Data: 10/03/2020 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Con ordinanza n. 6392/2020 (sotto allegata) la Cassazione ribadisce che in caso di danni riportati per colpa dei cani randagi a risponderne è l'ente o gli enti a cui, secondo le leggi regionali che danno attuazione alla legge quadro nazionale n. 281/1991 è attribuito il dovere di prevenire il pericolo per l'incolumità della popolazione attraverso la cattura e la custodia degli stessi.

Ciclista cade per colpa di un cane randagio

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Un ciclista conviene in giudizio il Comune e una S.p.a per sentirli condannare al risarcimento delle lesioni riportati in seguito a una caduta in bicicletta provocata dall'assalto di un cane, a causa del quale perdeva l'equilibrio e sbatteva la testa su alcuni cassonetti di metallo destinati alla raccolta dei rifiuti posizionati all'interno della carreggiata. Il Tribunale condanna il Comune a pagare 40,076,27 dichiarando il difetto di legittimazione passiva della S.p.a.

Il Comune ricorre in Appello e la Corte, in accoglimento del gravame, riforma la sentenza di primo grado. Per la legge quadro n. 281/1992 infatti, in materia di animali da affezione e randagismo e dell'art 7 della legge Regione Calabria n. 4/2000 è compito della A.s.l locale provvedere alla vigilanza preventiva del fenomeno del randagismo. Nessuna responsabilità quindi deve riconoscersi in capo al Comune, al quale per legge spetta solo il compito di realizzare e garantire la presenza di strutture idonee per il ricovero e la custodia dei cani e di creare sul territorio un rapporto corretto tra uomo e animali.

Non rileva ai fini della responsabilità del Comune neppure la presenza dei cassonetti destinati alla raccolta dell'immondizia, sulla carreggiata, perché il giorno del sinistro erano ben visibili e non rappresentavano un'anomalia della cosa in custodia. La caduta del ciclista infatti è avvenuta per l'intervento dei cani randagi. I cassonetti non hanno avuto alcun ruolo causale nella caduta. Il ciclista sarebbe caduto ugualmente anche in assenza degli stessi e le lesioni sarebbero state le stesse se al loro posto vi fosse stata un'auto o un altro veicolo in sosta.

Responsabile il Comune per omessa sorveglianza

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Ricorre in Cassazione il ciclista. Il Comune e la S.p.a non svolgono attività difensiva. Il relatore propone la trattazione ai sensi dell'art 380 c.p.c. La proposta e il decreto che fissa l'udienza di trattazione in Camera di Consiglio viene notificato alle parti. Questi i motivi sollevati dal ricorrente.

Con il primo contesta la conclusione del giudice sulla responsabilità esclusiva della A.s.l per quanto riguarda i compiti di vigilanza e controllo sul fenomeno del randagismo. Dal tenore degli artt. 2 e 7 della legge regione Calabria n. 41/90 risulta infatti che alle A.s.l spetti solo il compito di catturare e recuperare i randagi, non il più ampio dovere di vigilanza e sorveglianza del fenomeno per garantire la sicurezza dei cittadini. Spetta al Comune controllare e vigilare il territorio e applicare correttamente la normativa in materia di randagismo.

Con il secondo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo ai fini del decidere. La Corte non ha infatti considerato provata la natura randagia del cane aggressore.

Con il terzo il ricorrente solleva l'errata applicazione dell'art. 2051 c.c. al posto della più generica disposizione contemplata dall'art. 2043 c.c., limitandosi a escludere gli elementi della visibilità e prevedibilità della cosa in custodia, senza considerare nel suo complesso la condotta colposa omissiva del Comune nel produrre il danno, visto che i cassonetti erano sulla strada e non nella piazzola a ciò destinata.

Spetta al Servizio veterinario prevenire il pericolo

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La Cassazione con ordinanza n. 6392/2020 rigetta il ricorso per i motivi che si vanno a esporre.

La Corte ritiene il primo motivo infondato con conseguente assorbimento del secondo. La Corte di legittimità ha infatti già avuto modo di precisare che "la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi spetta esclusivamente all'ente o agli enti, cui le singole leggi regionali, attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuiscono il dovere di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti e randagi." Nel caso di specie l'art. 12 comma 2 della legge della Regione Calabria n. 41/1990 attribuisce questo dovere di prevenzione al Servizio veterinario istituito presso le unità sanitarie locali, ora aziende locali.

Parimenti infondato il terzo motivo. La Corte ha applicato in modo corretto l'art. 2051 c.c., accertando l'inesistenza del nesso tra la cosa, ovvero i cassonetti e la caduta del ciclista, nesso comunque necessario anche per affermare la responsabilità ai sensi dell'art 2043 c.c. L'irrilevanza causale della posizione dei cassonetti rende pertanto irrilevante ogni indagine sulla condotta del Comune in merito.

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