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Data: 09/03/2020 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - La Cassazione con l'ordinanza n. 6161/2020 (sotto allegata) respinge il ricorso di una terza trasportata, che ha riportato danni a causa di una caduta da un motociclo. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il divieto del casco a scodella per i motocicli non è entrato in vigore un anno dopo rispetto al sinistro del 2009, bensì nel 2000. Va quindi negato il risarcimento in suo favore se, nonostante il divieto vigente ormai da diversi anni, la stessa indossava il casco a scodella al momento della caduta.
Terza trasportata cade dal motociclo e riporta danni fisici[Torna su]
Una terza trasportata cita in giudizio il conducente, l'assicuratore e il proprietario di un motociclo, perché in seguito a una caduta dallo stesso, ha riportato danni per 20.000 euro. Caduta cagionata dalla distrazione del conducente che, non avvedendosi della presenza di alcuni cani sulla carreggiata perdeva il controllo del motociclo e rovinava a terra. A causa del gesto repentino la trasportata sbatteva prima il viso contro il casco del conducente, riportando lesioni al viso e ai denti, mentre a causa della successiva caduta riportava danni alla spalla e al ginocchio destro. Il Giudice di Pace dichiara la responsabilità del conducente, del proprietario del motociclo e nella misura del 50% della trasportata, ritenendo inammissibile l'azione proposta nei confronti dell'assicuratore. La trasportata propone quindi appello, ritenendo errata la decisione del Giudice di Pace, ma il Tribunale accoglie la domanda solo in parte, dichiarando ammissibile l'azione intrapresa nei confronti dell'assicuratore. Al sinistro del 2009 si applica il divieto del casco a scodella?[Torna su]
La terza trasportata ricorre quindi in Cassazione sollevando sei motivi di ricorso, tra cui rilevano per l'argomento che si intende trattare, i primi quattro.
Il divieto del casco a scodella per i motocicli vige dal 2000[Torna su]
La Cassazione con l'ordinanza n. 6161/2020 accoglie solo il sesto motivo del ricorso, che verte sulle spese di giudizio e rigetta tutti gli altri. Per gli Ermellini il primo motivo del ricorso non è specifico. Il Giudice di Pace ha dato peso al fatto che la donna non indossasse il casco omologato, mentre il Tribunale ha rilevato il "nesso di causalità tra il mancato utilizzo del casco integrale e dei danni in questione." Il giudice del gravame quindi ha dato rilievo al fatto che la donna non indossasse il casco non integrale, non quello non omologato. Profilo che però non è stato contestato con il motivo, che si fonda piuttosto su una presunta non contestazione sull'uso del casco regolare. La seconda censura è infondata. Per parte ricorrente il giudice avrebbe dovuto ritenere non allegato e non provato che non indossasse il casco integrale. Tale circostanza però non è stata dedotta dalla ricorrente, che si è limitata a dichiarare che "indossava un casco regolamentare di protezione omologato regolarmente allacciato." Il terzo e il quarto motivo esaminati congiuntamente sono infondati. La Corte ribadisce infatti che "la legge 29 luglio 2020 n. 120, all'articolo 28, con decorrenza a dal 12 ottobre 2010, ha reso illegittimo l'utilizzo del casco con omologazione DGM (cd a scodella) anche per i ciclomotori, mentre per gli altri veicoli (motocicli) la sospensione delle omologazioni era già intervenuta con D.M. 28 luglio 2000. Pertanto, parte ricorrente avrebbe dovuto dedurre, ai sensi dell'articolo 366, n. 6 c.p.c., che la vicenda riguardava la circolazione di un ciclomotore, cioè di un veicolo a due ruote di cilindrata non superiore a 50 c.c. e velocità massima di 45 km all'ora. Tale elemento difetta nel ricorso" che anzi si riferisce a un sinistro del 15 ottobre 2009 ed a un "motoveicolo" Honda SH, cioè un motociclo con cilindrata e velocità superiori, per il quale il divieto di utilizzo del cd casco a scodella (DGM) era assai precedente alla data di verificazione del sinistro." Leggi anche Casco a scodella? Niente risarcimento |
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