|
Data: 23/06/2020 04:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Reato di omicidio colposo art. 589 c.p.[Torna su]
La Cassazione con la sentenza n. 10175/2020 (sotto allegata) chiarisce che in materia di responsabilità medica e di omicidio colposo del paziente, il fatto che il medico rispetti le linee guida accreditate dalla comunità scientifica non ne esclude automaticamente la colpa. Occorre infatti accertare se il quadro clinico specifico del paziente non imponga di seguire un percorso terapeutico diverso rispetto a quello previsto dalle linee guida. Nella vicenda, la Corte d'appello conferma la decisione di primo grado, che ha condannato l'imputata alla pena sospesa di un anno di reclusione e al risarcimento delle parti civili per il reato di omicidio colposo. Nella qualità di medico in servizio nel reparto di cardiologia di un nosocomio che aveva in cura una paziente, l'imputata ne provocava il decesso, a causa d'insufficienza cardiocircolatoria acuta da trombo embolia polmonare massiva per trombosi venosa profonda. L'imputata è stata accusata d'imprudenza e negligenza per non aver prescritto e somministrato l'adeguata terapia profilattica anti-trombotica a base di eparina che, se somministrata tempestivamente, avrebbe potuto scongiurare l'evento. Il ricorso in Cassazione[Torna su]
L'imputata ricorre in Cassazione lamentando con il primo motivo la lacuna della motivazione sulla causa della morte, perché non si può escludere che la stessa si sia verificata per un'embolia autoctona della vena cava piuttosto che una trombosi venosa profonda negli arti inferiori, per un evento imprevedibile e inevitabile. Con il secondo invece contesta la carenza di motivazione e l'errata interpretazione dell'art 40 c.p. L'imputata non poteva ritenersi gravata da una posizione di garanzia nei confronti della vittima perché aveva un contratto settimanale di 22 ore, ha visitato la paziente solo tre volte e non era presente la mattina del ricovero. Con il terzo denuncia un vizio motivazionale in quanto non è stato accertato, con un giudizio contro-fattuale, se e con quali probabilità la somministrazione di eparina, che è stata considerata come causa del decesso, avrebbe effettivamente impedito la morte della paziente. Del resto gli stessi consulenti del P.M. hanno chiarito che il metodo di profilassi impiegato non è comunque in grado di annullare il rischio di trombosi venosa, inoltre non sono state prese in considerazione le condizioni della paziente, immobile da tre giorni, affetta da anemia sideropenica aggravata, presenza di sangue nelle urine, sospetta gastrite erosiva o lesione ulcerosa gastrica. Dati da cui si evince l'impossibilità di ritenere doverosa la somministrazione di eparina. Con il quarto rileva la carenza motivazionale in relazione alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale che avrebbe reso necessaria la nomina di un perito per contestare le conclusioni del consulente d'ufficio. Con il quinto si fa presente che la colpa dell'imputata deve qualificarsi come lieve, stante le condizioni pregresse della paziente, mentre con il sesto si contesta la motivazione apodittica sulla negazione delle attenuanti generiche. Rispettare le linee guida non basta, occorre valutare le condizioni del paziente[Torna su]
La Corte accoglie il ricorso, annulla la sentenza e rinvia per un nuovo esame a una nuova sezione della Corte d'Appello di Roma. La Cassazione ritiene infondato il primo motivo perché il Tribunale ha identificato correttamente la causa del decesso nella trombosi profonda venose prevedibili ed evitabile. Infondato anche il secondo motivo perché lo svolgimento di attività da parte dello specializzando comporta sempre l'assunzione di una posizione di garanzia, non essendo necessaria un'assegnazione formale. Da accogliere invece il terzo motivo di ricorso, in quanto alla luce dei principi che gli Ermellini enunciano nella sentenza "che impongono di verificare, in base al meccanismo contro-fattuale, che l'azione (doverosa) omessa avrebbe impedito l'evento, secondo un giudizio di alta probabilità logica, fondato non solo su affidabili informazioni scientifiche, ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, tale motivazione risulta lacunosa nella parte in cui si limita ad affermare la sussistenza del nesso causale alla luce del mero dato statistico ed astratto, prescindendo completamente dalla situazione concreta e, cioè, dalle condizioni specifiche della paziente (…) dai tempi ordinari e specifici di efficacia della terapia omessa; dalla stessa evoluzione della patologia trombotica e dall'analisi del relativo grado di gravità al momento in cui si sarebbe dovuta iniziare la terapia omessa." La motivazione è lacunosa in relazione alla sussistenza della elevata probabilità logica dell'efficacia salvifica delle cure omesse. Il Tribunale e la Corte d'Appello hanno escluso in modo illogico e contraddittorio il rischio emorragico aderendo alle indicazioni dei consulenti del P.M. fondate sulle linee guida del 2011, che indicano alcune situazioni a cui si associa il rischio emorragico. Per la Corte però le linee guida non possono escludere che il medico, valutando la situazione specifica della paziente, individui altri elementi sintomatici nel concreto del rischio emorragico. Per questo ricorda che, secondo l'orientamento della corte di legittimità "in tema di responsabilità medica, il rispetto delle linee guida accreditate presso la comunità scientifica non determina, di per sé, l'esonero della responsabilità penale del sanitario (…) dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del paziente imponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato dalle linee guida." La Corte sancisce quindi che il giudice del rinvio dovrà adeguatamente e approfonditamente motivare quale posizione dei periti accogliere in base alle leggi scientifiche, senza poter prescindere comunque dalla valutazione del caso concreto. L'accoglimento del terzo motivo comporta infine l'assorbimento di tutti gli altri. Leggi anche La responsabilità medica |
|