Data: 26/02/2020 22:00:00 - Autore: Franco Gallo
Avv. Franco Gallo - È fatto notorio di questi giorni, che tante persone si sono trovate ad aver sostenuto spese e/o prenotato viaggi, ed è altrettanto noto, che a causa di tale "virus", per la situazione che si è venuta a determinare, si trovano "nell'impossibilità" di dover affrontare tali viaggi, anche rinunciandovi.
È anche vero, che sui propri siti internet, le società di trasporti hanno pubblicato "opuscoli" informativi finalizzati alla restituzione delle spese oppure a posticipare i viaggi con un bonus elettronico di pari importo, utilizzabile entro un determinato tempo dalla data di emissione.
Ma come si deve comportare un consumatore?

Le norme e la ratio legis

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La normativa è abbastanza chiara.
In generale, la causa di un contratto, può esistere originariamente, ma possono sopravvenire delle circostanze che impediscono alla causa di funzionare. In tali casi si può chiedere la risoluzione del contratto e quindi sciogliersi dal vincolo contrattuale.
La risoluzione del contratto è un istituto che trova la propria compiuta disciplina agli articoli 1453 e seguenti del codice civile.

L'art. 1463 c.c.

Nel caso che ci interessa, proprio l'articolo 1463 C.C. (letto in combinato disposto con gli articoli 1218 e 1256 C.C.) recita "nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e, deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito".
La ratio legis si spiega considerando che nei contratti sinallagmatici, ciascuna prestazione trova giustificazione nella prestazione della controparte, pertanto, se una di esse viene meno, viene meno anche la causa che giustifica la controprestazione.
La risoluzione è volta pertanto alla tutela dell'equilibrio contrattuale, il cosiddetto "sinallagma funzionale", che può venire meno nel corso dell'esecuzione di un contratto. Ha come principale effetto quello di far venire meno il vincolo contrattuale, "liberando" le parti dalle obbligazioni contratte..

Coronavirus: causa di forza maggiore

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Nell'ipotesi di un biglietto aereo o ferroviario (ma la questione interessa anche viaggi di piacere ed istruzione) già acquistato, è pacifico che a fronte del "virus" attuale, si è costretti a rinunciare a tali viaggi.
Tale situazione improvvisa ed imprevedibile legittima la richiesta di restituzione delle somme corrisposte.
In effetti, la fattispecie in esame, si inquadra nell'ipotesi in cui la causa del contratto, consistente nella fruizione di un viaggio, diviene inattuabile per una causa di forza maggiore, non prevedibile e non ascrivibile alla condotta dei consumatori.
Pertanto è legittimo svincolarsi dal vincolo contrattuale e conseguentemente ottenere la restituzione delle somme corrisposte, dando rilievo alla congiunta valutazione della causa e dei motivi (determinanti) che avevano indotto all'acquisto, determinando così la "causa concreta del contratto" attinente alla funzione economico-sociale del negozio giuridico posto in essere.
Per l'effetto, il grave impedimento che non consente ai contraenti di usufruire del titolo, determina l'applicazione dell'art. 1463 c.c., ossia la risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione.

Risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta

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Per completezza è da specificare che la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile la prestazione del debitore, ma anche nel caso (di specie) in cui sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della controparte. Sempre che, ovviamente, tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore ed il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale, in cui consiste la causa concreta del contratto.
A tal proposito, non è superfluo evidenziare che l'impossibilità sopravvenuta, debba essere necessariamente ricollegata al fatto del terzo. Anzi la non imputabilità al debitore, non ristringe il campo delle ipotesi, ma consente di allargare l'applicazione della norma a tutti i casi in cui sia impossibile, per eventi imprevedibili e sopravvenuti, utilizzare la prestazione oggetto del contratto.

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