diverso, superficiale magari ma non così lesivo del prestigio dell'Arma o contrario ai doveri di giuramento, di correttezza e di esemplarità.

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