Data: 10/04/2020 17:00:00 - Autore: Giuseppe GERVASI

La Corte di Cassazione è tornata di recente ad occuparsi della vexata quaestio della difficile convivenza tra libero convincimento del giudice, obbligo di motivazione e prova tecnica (cfr. II sez. penale n. 8952/2020).

La decisione è interessante, vedremo, sotto molteplici aspetti; primo fra tutti perché l'intervento nomofilattico, con le peculiarità che vedremo, è avvenuto nella fase cautelare, notoriamente caratterizzata da una particolare estensione della regola di giudizio del più probabile che non; inoltre perché trattasi del secondo annullamento con rinvio rispetto a decisioni cautelari restie a valutare con il dovuto rigore l'apporto tecnico dei consulenti della difesa.

La Cassazione ha stimato che in tema di prova, in virtù del principio del libero convincimento, il giudice di merito può scegliere tra le diverse tesi prospettate dalle indagini tecniche delle parti, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta nonché del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti.

La Corte ha ribadito un principio di diritto consolidato: è consentito al giudice di merito di disattendere le argomentazioni tecniche espresse da soggetti dotati di particolari competenze svolte e ciò quando, ad esempio, le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie ovvero quando il giudice sostituisca ad esse altre pertinenti ed adeguate argomentazioni di tipo tecnico ma in tutti i casi vi è sempre un onere incontrato dal giudice di merito che è quello di un'adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto.

Il doppio annullamento di legittimità pone evidentemente vecchie problematiche ancora irrisolte.

Parità tra accusa e difesa

La decisione in commento offre un primo spunto di riflessione.

L'agognata meta della parità tra accusa e difesa pare ancora lontana dall'essere raggiunta, laddove le suggestioni investigative (il soggetto del video è, "ictu oculi", l'indagato-cautelato, pag. 4 della decisione) assurgono a rango di prova certa, o anche solo di indizio grave, pure in presenza di una relazione tecnico-scientifica della difesa che, sulla base di dati oggettivi incontrovertibili, pare dimostrare il contrario rispetto all'ipotesi accusatoria.

Il doppio intervento di censura della Corte di legittimità è netto, evidentemente perché è stato intravisto, ancora una volta, il pericolo di un eccessivo dilatamento dei confini del libero convincimento del giudice che, in specie, pur di valorizzare oltremodo un elemento indiziario fondato sulla convinzione personale, ha relegato pericolosamente il contributo oggettivo offerto dalla difesa con l'ausilio delle moderne tecniche investigative.

E ciò ha fatto, il giudice del riesame, venendo meno – addirittura due volte - al dovere di motivare congruamente rispetto anche ai contributi offerti dalla difesa che, allo stato, rappresentano l'unico baluardo al sempre attuale pericolo di sconfinamento del libero convincimento del giudice all'interno di un sistema che tollera i limiti e i pericoli della prova indiziaria.

In siffatto contesto, non appare ultroneo domandarsi quale sarebbe stata la decisione di quel riesame a contributi investigativi invertiti.

Convivenza tra libero convincimento e prova tecnica

Resta attuale, dunque, la difficile convivenza tra libero convincimento del giudice, prova tecnica e motivazione congrua, ancor di più laddove il contributo scientifico è fornito dalla difesa, seppure in ossequio alle linee guida o best practice approvate dalla comunità scientifica di riferimento.

Ciò almeno fino a quando non ci sarà da parte dei giudici, o almeno di quelli ancora restii, la piena consapevolezza della insostituibile parità tra accusa e difesa e della necessità di considerare l'apporto tecnico, sia esso dell'accusa che della difesa purché validato scientificamente, non come un intralcio al ruolo del giudice di "peritus peritorum", bensì come lo strumento capace di colmare le naturali lacune tecniche dell'operatore del diritto.

L'importanza dell'obbligo motivazionale

Indubbia quindi, in questo contesto, l'importanza dell'obbligo motivazionale che, condivisibilmente, grava sul giudice in ogni fase, stato o grado del procedimento penale.

Quella motivazione che, per dirla con le autorevoli parole di A. Nappi, deve essere certamente tale da rendere la decisione comprensibile anche all'estraneo, ma anche in grado di fugare ogni dubbio in ordine a ciascun dato probatorio o indiziario disponibile.

Del resto, in un sistema nel quale la motivazione ha la funzione ampia e generalizzata di controllo e nel quale vige il principio del contraddittorio, diviene imprescindibile per il giudice dare conto in maniera chiara e comprensibile di avere effettivamente considerato tutte le ragioni delle parti, quale corollario dei principi costituzionali e sovranazionali del diritto delle parti ad essere ascoltate.


Avv. Giuseppe GERVASI
(Cassazionista del foro di Locri)
email: avvgiuseppegervasi@gmail.com
www.studiolegalegervasidimasi.com


Tutte le notizie