Data: 31/03/2020 17:30:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 10596/2020 (sotto allegata) accoglie il ricorso di un imputato condannato in primo grado e in sede d'appello per il reato di violenza sessuale aggravata dall'uso di alcool e sostanze stupefacenti ai sensi dell'art. 609 ter comma 1, n. 2 c.p. L'aggravante in questo caso infatti non può essere riconosciuta perché non è stato l'autore del reato a usare droga e alcool per poi violentare la vittima. La stessa ha infatti fumato uno spinello in autonomia diverso tempo prima d'incontrare il suo violentatore.

Violenza sessuale aggravata da alcool e droghe

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La Corte d'Appello riforma in parte la sentenza di primo grado e conferma la responsabilità dell'imputato per il reato di violenza sessuale aggravato dall'uso di sostanze alcoliche e stupefacenti e sottrazione consensuale di minore, illeciti commessi in data 12 e 14 novembre 2014. L'imputato viene condannato alla pena di sei anni e sei mesi di reclusione. Per i giudici di merito l'imputato ha indotto la persona offesa a subire atti di violenza sessuale, anche anale e orale, abusando della condizione d'inferiorità psichica della stessa, in quanto affetta da deficit psichico e cognitivo e perché sotto l'effetto di alcool e droghe, minacciandola e allettandola.

Aggravante uso di alcool e droga

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L'imputato contesta in un unico motivo il riconoscimento a suo carico dell'aggravante dell'uso di sostanze stupefacenti e alcoliche contro la volontà della persona offesa.

La giurisprudenza di legittimità richiede infatti, ai fini del riconoscimento di detta aggravante che alcool e sostanze stupefacenti vengano fatte assumere alla vittima contro la sua volontà, ipotesi che nel caso di specie non si è verificata. L'imputato inoltre fa presente che il capo d'imputazione indica in termini dubitativi l'uso di sostanze stupefacenti e che la sentenza di primo grado non fa riferimento a tale questione.

L'imputato inoltre fa presente che la corte d'appello ha segnalato che:

  • lo spinello è stato offerto alla vittima da un'altra persona;
  • che non vi sono elementi da cui è possibile dedurre che lo spinello è stato offerto alla vittima previo accordo del terzo e dell'imputato;
  • che non vi sono elementi da cui desumere che la droga è stata offerta contro la volontà della persona offesa;
  • che l'assunzione della sostanza stupefacente è avvenuta diverse ore prima rispetto alla violenza.

Niente aggravante se alcool e droga sono assunti in autonomia dalla vittima

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La Cassazione, con sentenza n. 10596/2020 annulla la sentenza limitatamente all'aggravante prevista dall'art 609 ter, comma 1, n. 2 c.p che esclude, con rinvio ad altra sezione della corte d'appello per la rideterminazione della pena. Il ricorso infatti è fondato per le ragioni che si vanno ad esporre.

La Corte premette che l'assunzione in piena autonomia da parte della vittima, senza costrizione da parte del soggetto agente, alcool e sostanze stupefacenti non esclude in ogni caso l'integrazione del reato di violenza sessuale. La giurisprudenza infatti precisa che rientrano nelle condizioni di "inferiorità psichica o fisica" contemplate dall'art. 609 comma 1 n. 2 anche quelle che derivano dall'assunzione volontaria di alcolici e stupefacenti, perché la menomazione può essere strumentalizzata per soddisfare gli impulsi sessuali del soggetto agente.

Questa conclusione però non vale per quanto riguarda l'aggravante prevista dall'art 609 ter c.p comma 1, n. 2, poiché nel caso di specie l'assunzione delle sostanze alcoliche e stupefacenti non sono state indotte dall'autore del reato, ma assunte spontaneamente dalla vittima. Affinché si configuri l'aggravante è necessario infatti che l'uso delle sostanze sia strumentale alla violenza. Deve essere il soggetto agente della violenza a ricorrervi, somministrandolo alla vittima.

Dalle prove raccolte nel giudizio di primo grado invece è emerso che la vittima, prima di essere presentata all'autore del reato, aveva già fumato uno spinello offertogli da un terzo, che aveva quindi informato l'imputato di come la ragazza fosse già in condizioni di "sballo" e quindi poteva essere indotta a compiere anche atti omosessuali. Si può quindi affermare che l'autore della violenza abbia piuttosto approfittato anche dello stato di stordimento della vittima per costringerla al compimento di atti sessuali, non potendosi asserire tuttavia che l'abbia istigata ad assumere la droga per poi costringerla a compiere atti sessuali.

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