Data: 25/02/2020 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione, con sentenza n. 6227/2020 (sotto allegata) rinvia a una nuova sezione della Corte d'Appello affinché si pronunci nuovamente sul caso di un padre, condannato in primo grado e poi assolto dal giudice di seconde cure per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all'art 570 c.p., in quanto per gli Ermellini i fatti per i quali è stato imputato risalgono a un'epoca anteriore alla dichiarata patologia cardiaca dell'uomo, inoltre non è stato dimostrato che tale malattia gli ha impedito di lavorare totalmente e quindi di adempiere all'obbligo contributivo, tanto è vero che lo stesso ha dichiarato di aver lavorato seppur saltuariamente. Inoltre è emerso che nei periodi di disoccupazione lo stesso non si è attivato per cercare lavoro.

Violazione obblighi assistenza familiare art. 570 c.p.

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La Corte d'Appello riforma la sentenza di primo grado, che lo ha condannato per la mancata corresponsione del contributo al mantenimento del figlio minore per il periodo intercorrente dal primo gennaio del 2013 fino al 3 marzo 2014, assolvendolo dal reato di cui all'art 570 c.p. commi 1 e 2 perché il fatto non costituisce reato.

Il padre non può essere assolto se la malattia è successiva ai fatti

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Ricorre in Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica deducendo violazione di legge e contraddittorietà della motivazione della sentenza del giudice d'appello per i seguenti motivi.

La Corte in assenza di una prova relativa alla situazione clinica dell'imputato, lo ha assolto, contraddicendo una sua anteriore decisione di condanna per lo stesso reato riferito a un precedente arco temporale.

Nei confronti della prima sentenza l'imputato ha fatto ricorso in Cassazione, che però lo ha dichiarato inammissibile perché i fatti contestati si riferivano a un periodo precedente (dal primo febbraio 2009 al 31 dicembre 2012) rispetto a quello del dicembre 2014, in cui era stata accertata un'invalidità del 35%.

Rischia la condanna il padre cardiopatico che non mantiene il figlio

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La Cassazione con la sentenza n. 6227/2020 accoglie il ricorso del Procuratore Generale perché fondato e rinvia ad un'altra sezione della Corte d'Appello, affinché si pronunci nuovamente sulla vicenda. Dagli elementi raccolti è emerso infatti che:

  • le condizioni di salute dell'imputato non ne hanno cagionato la totale incapacità economica, visto che lo stesso ha affermato di aver lavorato saltuariamente e di aver guadagnato mensilmente 500 euro;
  • l'uomo non si è attivato nel cercare lavoro nei periodi in cui è stato disoccupato;
  • la affermazioni relative alle patologie cardiache da cui si è dichiarato affetto sono risultate generiche. Non è stata inoltre raggiunta la prova atta a dimostrare che tali patologie hanno determinato la totale impossibilità di lavorare, tanto che lo stesso ha dichiarato di aver lavorato, seppur saltuariamente;
  • dalla documentazione medica presentata non è emerso un impedimento assoluto ad adempiere all'obbligo di contribuzione al mantenimento del figlio in relazione all'arco temporale delimitato nell'accusa.

Per la Cassazione quindi la Corte d'Appello, anche se non è obbligata a rinnovare l'istruttoria, è comunque tenuta a fornire una motivazione precisa e adeguata, che spieghi le ragioni per le quali è giunta a una decisione diversa dal giudice precedente, mettendone in evidenza le carenze e le incertezze che ne giustificano la riforma.

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