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Data: 10/04/2020 10:00:00 - Autore: Lucia Izzo di Lucia Izzo - Deve ritenersi possibile l'adozione di persona maggiorenne anche se non è rispettata la differenza minima di età tra adottante e adottato di 18 anni prevista dall'art. 291 del codice civile. Di tale istituto, infatti, si rende opportuno effettuare una rivisitazione storico-sistematica anche alla luce della giurisprudenza unionale, così da consentire una ragionevole riduzione del divario di età per tutelare quelle situazioni familiari consolidatesi da lungo tempo e fondate su una comprovata affectio familiaris.
La vicenda: insussistenza differenza minima di età tra adottante e adottato[Torna su] Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 7667/2020 (sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo che aveva manifestato l'intenzione di adottare la figlia maggiorenne della sua convivente e rimasta orfana di padre a 6 anni. L'adottante evidenziava di averla cresciuta come fosse sua figlia da quando aveva 12 anni. Tuttavia, tale domanda veniva rigettata dal Tribunale per insussistenza della differenza minima di età di 18 anni tra adottante e adottato prevista dall'art. 291 del codice civile. Decisione confermata anche in sede di reclamo dalla Corte d'Appello secondo cui nessuna ragione speciale avrebbe giustificato la deroga al requisito legale dell'intervallo minimo di età. Adozione maggiorenni: evoluzione storico - sistematica[Torna su] Gli Ermellini disattendono, in prima battuta, l'eccezione di legittimità costituzionale sollevata dai ricorrenti circa l'asserita disparità di trattamento con l'adozione di minori. Nel richiamare diverse pronunce della Corte Costituzionale in materia, si rammenta come vi sia una disciplina differente che caratterizza l'adozione di minori rispetto a quella di maggiorenni quanto a struttura, funzione e ampiezza dei poteri attribuiti al giudice. Ciononostante, la Cassazione ritiene che l'art. 291 c.c., nel richiedere la differenza di 18 anni tra adottante ed adottato, introduca un'evidente ingiusta limitazione e compressione dell'istituto dell'adozione di maggiorenni, nell'accezione e configurazione sociologica assunta dall'istituto negli ultimi decenni. Si è persa, infatti, l'originaria connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio. Oggi, invece, l'adozione di maggiorenni ha assunto la funzione di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva e identitaria, nonché di una storia personale, di adottante e adottando, con la finalità di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili. In sostanza, l'istituto ha perso la sua originaria natura di strumento volto a tutelare l'adottante per assumere una valenza solidaristica che, seppure distinta da quella inerente all'adozione di minori, non è immeritevole di tutela. Interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 291 c.c.[Torna su] In tale mutato contesto sociale, il limite di 18 anni appare, secondo la Cassazione "un ostacolo rilevante ed ingiustificato all'adozione dei maggiorenni, un'indebita ed anacronistica ingerenza dello Stato nell'assetto familiare in contrasto con l'art. 8 CEDU, interpretato nella sua accezione più ampia riguardo ai principi del rispetto della vita familiare e privata". La Corte ritiene dunque si sia formato un diritto vivente che legittima un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 291 c.c. che tenga conto anche della giurisprudenza unionale secondo cui l'accezione "vita privata e familiare", di cui all'art. 8 CEDU, è intesa in senso ampio, comprensiva di ogni espressione della personalità e dignità della persona. Nel caso in esame, l'adottante presenta una differenza d'età con l'adottanda di 17 anni e 4 mesi. Tuttavia, la figlia della convivente (ora 36enne) vive con lui dall'età di sei anni ed essi formano un nucleo familiare ormai consolidato e compatto da circa trent'anni. Adozione maggiorenni possibile anche con divario di età inferiore a 18 anni[Torna su] Nel caso di specie, si chiede di concretizzare la lunga convivenza "di fatto" tra adottante a adottanda (quale figlia della convivente dell'adottante) attraverso un riconoscimento formale che suggelli la consolidata comunione di affetti e di vita vissuta. Precludere l'adozione in esame, "ritenendo insuperabile l'ormai vetusta e anacronistica volontà legislativa della differenza minima di età di ben 18 anni, costituirebbe espressione di un'interpretazione puramente letterale della norma" che non tiene conto, a parere del collegio, di argomentazioni di carattere sistematico ed evolutivo. Pertanto, viene formulato dalla Corte il principio di diritto secondo cui "in materia di adozione di maggiorenne, il giudice, nell'applicare la norma che contempla il divario minimo d'età di 18 anni tra l'adattante e l'adottato, deve procedere ad un'interpretazione costituzionalmente compatibile dell'articolo 291 del c.c., al fine di evitare il contrasto con l'articolo 30 della Costituzione, alla luce della sua lettura da parte della giurisprudenza costituzionale e In relazione all'articolo 8 della Convenzione Europea per la Protezione del Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, adottando quindi una rivisitazione storico - sistematica dell'istituto, che, avuto riguardo alle circostanze del singolo caso in esame, consenta una ragionevole riduzione di tale divario di età, al fine di tutelare le situazioni familiari consolidatesi da lungo tempo e fondate su una comprovata affectio familiaris".
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