Data: 16/04/2020 16:30:00 - Autore: Claudio Roseto

Avv. Claudio Roseto - La Cassazione penale, sezione VI, con la sentenza n. 9006/2020, ha affrontato la questione relativa all'efficacia del provvedimento che dispone il D.A.SPO. nel caso di assoluzione dal fatto-reato che ne ha determinato la relativa adozione. In particolare, la Suprema Corte ha confermato il proprio pacifico orientamento che esclude qualsiasi automatismo tra sentenza penale di assoluzione e caducazione dell'efficacia del provvedimento di D.A.SPO. Il prefato principio, tuttavia, è una conseguenza meramente formale della separazione tra i poteri amministrativi e quelli giurisdizionali, atteso che l'assoluzione dal reato che ha determinato l'adozione del provvedimento di D.A.SPO. non può essere totalmente priva di conseguenze sul piano amministrativo. La pronuncia assolutoria, infatti, potrebbe rappresentare, quanto meno, il presupposto logico per chiedere la revoca/modifica del provvedimento di D.A.SPO. ai sensi e per gli effetti dell'art. 6, comma 5, della Legge n. 401/1989 e ss.mm.ii.

Natura giuridica e disciplina normativa del Daspo

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Come noto, l'acronimo D.A.SPO. indica il "Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive". Esso consiste in una misura preventiva, normativamente prescritta, finalizzata a prevenire aggressioni violente nei luoghi degli avvenimenti sportivi. La disciplina normativa del D.A.S.P.O. è contenuta nell'art. 6 della Legge n. 401/1989 e ss.mm.ii., a mente del quale il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli (anch'essi specificamente indicati), interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni, per uno dei reati ivi nominativamente elencati, ovvero per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale, nonché per i delitti di cui all'articolo 380, comma 2, lettere f) ed h) del codice di procedura penale, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. Peraltro, alle persone alle quali è notificato il divieto previsto dal comma 1, il questore può prescrivere, tenendo conto dell'attività lavorativa del destinatario del provvedimento, di comparire personalmente, una o più volte, negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell'obbligato o in quello specificamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il DASPO.

Sul piano della natura giuridica l'ordinanza di DASPO ha natura amministrativa e, pertanto, deve rispettare tutti i requisiti prescritti dalla Legge n. 241/1990 e ss.mm.ii. in ordine alla forma scritta, alla motivazione e agli altri elementi sostanziali e procedurali.

Quanto alla competenza, il provvedimento di DASPO è adottato dal questore competente per territorio, vale a dire da parte del questore del luogo di residenza del soggetto nei cui confronti sussistono i presupposti per la sua adozione.

Dal punto di vista della tutela giurisdizionale, occorre evidenziare che il provvedimento di DASPO, che non può avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni, può essere avversato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio per censurarne l'illegittimità e chiederne, quindi, il relativo annullamento.

Giova evidenziare, inoltre, che il provvedimento di D.A.S.P.O., secondo quanto prescritto dall'art. 6, comma 5, della L. n. 401 del 1989, è modificato o revocato dalla stessa Autorità Amministrativa che l'ha adottato qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione.

Presupposti per l'adozione del Daspo nella giurisprudenza amministrativa

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È pacifico nella giurisprudenza amministrativa che il D.A.SPO. costituisce una misura di prevenzione atipica applicabile a categorie di persone che versino in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica, non in generale, ma con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, desunte dalle circostanze di tempo e di luogo inerenti i fatti e gli eventi posti a base della misura, dalla condotta tenuta dall'interessato nella circostanza, e da altri elementi oggettivi (cfr. ex multis: T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I-ter, 27.02.2020 n. 2604/2020). Il provvedimento di DASPO, quindi, può essere adottato nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulti aver tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva a episodi tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse, e non solo nel caso di accertata lesione, in ottica di repressione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, in evidente ottica di prevenzione, come appunto nel caso di condotte che comportino o agevolino situazioni di "allarme" o di "pericolo" (cfr. ex pluribus: T.A.R. Lombardia, sez. staccata di Brescia, 18 settembre 2017, n. 1128). Ed invero, l'art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989 e ss.m.ii. attribuisce al Questore un potere interdittivo, esercitabile nei riguardi di coloro che, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tengano una condotta violenta, o comunque tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica. Detto potere è connotato da un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell'ordine pubblico, non soltanto in caso di accertata lesione, ma - come detto - anche in via preventiva ed in caso di pericolo anche soltanto potenziale di lesione. Il fine è, infatti, la tutela dell'ordine pubblico, non solo nel caso di accertata lesione, ma pure di pericolo di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti, tenuto conto della diffusività del fenomeno relativo alle violenze negli stadi di calcio e della necessità di approntare, anche sul piano normativo, rimedi efficaci, con il corollario che la misura del divieto di accesso ad impianti sportivi può essere disposta pure in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, magari ascrivibile a semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo (cfr. ex multis: TAR Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2011, n. 9547).

Tuttavia, proprio perché la misura del divieto di accesso agli impianti sportivi ha funzione di prevenzione e di precauzione per fini di polizia (la cui valutazione, quanto all'inaffidabilità del soggetto, spetta all'Autorità amministrativa, la quale è chiamata a un apprezzamento discrezionale nel bilanciamento, tra il prevalente interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi), è necessario che tale giudizio si basi su valutazioni non inattendibili e congruamente motivate, avuto riguardo ad oggettive segnalazioni e circostanze di fatto specifiche.

La motivazione, pertanto, dovrà dar conto della ragionevolezza della durata della misura disposta (che può essere compresa tra un minimo di anni uno ed un massimo di anni cinque). La natura amministrativa del provvedimento di DASPO, inoltre, produce i suoi riverberi non solo sulla forma ma anche sul contenuto, dal momento che lo stesso deve indicare specificamente le singole manifestazioni alle quali il soggetto destinatario non potrà accedere, nonché i luoghi interessati dalla sosta, dal transito o dal trasporto di persone che partecipino o assistano alle competizioni sportive ed il cui avvicinamento è precluso al destinatario.

Com'è facile intuire, i fatti che hanno determinato l'adozione del provvedimento di D.A.SPO. potrebbero avere rilevanza penale e, come tali, potrebbero determinare l'esercizio dell'azione panale nei confronti del soggetto destinatario del provvedimento. A questo punto, occorre chiedersi quali siano le conseguenze del provvedimento di D.A.SPO. nel caso in cui il destinatario del relativo provvedimento venga assolto nel processo penale avviato per i medesimi fatti che hanno determinato l'adozione della predetta misura preventiva da parte del questore.

Rapporto tra Daspo e vicende processo penale

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Il provvedimento di D.A.SPO., avente natura amministrativa, è emesso, evidentemente, da un'Autorità differente da quella giudiziaria. Detto provvedimento, pertanto, non è subordinato, quanto alla propria efficacia, ad un accertamento, anche non definitivo, della responsabilità penale del suo destinatario per i fatti denunciati. Esso, piuttosto, si basa su un giudizio di pericolosità condotto dall'Autorità amministrativa, il quale può essere rivalutato su istanza dell'interessato.

Il procedimento amministrativo e l'eventuale processo penale, quindi, sono formalmente autonomi, sebbene gli stessi siano strettamente connessi, avendo ad oggetto i medesimi fatti.

Peraltro, come prescrive il già citato art. 6, comma 5, della Legge n. 401 del 1989 e ss.mm.ii., in caso di venir meno o mutamento delle condizioni che hanno giustificato l'emissione del provvedimento di DASPO, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, questo dovrà essere revocato o modificato.

In virtù di tale assunto, la Suprema Corte, con la sentenza indicata in epigrafe, seguendo il proprio pacifico orientamento, ha statuito che l'assoluzione dai fatti per i quali è stato emesso il Daspo non determina la caducazione automatica del provvedimento amministrativo che resta efficace fino alla sua eventuale revoca.

E, in tale prospettiva, la Cassazione ha ribadito il principio di diritto secondo cui il proscioglimento dai fatti-reato che hanno determinato l'applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive (DASPO) non determina l'automatica decadenza del provvedimento, in quanto lo stesso non è basato sull'accertamento giudiziale dei fatti presupposti e può essere revocato o modificato, ai sensi della L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6, comma 5, col venir meno o col mutamento delle condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. Con l'ulteriore specificazione che è del tutto irrilevante che il proscioglimento sia stato disposto con la formula assolutoria "perché il fatto non sussiste" o "perché l'imputato non lo ha commesso", essendo il provvedimento valido ed efficace fino a quando non ne sia stata disposta la revoca o l'annullamento, come espressamente previsto dalla L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 5, che ne prevede l'efficacia sino a quando non sia stato revocato o modificato, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, per essere venute meno o per essere mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione.

Rimedi giustiziali e giurisdizionali conseguenti alla sentenza di assoluzione

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È facile scorgere, dal tenore della succitata sentenza della Suprema Corte, i rimedi esperibili nel caso in cui il destinatario del provvedimento di D.A.SPO. venga assolto nel processo penale volto ad accertare i medesimi fatti che ne hanno determinato l'adozione. L'assenza di automatismo tra sentenza di assoluzione e caducazione del provvedimento di D.A.SPO., infatti, non preclude affatto, anzi suggerisce, anche in forza dell'art. 6, comma 5 cit., di chiedere all'autorità amministrativa che ha adottato il provvedimento di D.A.SPO. la revoca o la modifica dello stesso provvedimento, proprio sulla scorta della sentenza penale favorevole. Così, nel caso di diniego alla predetta istanza, sarà possibile impugnare il relativo provvedimento di rigetto dinanzi al T.A.R. territorialmente competente, laddove ne ricorrano i presupposti.

Avv. Claudio Roseto

Specializzato in diritto amministrativo

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