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Data: 19/03/2020 14:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - La sentenza n. 54/2020 della Corte Costituzionale (sotto allegata) chiarisce che la norma che esonera dal pagamento dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni solo i parenti, ma non gli affini non viola il principio di uguaglianza e non realizza alcuna forma di discriminazione. Il legislatore nell'introdurre questa norma non ha voluto tutelare la famiglia quanto piuttosto semplificare e rilanciare l'economia.
Affini esonerati dall'imposta sulle successioni e donazioni?[Torna su]
Il giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Commissione Tributaria Regionale del Molise riguarda l'art 13. comma 2 della legge n. 383/2001 il quale così dispone: "2. I trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, fatti a favore di soggetti diversi dal coniuge, dai parenti in linea retta e dagli altri parenti fino al quarto grado, sono soggetti alle imposte sui trasferimenti ordinariamente applicabili per le operazioni a titolo oneroso, se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore all'importo di 350 milioni di lire. In questa ipotesi si applicano, sulla parte di valore della quota che supera l'importo di 350 milioni di lire, le aliquote previste per il corrispondente atto di trasferimento a titolo oneroso." La questione di legittimità costituzionale[Torna su]
L'art. 13 comma 2 della legge n. 383/2001, applicabile ratione temporis nel giudizio principale, per la Commissione tributaria Regionale remittente viola gli articoli 2, 3, 29 e 31 della Costituzione nella parte in cui non include gli affini tra i soggetti esonerati dal pagamento dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni. La Commissione in particolare ritiene violato l'art. 3 della Costituzione perché determina un'ingiustificata discriminazione e una disparità di trattamento irragionevole rispetto ai parenti. Violati anche gli artt. 2, 29 e 31 della Costituzione "in considerazione del favore espresso dalla carta Costituzionale nei confronti della famiglia e dei rapporti che ivi si esplicano." Gli articoli 29 e 31 della Costituzione infatti prevedono una tutela particolare dell'intera comunità familiare che dovrebbe comprendere anche gli affini, oltre che i familiari. Non è incostituzionale pagamento imposte donazioni e successioni per affini[Torna su]
La Corte Costituzionale ammette la questione di illegittimità relativa all'art. 3 della Costituzione perché motivata, mentre non risultano ammissibili le questioni relative alla violazione degli articoli 2, 29 e 31 della Costituzione messi in relazione tra loro. Nel merito però è infondata la questione d'illegittimità costituzionale della norma con l'art. 3 della Costituzione. La Corte rileva prima di tutto come la selezione dei soggetti passivi dell'imposta rientra nei poteri discrezionali del legislatore tributario "che ha costantemente graduato (…) l'imposizione in ragione della prossimità familiare tra il disponente e il beneficiario. La selezione dei soggetti passivi trova inoltre, nel caso di specie una non irragionevole giustificazione anche nell'esigenza di limitare l'impatto finanziario della riforma del 2001, come risulta dai lavori preparatori." La finalità della norma, spiega la Consulta, non era di attuare una forma di tutela costituzionale della famiglia quanto piuttosto quella di rilanciare l'economia e semplificare. Non solo, l'esame delle numerose disposizioni indicate dalla Commissione remittente "rende evidente la mancanza di elementi che dimostrino la necessità sistematica di garantire una ricorrente e generalizzata omogeneità di trattamento tra parenti e affini dalla quale si possa dedurre la rottura della coerenza dell'ordinamento ad opera della norma censurata." Leggi anche: - Imposta successioni e donazioni - Vendita di immobili per testamento: chi paga le imposte? - Successioni: tasse e imposte |
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