Data: 11/03/2020 11:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Consulta con la pronuncia n. 44/2020 (sotto allegata) dichiara l'incostituzionalit� dell'art. 22 comma 1 lettera b) della legge Regione Lombardia n. 16 del 18 luglio 2016 nella parte in cui richiede, come requisito di accesso alle case popolari, la residenza anagrafica o lo svolgimento di attivit� lavorativa nel territorio regionale da almeno 5 anni al momento della presentazione della domanda. Tale requisito viola inevitabilmente il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione dando vita a una forma di discriminazione indiretta nei confronti di chi, italiano o straniero, ha dovuto mutare residenza per ragioni di lavoro o ha semplicemente esercitato il proprio diritto di circolazione. Da non dimenticare che l'abitazione, anche se non � sancito espressamente dalla Costituzione, � un diritto fondamentale e inviolabile della persona.

Incostituzionale chiedere residenza di 5 anni per la casa popolare

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Il Tribunale ordinario promuove la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 22 comma 1 lettera b) della legge Regione Lombardia n. 16 del 18 luglio 2016, che contiene la disciplina regionale dei servizi abitativi. La norma prevede che "i beneficiari dei servizi abitativi pubblici devono avere i seguenti requisiti: b) residenza anagrafica o svolgimento di attivit� lavorativa in Regione Lombardia per almeno 5 anni nel periodo immediatamente precedente la data di presentazione della domanda."

Il giudice remittente � stato adito da un cittadino tunisino, dalla CGIL Lombardia, da ASGI (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) e da NAGA (Associazione volontaria di assistenza socio-sanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, rom e sinti), che hanno agito contro la Regione Lombardia in quanto il Regolamento regionale n. 4 del 4 agosto 2017, mette in atto una forma di "discriminazione indiretta in danno degli stranieri, che godono del diritto alla parit� di trattamento nell'accesso all'abitazione."

Il Tribunale remittente ha valutato le questioni d'incostituzionalit� sollevate non manifestamente infondate perch�, dopo aver illustrato le norme che limitano l'accesso alle prestazioni assistenziali ha rilevato: " la violazione dell'art. 3 Cost., sotto tre profili. In primo luogo, la configurazione della residenza (o dell'occupazione) protratta come condizione dirimente per l'accesso ai servizi abitativi pubblici, anche per le famiglie economicamente deboli, si pone [�] in patente contrasto con la vocazione sociale propria dell'esigenza dell'abitazione. Il servizio abitativo pubblico risponde direttamente a finalit� di eguaglianza sostanziale predicata espressamente dall'art. 3, secondo comma Cost., e il requisito della residenza protratta (considerata unico indice del radicamento territoriale) non avrebbe alcun ragionevole collegamento con la funzione sociale dei servizi abitativi pubblici."

A questa violazione si aggiunge quella del principio di ragionevolezza perch� non c'� una necessaria correlazione tra la durata della residenza e il disagio economico. Non si pu� infatti desumere che, chi vive in Lombardia da almeno 5 anni si trova in una situazione di disagio economico minore rispetto a uno che vi risieda da pi� tempo. La residenza protratta per almeno 5 anni quindi � un elemento arbitrario, scollegato dalla situazione di bisogno.

Edilizia popolare, servizio sociale che garantisce diritto inviolabile abitazione

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La Consulta, in riferimento alla questione di illegittimit� costituzionale della norma regionale ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, precisa che "il diritto all'abitazione rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialit� cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione ed � compito dello Stato garantirlo, contribuendo cos� a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della dignit� umana (...) Bench� non espressamente previsto dalla Costituzione, tale diritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili e il suo oggetto, l'abitazione, deve considerarsi bene di primaria importanza (�) L'edilizia residenziale pubblica � diretta ad assicurare in concreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perch� serve a garantire un'abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo ove � la sede dei loro interessi (...) L'edilizia residenziale pubblica rientra dunque nell'ambito dei servizi sociali."

Discriminatoria residenza quinquennale per accedere alle case popolari

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Fatta questa doverosa premessa la Consulta passa all'analisi specifica dell'art. 22 comma 1, lettera b), della legge Regione Lombardia n. 16/2016, da cui emerge l'irragionevolezza del requisito della residenza ultraquinquennale come condizione di accesso al beneficio dell'alloggio ERP. La ratio del servizio infatti � di garantire il bisogno abitativo, ma la condizione della preventiva residenza quinquennale nella Regione non presenta alcun collegamento con tale finalit�.

Il requisito del radicamento territoriale che ha ispirato la norma non pu� escludere il primario stato di bisogno della persona. Irragionevole escludere dalla graduatoria dei soggetti solo perch� non residenti da 5 anni nella Regione. Il requisito della stabilit� potrebbe avere un senso in sede di formazione della graduatoria, ma non pu� essere impiegato per escludere a priori l'accesso al servizio, perch� in questo modo si nega la funzione sociale dell'edilizia residenziale pubblica. Non solo, la norma cos� come concepita rischia di "privare certi soggetti dell'accesso alle prestazioni pubbliche solo per il fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza."

La Consulta conclude quindi che l'art. 22, comma 1, lettera b), della legge della Regione Lombardia n. 16/2016, nella parte in cui richiede il requisito della residenza (o dell'occupazione) ultra-quinquennale come condizione per accedere al beneficio dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica contrasta con l'art. 3 Costituzione:

  • perch� da origine a una irragionevole disparit� di trattamento in danno di cittadini e stranieri che non ne siano in possesso;
  • e perch� tale requisito, in violazione del principio di uguaglianza sostanziale, contraddice la funzione sociale dell'edilizia residenziale pubblica.
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