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Data: 04/03/2020 20:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 8332/2020 (sotto allegata) la Cassazione annulla il provvedimento impugnato dall'imputato solo per il mancato riconoscimento dell'attenuante contemplata dal comma 3 dell'art. 609 bis, che prevede il reato di violenza sessuale. Il fatto che la minore abbia subito raccontato alle persone care l'episodio è sintomatico di una non grave compromissione del suo equilibrio psichico. La sentenza però desta interesse soprattutto nella parte in cui chiarisce che lo screenshot di una chat presente su un cellulare, fa prova e può essere acquisita dal giudice, al pari di una qualsiasi fotografia.
Violenza sessuale aggravata su minore[Torna su]
Il Tribunale condanna l'imputato per il reato di violenza sessuale previsto dall'art. 609 bis c.p. aggravato, per avere costretto una minore a subire atti sessuali. La Corte d'appello riduce la somma liquidata in favore della parte civile, conferma il resto della sentenza e condanna l'imputato a pagare alla persona offesa le spese del giudizio d'appello. Il ricorso: lo screenshot degli sms non fa prova perché non è certo il mittente[Torna su]
L'imputato a questo punto ricorre in Cassazione sollevando quattro motivi di doglianza. Con il primo contesta l'assenza di motivazione relativa al mancato accoglimento dell'eccezione d'inutilizzabilità sollevata in merito all'acquisizione degli screenshot dei messaggi inviati dallo stesso al cellulare della madre della minore. La loro provenienza infatti non è stata accertata da alcuna perizia finalizzata ad accertare il mittente degli sms. Con il secondo lamenta la contraddittorietà della motivazione in relazione all'elemento oggettivo del reato. La condotta non è stata violenta e neppure repentina, ragione per cui può essere qualificata piuttosto come atti sessuali con minorenne, che prevede tra l'altro un trattamento più adeguato al disvalore dell'azione. Con il terzo contesta la contraddittorietà della motivazione sull'elemento soggettivo del reato. Per l'imputato non c'è stato dissenso da parte della minore, perché la stessa ha accettato il regalo di una ricarica telefonica di 70,00. Con il quarto infine lamenta carenza di motivazione sul mancato riconoscimento della diminuente di cui al comma 3 dell'art. 609 bis c.p., la quale prevede, nei casi di minore gravità, la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi. Diminuente che, secondo l'imputato, è frutto della mancata considerazione della reazione della minore che, dopo il fatto, ha chiesto di essere accompagnata a casa immediatamente. Gli screenshot degli sms di una chat costituiscono prove legittime[Torna su]
La Cassazione con la sentenza n. 8332/2020 annulla il provvedimento impugnato, limitatamente alla configurabilità della ipotesi attenuata di cui all'art. 609 bis, comma 3 c.p e rinvia per un nuovo giudizio, fornendo ai motivi sollevati dall'imputato le seguenti risposte. Per la Cassazione il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente non ne ha illustrato il rilievo e l'incidenza ai fini del decidere, con conseguente carenza di specificità del motivo. Esso inoltre è infondato perché così come non è illegittimo fare foto dello schermo di un cellulare, in cui compaiono dei messaggi per acquisirne documentazione, non è illegittimo acquisirle come prova. Per quanto riguarda il secondo motivo, con cui si contesta la riconducibilità della condotta dell'imputato a un'azione violenta, la Cassazione ribadisce che la violenza sessuale consiste nella violenza fisica, nella intimidazione psicologica, ma anche nel compimento di gesti sessuali repentini all'insaputa della persona offesa, per prevenirne il dissenso, a prescindere dal fatto che la minore manifesti un consenso, sebbene viziato o un dissenso, esattamente come accaduto nel caso di specie. L'imputato infatti ha baciato la ragazza sul collo, le ha palpato il sedere e ha tentato di baciarla, con una successione talmente rapida di azioni da impedire alla stessa di difendersi e opporsi nell'immediato. Evidente tuttavia la violenza, visto che la ragazza subito dopo ha reagito alle insistenze dell'uomo. Infondato anche il terzo motivo in cui l'imputato fa presente di aver acquisito il consenso della ragazza solo perché la stessa ha accettato come regalo una ricarica telefonica di 70 euro. Dalle prove è emersa infatti la piena consapevolezza dell'imputato del dissenso della vittima "stante il fastidio immediatamente manifestato dalla ragazza per gli approcci di un uomo che all'epoca aveva circa 60 anni di età, mentre la minore ne aveva meno di 14, e l'inverosimiglianza della esistenza di una disponibilità della minore in conseguenza del regalo da parte del ricorrente di una ricarica telefonica del valore di 70 euro". Conclusioni confermate tra l'altro da massime di esperienza. Fondato invece l'ultimo motivo, con cui l'imputato contesta il mancato riconoscimento dell'attenuante prevista dall'art. 609 bis, comma 3 c.p., che la Corte d'appello ha escluso a causa del crescendo della condotta dell'uomo. Valutazioni che però non risultano logiche e coerenti con i fatti. Il grado ridotto di coartazione esercitato sulla minore si desume dal fatto che la ragazza ha subito raccontato l'episodio alla madre, al padre, alla sua migliore amica e alle due sorelle "possibile indice di una non grave compromissione del suo equilibrio psichico." Leggi anche Cassazione: lo screenshot vale come prova |
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