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Data: 11/04/2020 14:00:00 - Autore: Michele Zuppardi Avv. Michele Zuppardi - Sostituire in un condominio la caldaia centralizzata, escludendone la proprietà in capo ad alcune unità immobiliari distaccatesi perché rese autonome, equivale a determinare un mutamento del titolo di comproprietà che necessita della deliberazione unanime di tutti i comproprietari. In sintesi, sono queste le conclusioni a cui è giunta la Corte di Cassazione, la quale - con ordinanza n. 6090/2020 - ha rigettato il gravame proposto da un Condominio che aveva deliberato la richiamata fattispecie con la sola unanimità dei presenti, nelle more della sostituzione di una caldaia più moderna e performante resa indisponibile al servizio di tre unità immobiliari distaccate dall'impianto. Impugnazione delibera trasformazione impianto di riscaldamentoCon atto di citazione del luglio 2002, un condòmino aveva impugnato dinanzi al Tribunale di Padova la delibera che approvava con l'unanimità dei presenti – ma con esclusione dello stesso attore, assente all'assemblea – la trasformazione dell'impianto di riscaldamento ed il contestuale distacco di tre appartamenti ubicati al terzo e ultimo piano di un fabbricato. Il reclamante aveva dedotto l'asserita nullità della delibera perchè non adottata dall'unanimità dei condòmini con riferimento al criterio individuato per la ripartizione delle spese e per l'insufficiente contribuzione determinata a carico dei condomini distaccatisi, risultando vittorioso sia in primo che in secondo grado. Il gravame sul meritoIn particolare, la Corte di appello di Venezia – nel confermare la decisione del primo Giudice – aveva osservato che "l'oggetto della impugnata delibera consisteva nella sostituzione della vecchia caldaia con una nuova e nel distacco dei condomini del terzo piano, precisando che l'impianto centralizzato non aveva subito trasformazioni (essendo stato per l'appunto solo sostituito) e che l'approvato distacco era risultato finalizzato al migliore funzionamento dell'impianto centralizzato a servizio dei piani primo e secondo". La stessa Corte di appello aveva inoltre ritenuto che pur servendo la nuova caldaia solo gli appartamenti del primo e secondo piano, non poteva considerarsi venuta meno ogni ragione di tale comproprietà dei condomini proprietari del piano escluso. Il ragionamento della Corte di CassazioneLa Cassazione ha confermato tale impianto dei giudici di merito, perchè "con la delibera oggetto di causa si provvide – con la sola unanimità dei presenti – a determinare un mutamento del titolo di comproprietà sulla caldaia, ancorchè sostituita e malgrado i condomini del terzo piano fossero stati autorizzati a distaccarsi dall'impianto centralizzato. Trattavasi perciò di una deliberazione incidente sulla titolarità delle parti comuni (ricollegabile "ex se" alla costituzione del condominio, secondo la previsione generale dell'art. 1117 c.c.) e non meramente dispositiva di innovazioni riconducibili all'art. 1120, comma 1, c.c.". In altri termini, con la richiamata Ordinanza della Suprema Corte si è precisato che "implicando l'impugnata delibera – nei sensi in cui era stata approvata – la produzione di un effetto traslativo (per effetto dell'alienazione dei diritti di alcuni condomini comproprietari di un bene comune a favore dei restanti) incidente sulla pregressa comproprietà originaria ex lege della caldaia centralizzata in capo alla generalità dei condomini, per la prevista esclusione da tale vincolo reale di alcuni dei condòmini sarebbe stato necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio e quindi di tutti i condomini". La comproprietà dell'impianto centralizzatoInsomma, pur servendo la nuova caldaia solo gli appartamenti del primo e secondo piano, "non poteva ritenersi venuta meno ogni ragione di comproprietà di tale bene anche in capo ai condomini del terzo piano, donde la legittimità della dichiarazione di nullità dell'impugnata delibera assembleare – come statuita dal giudice di prime cure – per effetto della mancata approvazione con il voto unanime di tutti i condòmini". Per quanto riguarda la parte della delibera riferita alla ripartizione delle spese di utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento "è poi evidente – dice la Cassazione - come si dovesse applicare il previgente art. 1118 comma 2 c.c., il quale sanciva che il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette (ovvero comuni) sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione". Ciò – in conclusione - perchè l'impianto centralizzato di riscaldamento costituisce "un accessorio di proprietà comune e che rimane di norma tale, al quale i condòmini distaccanti potrebbero comunque eventualmente riallacciare la propria unità immobiliare", in perfetta aderenza al principio già precedentemente espresso dalla stessa Corte (Cass.n. 7708/2007), la quale ebbe a ritenere legittima la delibera condominiale che poneva a carico anche dei comproprietari distaccati dall'impianto medesimo le spese di sostituzione della caldaia.
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